Mario Castelli, voce di EuroSport: “Se non mi emozionassi, smetterei subito”

Milanese: 29 anni, ha commentato tanti sport ma ama il basket, che ha anche giocato.

Mario Castelli milanese, 29 anni e già centinaia di telecronache realizzate tra Sportitalia ed EuroSport. Uno stile riconoscibile e gradevole, competenza profonda e diffusa miscelata alla capacità di trovare spunti curiosi, aneddoti, digressioni godibili.

Telecronista: una passione e un mestiere che nasce come e quando?
La mia passione nasce da bambino, quando ricordo che mi emozionavo a sentire le telecronache. Ero strano già da piccolo, in occasione di un gol o di un canestro mi fissavo a guardare il pubblico per godermi il momento in cui nasceva quella emozione. Pensavo che quando sarei cresciuto quelle emozioni avrei voluto regalarle io: se non ci fossi riuscito da atleta, l’avrei fatto da cronista. Ho iniziato a fare telecronache perché quando da under giocavo a Saronno spesso non venivo convocato nei 10 della Serie B, e allora da aggregato mi divertivo a commentare le partite dei miei compagni. Tra questi c’era Andrea Solaini, ora a EuroSport con me, che faceva già questo mestiere: apprezzò il mio stile e mi organizzò un provino. Come potete intuire andò bene. E’ nato tutto quasi per gioco, devo dire che sono stato anche fortunato.

Quanti e quali sport commenti o hai commentato?
Basket prima a Sportitalia e ora a Eurosport, calcio a Infront. Ma in passato, ai tempi della gavetta nelle web tv locali, ho commentato anche la Serie C di Calcio a 5, la pallavolo, il tchoukball. Sport meno comuni ma che certamente mi hanno aiutato a maturare esperienza.

Il tuo preferito.
Certamente il basket, è il mio sport. Ci giocavo, è quello che mi piace di più. Poi certo, mi piace anche il calcio, ma la pallacanestro…

Quanto tempo ti occorre per preparare una telecronaca?
Dipende. Se ho già degli appunti da parte relativi a una delle squadre o ad entrambe il tempo si riduce, ma il minimo sindacale non è comunque mai inferiore alle 4-5 ore.

L’importanza della spalla tecnica. Quanto è importante la seconda voce?
Fondamentale. Una telecronaca a una voce è più piatta e monotona, oltre che più complicata. La confidenza con la spalla tecnica è importantissima. Ricordo che in occasione del Mondiale 2014 commentai Croazia-Senegal con Mattia Ferrari, che ora allena a Legnano in A2 ma che mi aveva allenato da ragazzo e da lì è rimasto mio amico. La sintonia tra di noi era fortissima e ne uscì una telecronaca molto divertente, al punto che anche La Giornata Tipo ci dedicò un post.

Quanto la tecnologia ha cambiato il vostro lavoro?
Premetto che sono molto favorevole all’introduzione di instant replay, goal line technology, Var, ecc. La tecnologia ha certamente cambiato alcune dinamiche del nostro lavoro. Da una parte disporre di tanti replay ti aiuta a capire con più facilità cosa sia successo, dall’altro ti mette con le spalle al muro perché disponendo di immagini chiare sei poi costretto a spiegare con estrema precisione a chi sta davanti allo schermo cosa stia accadendo in campo.

Ti emozioni ancora quando fai una telecronaca?
Assolutamente sì, altrimenti avrei già smesso. Per come la vedo io è molto semplice: se non ti emozioni, non puoi fare il telecronista.

C’è una cosa che secondo te un telecronista non deve mai fare/dire?
Sì. Esprimersi in prima persona, dare giudizi personali, spacciare con certezza cose che non sa. Come chi nota un giocatore infortunato e si avventura in diagnosi. Se non sai con certezza, meglio tacere.

Se risenti una tua telecronaca di dieci anni fa, che effetto ti fa?
Fatico a riascoltare anche quelle fatte la settimana scorsa, figurati! Quando mi è capitato di risentire quelle di dieci anni fa mi sono conto di quanto fossi grezzo e di come l’esperienza abbia affinato e reso più efficace il mio modo di commentare una partita e gestire i ritmi di una telecronaca.

Il telecronista di riferimento.
La lista è lunga: a me piace tantissimo Geri De Rosa, come stile e bravura. E poi commenta benissimo basket e calcio, che sono i miei stessi sport. Mi piacciono molto anche Alessandro Mamoli, mio caro amico, e Massimo Marianella. E poi Ricky Buscaglia, uno dei più coinvolgenti da sentire, e due enciclopedie viventi come Pietro Nicolodi e Nicola Roggero. Pensando ai telecronisti americani, dico Joe Buck e Gus Johnson.

La telecronaca che ricordi con più piacere e quella che vorresti dimenticare.
Quel Croazia-Senegal con Mattia Ferrari è impossibile da dimenticare. Un’altra è la prima telecronaca di Liga ACB su Sportitalia, un Barcellona-Malaga pazzesco con tripla sulla di Abrines per forzare il supplementare. Infine, il derby Inter-Milan dello scorso anno, 2-2 con pareggio al 97’ di Zapata. Mai urlato così tanto. Quella da dimenticare? Un Parma-Fiorentina di qualche anno fa, quando Roncaglia infilò un gol da 40 metri e io per un minuto urlai che aveva segnato Mati Fernandez. Poi chiesi scusa, ma ormai la frittatona era bella che fatta.

Kaboom è il tuo marchio di fabbrica: ce ne sono altri?
Io credo che ogni telecronista debba avere qualcosa di personale nel suo stile, per rendersi riconoscibile a chi ascolta. Basti pensare ai più famosi, come Fabio Caressa, Flavio Tranquillo, Sandro Piccinini. Nel mio caso c’è Kaboom, altrimenti “giù il gettone” quando inizia la partita o “scrivete tre” in occasione di una tripla.