Italbasket, Meo Sacchetti nuovo Ct

E' Meo Sacchetti il successore di Ettore Messina sulla panchina della nazionale. Una scelta inaspettata e rischiosa in un momento delicato per il nostro basket

Il nuovo Ct della nazionale di basket maschile è Meo Sacchetti. La scelta, inaspettata dopo che per il ruolo si era parlato di Djordjevic, Buscaglia e Sacripanti, arriva in un momento delicato per gli azzurri. E’ una settimana nella quale si perdono e cambiano pezzi nevralgici. Dopo avere incassato l’addio prematuro di Gallinari all’Europeo per un pugno inopinato in una inutile amichevole contro l’Olanda, arriva anche il momento di guardare oltre Ettore Messina. Si sapeva da tempo che l’attuale Ct avrebbe salutato la sua seconda esperienza sulla panchina della nazionale dopo l’Europeo per dedicarsi a tempo pieno alla sua avventura ai San Antonio Spurs. Italbasket nell’arco di due giorni perde i suoi due punti di riferimento, sul parquet e a bordo campo.

Meo Sacchetti, perché è una scelta rischiosa – Sulla panchina dell’Italia arriva un allenatore che ha in qualche modo rivoluzionato il basket italiano nell’ultimo decennio. Capo d’Orlando del 2007-08, con Diener e Pozzecco, e Sassari nel 2014-15, con il triplete completato e lo storico scudetto portato sull’isola, sono probabilmente le due squadre offensivamente più belle che si siano viste nel nostro campionato in questo arco di tempo.

Entrambe erano allenate da Sacchetti. Coach che predilige un basket d’attacco fatto di ampio numero di possessi e abbondante uso delle triple, nella sua esperienza sarda ha sfatato un luogo comune che circolava sul suo conto: fa giocare le sue squadre meravigliosamente ma il suo non è un basket adatto ai playoff. Le stesse cose si dicono di D’Antoni dall’altra parte dell’oceano. Sacchetti ha vinto ed è uomo coraggioso. Dopo un’esperienza in chiaro e scuro a Brindisi non ha esitato a ricominciare dal piano di sotto, con l’appena retrocessa Cremona, rinunciando al palcoscenico della serie A. Ma rappresenta un’incognita per due motivi principali. Il primo: è architetto di un sistema che per rendere ha bisogno di essere scolpito ogni giorno in palestra. Farlo funzionare nei raduni rarefatti della nazionale, quando si gioca per vincere e quasi mai per costruire, rappresenta un rischio di grandi dimensioni. Il secondo: le sue squadre più belle hanno avuto a disposizione talento abbondante. A Capo d’Orlando aveva l’ultimo Pozzecco, Drake Diener, CJ Wallace, Tamar Slay, Romel Beck, Rolando Howell. A Sassari due anni fa vinse lo scudetto con Logan, Sosa, Brooks, Sanders, Lawal, Dyson. Il fatto che in questo elenco troviate un solo italiano non è casuale. Per rendere il basket di Sacchetti ha bisogno di gente con punti nelle mani. Tolti gli Nba, l’attuale roster dell’Italia ne ha pochi. I soli Melli e Datome. E’ alla sua prima esperienza come commissario tecnico e la sua compatibilità con un ruolo che sta diventando sempre più delicato è da verificare.

Perché è un azzardo che potrebbe essere vincente – La verità è che Italbasket, per quanto riguarda la nazionale maschile, è a un bivio che non può ignorare. Per anni siamo andati avanti con l’ambizione di raggiungere traguardi prestigiosi con la spinta di chi ha fatto l’Nba da protagonista, Gallinari, Belinelli e Bargnani. La mano rotta dell’ala ha accorciato un processo che sarebbe comunque arrivato. Con questa configurazione gli azzurri funzionano fino a un certo punto, in ogni caso non abbastanza per arrivare agli obiettivi che sogna il presidente federale Petrucci. Vedi Europei 2015, vedi soprattutto il preolimpico di Torino dello scorso anno. A questo punto una strada da percorrere, se si ha coraggio (ed è un se grande come una casa), è tirare una riga e ricominciare da capo. Sacchetti, prima che allenatore, è stato membro in campo dell’Italia che nel 1983 vinse il suo primo Europeo. Sa sulla sua pelle cosa significa indossare la maglia azzurra e raggiungere vittorie continentali. Può trasmettere questo senso di appartenenza a un gruppo che obiettivamente, nei suoi tre giocatori di oltre oceano, vive una realtà troppo diversa per essere integrata con quella europea in un mese e mezzo d’estate. Sacchetti può dare identità e voglia di lottare ai suoi giocatori e fare leva sulla propria esperienza diretta. L’ultimo Messina, anche lui permeato di vita Nba, non poteva. Pianigiani, per motivi diversi, nemmeno. E’ chiaro che andiamo verso una nazionale piena di cuore e orgoglio anche se più priva di talento in attesa che sboccino i ragazzi dell’Under 17 e dell’Under 19. Da questo punto di vista le motivazioni, e le chiavi per accenderle, possono fare la differenza in un contesto comunque fragile e confuso. Rimane il premio alla carriera di un uomo che alla nazionale ha legato il proprio passato e da settembre il proprio futuro.