Cavs spazzati via, i Warriors sono ancora campioni, Durant Mvp a sorpresa

I Warriors spazzano via i Cavs 4-0 e l'ultimo episodio delle Finals è a senso unico, a sorpresa l'Mvp è Kevin Durant, ultima partita di LeBron James a Cleveland?

I risultati della notte Nba.

Cleveland-Golden State 85-108 (0-4)

Finisce come si sospettava alla vigilia delle quarte Finals consecutive tra Warriors e Cavs. Vincono gli uomini della baia, secondo titolo consecutivo, terzo in quattro stagioni. Perde Cleveland, che non veniva spazzata via nell’ultimo atto dal 2007 quando il giovane LeBron James perse le sue prime Finals contro gli Spurs. Quello di oggi, che di finali ne ha giocate nove e ne ha perse sei, a fine gara si presenta davanti ai giornalisti confidando di avere giocato da gara 2 in avanti ‘sostanzialmente con una mano rotta, dopo gara 1 ho preso a pugni una lavagnetta per la frustrazione di avere perso una partita che doveva essere nostra e ci è stata portata via’. A conti fatti l’errore di JR Smith ha condizionato la serie, che non sarebbe finita diversamente ma sarebbe stata più equilibrata. Ricorda come dinamica i liberi sbagliati da Nick Anderson in gara 1 delle Finals del 1995, errori che spianarono la strada al 4-0 dei Rockets sui Magic. Ma con le ipotesi non si fa la storia. La fanno i Warriors che emergono nella stagione più difficile a portare avanti il disegno pensato al momento della firma di Kevin Durant. Fare germogliare una dinastia che già adesso, senza l’incredibile rimonta del 2016 quando persero il titolo avanti 3-1, vedrebbe in fila quattro titoli consecutivi. Durant è arrivato nella baia per vincere ma nemmeno lui si aspettava di diventare Mvp delle Finals per il secondo anno consecutivo. Un premio che sarebbe stato meglio addosso a Curry, come vedremo, ma che a sorpresa e con un certo imbarazzo gli finisce nelle mani. L’ultimo atto è terra di eroi e di gesti supremi e i suoi 43 punti in gara 3, conditi da quella tripla infinita per chiudere partita e serie, hanno pesato di più della costanza di rendimento di Curry, al terzo titolo e ancora mai incoronato migliore giocatore delle Finals. Conoscendolo, non è una mancanza che gli toglierà il sorriso.

Spaccati di una serie e di una stagione nella quale i Warriors il titolo l’hanno vinto rimontando dal 3-2 contro i Rockets in una serie resa difficilissima dall’assenza di Iguodala e dentro una stagione piena di infortuni e dubbi. I Cavs di questa stagione, probabilmente i meno competitivi e completi dall’inizio della rivalità con Golden State, non potevano essere un ostacolo proibitivo. In molti si aspettavano che gli uomini della baia alzassero il piede dall’acceleratore, per vincere il titolo davanti ai propri tifosi e forse per tributare il giusto epilogo a LeBron James che chiude con una sconfitta la sua probabile ultima partita con la maglia dei Cavs. Invece, per inerzia più che per convinzione, i Warriors si mettono subito avanti 34-25 nel primo periodo spinti da Curry e Durant e Cleveland, ormai consumata nella mente e nel fisico da playoff nei quali filosoficamente sarebbero dovuti tornare a casa molto prima, hanno solo la forza di reagire e andare avanti 43-42 a metà del terzo periodo spinti dal re. Dura un attimo, nel terzo periodo Thompson decide di partecipare alla festa con 10 punti e il parziale di 25-13 manda i titoli di coda con un quarto di anticipo. LBJ chiude in calando (23 punti, 7 rimbalzi e 8 assist) ma la sua postseason sarà ricordata come una delle più incredibili di sempre, forse la più grande. Al solito i Cavs, anche in casa, non trovano sudditi che supportino il sovrano, Love (13 punti e 9 rimbalzi), Smith (10 punti e 2 rimbalzi) e Hood (10 punti e 8 rimbalzi) insieme tirano 11/35 e il 34% di squadra dal campo è una sentenza. Korver chiude una serie pessima con 0/5 dall’arco e senza profondità i padroni di casa si consegnano a Curry, silenzioso in gara 3 ed esplosivo nell’ultimo episodio. Ci sono 37 punti, 7/15 dall’arco, 6 rimbalzi, 4 assist, 3 recuperi e 3 stoppate. Sembrano numeri da Mvp mentre Durant (20 punti, 12 rimbalzi, 10 assist e 3 stoppate) lascia spazio al compagno senza tralasciare di spingersi in tripla doppia. Bastano sostanzialmente loro due, con Green (9 punti, 9 assist e 3 stoppate), Iguodala (11 punti, 2 recuperi e 2 stoppate) e McGee (6 punti e 3 rimbalzi) a fare i manovali del secondo titolo consecutivo. Le 13 stoppate dei Warriors sono una statistica senza senso per una gara delle Finals, a conferma che i Cavs viaggiano senza velocità e che Steve Kerr trova sempre risorse nel leggere la serie senza mai rubare spazio ai protagonisti in campo.

Record assortiti con Curry che ha segnato almeno una tripla in novanta gare di playoff consecutive e i Warriors hanno vinto almeno una gara in trasferta nelle ultime diciannove serie, primato condiviso con gli Heat. La dinastia potrebbe durare ancora a lungo con Durant e Thompson che hanno intenzione di rinnovare i loro contratti, anche se per avere un quintetto del genere Golden State deve rinunciare alla profondità della rotazione e l’usura di queste stagioni prima o poi potrebbe presentare un conto che non sempre può essere saldato come in questi playoff. Ma è dall’altra parte che si gioca il futuro della Nba. Con LeBron James padrone del proprio futuro, gli equilibri verranno spostati a seconda delle sue decisioni. Potrebbe rimanere nella Eastern Conference a rendere stellari i giovani Sixers, o spostarsi ai Lakers per creare un carrozzone mediatico come non si vede dai tempi dello Showtime. L’ipotesi meno credibile è che resti ai Cavs, rapporti con la dirigenza ridotti ai minimi termini. La sensazione è che comunque vada da ottobre vedremo una Nba diversa da quella che abbiamo lasciato stanotte.