Buffon al Psg, il calcio del passato incontra quello del futuro

Buffon al Psg, accordo ufficiale e presentazione, la ricerca ossessiva della Champions League mancata in bianconero e il calcio del passato che incontra quello del futuro

E’ buffa e suggestiva, questa estate 2018. Ci siamo appena abituati alla Nba che non sarà più come prima, con LeBron James ai Lakers. Ci siamo anche abituati a un Cristiano Ronaldo che non sarà più del Real Madrid e sarà della Juve. Invece a Buffon che non sarà più bianconero ci siamo abituati da un pezzo e c’entra proprio il Bernabeu e il Real, con quel rigore a tempo scaduto che generò un profluvio di bidoni dell’immondizia, patatine e fruttini ma soprattutto la consapevolezza che la coppa maledetta il portiere non l’avrebbe vinta insieme all’amore della sua vita.

La bandiera a metà

Ecco qui fate conto di avere Buffon che in qualche modo era l’ultima bandiera del calcio moderno, una costola dell’unico vero Totti che anche se aveva indossato un’altra maglia oltre a quella della Juve, il Parma che torna in serie A mentre lui se ne va, rappresentava comunque l’ultimo frangiflutti posto a difesa del calcio che conoscemmo. Ma anche del basket e degli altri sport. Insomma Maradona nell’iconografia e nei ricordi è Napoli. Michael Jordan è Chicago Bulls. Falcao è Roma. Poi, già LeBron James non è più solo Cleveland, con in mezzo Miami e Los Angeles. Comunque Cristiano Ronaldo, prima del rosso Manchester United e del bianco Real Madrid, ha avuto addosso le righe orizzontali dello Sporting Lisbona e ora quelle verticali della Juve. C’è dell’evoluzione evidente, qui. Buffon ci sta ora in mezzo come un elettore indeciso, come uno che aveva davvero intenzione di fermarsi ma poi all’improvviso scopre che un’ultima corsa se la vuole fare. A tanti grandi è successo, anche dopo il ritiro. Michael Jordan, ancora. Ma anche Magic Johnson. E un altro Michael, Schumacher. Torni se non te ne sei mai andato con la testa. E quasi sempre lo fai per te stesso.

Per la Champions League

Buffon lo fa per la Champions League, questo è chiaro. E naturalmente è iconografico che vada a farlo al Psg, che quella coppa non l’ha mai vinta e sta sperperando da anni milioni di euro per provare ad agguantarla. La Parigi calcistica somiglia un po’ a Torino e in fondo non sono molto distanti. Entrambe vincono per inerzia e per noia campionati domestici e non riescono a vincere nel continente. Il Psg nemmeno l’ha mai giocata, una finale. La Juve ne ha perse troppe. E infatti si porta a casa l’amuleto supremo, CR7, l’uomo che le ha vinte tutte, di cui tre di seguito. E se vi sembra un disegno perverso del destino, che Buffon e la Juve possano incontrarsi in finale il prossimo maggio, cambiate subito idea. E’ già scritto, con una leggera piega della trama che potrebbe prevedere un incrocio prematuro ai quarti, o in semifinale. Ma si incontreranno e a quel punto altro che duello. E’ karma che sfida karma e qualcuno ne esce annientato. Ora magari Buffon non lo dirà mai, ma di sicuro ci avrà pensato: Agnelli non poteva aspettare che io smettessi prima di prendere il giocatore più forte del mondo? O non potevo fare un altro anno alla Juve e giocare con lui?

Passato e presente

Ma insomma la faccenda rimane. In qualche modo Buffon tradisce la bandiera che è lui stesso e strizza l’occhio al calcio del futuro. Cioè a quello del presente. Ovvero a quello di Cristiano Ronaldo, che lui pure è azienda di sé stesso e adesso prova a scrivere l’ultimo capitolo della leggenda mentre strizza l’occhio al consiglio di amministrazione. Perché il calcio di un tempo, quello degli anni Ottanta, non c’è più e non torna, nemmeno se arriva CR7, cioè il più forte di tutti. Ma un po’ torna sul serio, perché all’epoca i più forti giocavano tutti da noi. Fa più effetto vedere Buffon con una maglia che non è quella della Juve, o vedere Cristiano Ronaldo con una maglia che è quella della Juve? La domanda è senza risposta, perché teniamo sempre in dolce considerazione il passato ma tendiamo a dimenticare che quel passato, quando si chiamava presente, ci veniva rinfacciato da chi era più vecchio di noi. Se tu nel 1993 giocavi a Sensible Soccer potevi ancora sentire gli adulti scandalizzarsi per i 23 miliardi pagati dal Milan per Lentini, immorali. Potevi pure sentire qualcuno dirti che bello Sensible Soccer e la possibilità di scegliere tutte le squadre del mondo, ma vuoi mettere con le emozioni del Subbuteo? E oggi ci manca tutto, indistintamente: il Milan che batteva in finale il Barcellona 4-0, Sensible Soccer e il Subbuteo. Da qualche parte invece le nuove leve guardano Buffon al Psg, LeBron James ai Lakers, Cristiano Ronaldo alla Juve, e trovano tutto perfettamente fisiologico. Coerente con i loro tempi liquidi. Resta solo una questione in sospeso. Che non giocando nella stessa squadra, uno di loro la prossima primavera non solleverà la coppa e penserà di avere fatto una cazzata ad andarsene. Magari lo penseranno entrambi contemporaneamente, e noi penseremo che passato o presente non fa differenza. Perché tanto la Champions League la vince comunque il Real Madrid.