Alisson al Liverpool, quello strano intreccio tra la Roma e i Reds

Alisson, come Salah lo scorso anno, passa dalla Roma al Liverpool. Strani intrecci di mercato di una società che ha nei Reds il proprio peggiore incubo e allo stesso tempo il proprio migliore finanziatore

Allora. C’è un portiere brasiliano talmente bello esteticamente (dove esteticamente si intende davanti allo specchio e non mentre fa il suo lavoro tra i pali) che questa sua avvenenza spudorata potrebbe essere un problema per la sua carriera sportiva (copyright Walter Sabatini, che lo portò a Roma due anni fa, in una recente intervista sul Corriere dello Sport). Letteralmente, in uno speciale mix tra portoghese e italiano, ‘Gostoso con i guanti neri’ (copyright Ezequiela Simonetti Rosa durante i quarti di finale contro il Barcellona, che salutiamo calorosamente ovunque adesso ella sia tra Porto Alegre e Sao Paulo). Gli fanno fare la riserva di Szczesny e si presenta con una minchiata colossale (copyright Stefano Petrucci, vate delle radio calcistiche romane) indossando la maglia del Brasile nell’ultima Coppa America, per i verdeoro finita non diversamente dalla recente coppa del mondo.

Due anni dopo, da che fu portato a circa 7,5 milioni nella capitale, Alisson diventa prima il migliore portiere del mondo dell’ultima stagione e dopo il portiere più pagato nella storia del calcio italiano. E chiaramente fa suggestione che nell’estate in cui da noi è arrivato uno dei più forti giocatori di tutti i tempi, contemporaneamente se ne vadano i due più forti numeri uno contemporanei. Il più vecchio e il più giovane. Buffon se ne va a cercare Champions League al Psg e Alisson se ne va a raccogliere gloria (e un sacco di sterline) al Liverpool. Quel Liverpool che aveva disperato bisogno di un nuovo titolare dopo avere immolato Karius, che lui pure in quanto a bionditudine stordente non scherzava, sull’altare dell’ultima finale di Champions League che ironicamente non è stata firmata da CR7 ma da Bale. Ora è evidente che gli intrecci del mercato si mescolano con quelli della storia, quando si parla di Roma e Liverpool.

La faccenda comincia ovviamente nel maggio 1984, finale di Coppa dei Campioni all’Olimpico, una ‘partita che non si è mai giocata’ (copyright Enrico Lazzaretti, detto Chicco, in una memorabile puntata de I ragazzi della terza C). Con Grobbelaar in porta e i suoi balletti irritanti, con la coppa che sfuma a un passo dal sogno, con una sequenza di rigori sbagliata che vide la Roma farsi esploratrice di una tendenza poi abbondantemente sfruttata dall’Italia ai mondiali nel 1990, 1994 e 1998. Trentaquattro anni dopo, Alisson diventa uno di loro, uno dei Reds e andrà lui pure a caccia della Champions League che proprio il Liverpool gli ha sottratto a maggio, bucandolo sette volte in due partite in una semifinale che ha di nuovo messo di fronte i giallorossi al loro peggiore incubo.

Peraltro le casse della Roma nelle ultime due stagioni si sono appesantite con i milioni versati da quelli che giocano nella città dei Beatles. La cessione di Salah fruttò una cinquantina di milioni di euro, quella di Alisson ne vale circa 75, in totale fa 125 in un anno solare e guarda tu se non è almeno ironico se il tuo peggiore incubo si trasforma nel tuo migliore finanziatore. Distorsioni del calcio moderno ma anche di una serie A indecifrabile, che lassù si permette di portare nel nostro campionato il più forte di tutti e quaggiù restituisce Ancelotti alle sue origini. Al centro si è alle prese con i soliti discorsi e i soliti già visto: Pallotta che giura che il portiere è incedibile, Monchi che ci scherza sopra dicendo che se Alisson parte in porta ci torna lui, tutti a fare dell’ironia su un evento battezzato come impossibile che alla fine si verifica puntualmente. In mezzo ci sono società che falliscono nell’oblio, altre squadre che rischiano la retrocessione, non si sa ancora precisamente chi giocherà nei due maggiori campionati da agosto e tutto scorre nella calura estiva. Anche in questo la Roma esplora ed anticipa le tendenze. Avevano detto che grazie alla cavalcata in Champions il bilancio era sano e in forma, che non sarebbero servite cessioni pesanti, sono arrivati dieci potenziali campioni e sono partiti i due giocatori più forti. Uno dei quali, Nainggolan, a rinforzare una diretta concorrente allenata da un ex allenatore. Paradossale, ma inevitabile a questo punto. Perché se vendi per scelta, quando non è più necessità, diventa strategia. E questa strategia finora ha prodotto buoni risultati ma zero trofei. In attesa di Areola, o chi per lui, per ricominciare tutto da capo.