Gentile-Balotelli similitudini, talenti (quasi) sprecati – C’è sempre una sottile linea di separazione tra un talento che sboccia per ramificare verso una radiosa carriera sportiva e uno che lascia intravedere virgulti promettenti e poi si inaridisce proprio nel momento di dare frutti succosi. E quasi sempre più che nelle gambe, più che nelle mani, più che in qualsiasi altra parte del corpo di un atleta, sta nella testa. Per questo la parabola, al momento discendente, di Alessandro Gentile e Mario Balotelli è simile. Due dei nostri migliori talenti, uno nel basket e uno nel calcio, dispersi nelle nebbie di caratteri difficili, orgoglio che non si può intaccare, forse cattivi consiglieri, sicuramente tante scelte sbagliate. E la necessità, non la scelta, di ripartire da fuori, lontano dall’Italia. Senza, ancora, riuscire a fare la differenza.
Gentile-Balotelli similitudini, l’apatia di Mario – In maniera in qualche modo simile a quanto abbiamo scritto per Roberto Baggio, c’è un momento nella storia di Balotelli che si è incastrato nel nostro immaginario collettivo. Quella doppietta alla Germania agli Europei del 2012, il bronzo di Riace versione terzo millennio per esultare, la sensazione concreta che avevamo trovato l’attaccante del presente e del futuro, l’uomo simbolo della nazionale.
All’epoca Balotelli aveva 22 anni, giocava al Manchester City, dove aveva appena vinto uno storico titolo insieme a Mancini che l’aveva lanciato nell’Inter. Il momento più alto fu anche l’ultimo. E non dobbiamo stare qui a ricordare quanto il ragazzo, prima del calciatore, venisse discusso per i suoi atteggiamenti discutibili già all’epoca. Quello che tornò al Milan a gennaio 2013 era ancora un giocatore che partecipava alle partite, che trascinava il diavolo verso una qualificazione alla Champions League con gol e rigori segnati. Quello che arrivò ai Mondiali 2014 con il peso di un’intera nazione sulle spalle era già l’uomo e il giocatore che conosciamo adesso. Fu il fallimento suo, di Prandelli, e di un’idea. Quella che si potesse puntare su di lui per qualcosa di importante. E si trasformò in un giocatore marginale. Andò a Liverpool, e lo detestarono. Tornò al Milan nel 2015 e quasi non lo videro per via di un infortunio e del suo atteggiamento ormai irritante. Pubalgia e apatia, binomio letale. Non lo voleva quasi nessuno, e il quasi era dovuto principalmente a Mino Raiola che sparge e ottiene favori in tutto il continente. La scorsa estate è andato a Nizza, dove pareva rinato in una squadra sorprendentemente in lotta per il titolo in Ligue 1. Inizio forte, doppiette, amore con il pubblico. Ma la parte oscura di Balotelli è più Balotelli di quanto non lo sia un attaccante che avrebbe tutto, tecnica e potenza, per essere tra i migliori cinque in Europa. Il resto lo sapete. Di recente è riuscito a prendere 0 in pagella anche dall’accondiscendente stampa transalpina.
Gentile-Balotelli similitudini, l’apatia di Alessandro – Quella di Gentile figlio di tanto Nando padre, leggenda nostrana di un basket che fu, è una parabola che inizia a somigliare sinistramente a quella di Balotelli. Età simile, del ’92 Alessandro e del ’90 Mario. Pedigree e talento non si discutono, tanto che nel 2011, dopo esordi brillanti a Treviso, finisce a Milano, dove già il genitore aveva fatto la storia. Come per l’altro, le tappe bruciate nella fase iniziale della carriera sembrano fisiologiche. Pare la prosecuzione dell’eredità lasciata da Gallinari, e infatti nel draft Nba del 2014 viene scelto al secondo giro dai Wolves alla 53 che girano i suoi diritti agli Houston Rockets. Nel frattempo ha già fatto in tempo, nel 2013, a diventare il più giovane capitano nella storia dell’Olimpia. E già lì qualche scricchiolio però iniziava a sentirsi, se è vero che certi battibecchi tra la dubbiosa stampa meneghina e un giovane capitano troppo orgoglioso, vagamente testardo, furono messi a verbale. Vince lo scudetto del 2014, storico per l’Olimpia come quello del 2012 per il City, è eroico in semifinale contro Sassari nel 2015 quando praticamente allunga a gara sette una serie già finita. E più o meno è lì che finisce il Gentile che avevamo conosciuto. La scorsa stagione, scudetto e Coppa Italia farciti da infortuni, viene ricordata più per l’epilogo polemico che per i trofei.
Gentile dichiara che forse un ciclo è finito, magari andrà via, meglio se in Nba, il presidente Proli lo accusa di togliere i riflettori dai meriti della squadra per attirarli su di sé. Gli toglie i gradi di capitano per darli a Cinciarini. ‘Uno che in spogliatoio è ascoltato’, sibila Proli. Il figlio di Nando non lo è? A dicembre un epilogo che doveva arrivare prima, proprio come quello di Mancini all’Inter in estate. Va in prestito al Panathinaikos, dove vince la Coppa di Grecia. Come Balotelli, l’Europa è l’extrema ratio per purificarsi, ma non riesce a inserirsi lì dove ancora suo padre era stato e aveva vinto un’Eurolega entrata nella leggenda. Percorso simile ma inverso. Prima ancora c’era stato il preolimpico di Torino e la delusione cocente dell’esclusione dalle Olimpiadi in un torneo che la Fip aveva organizzato in casa per tornare su un palcoscenico che mancava dal 2000. Delude l’Italia e delude lui, protagonista in negativo contro la Croazia, in uno scenario analogo a quello di Brasile 2014 per Balotelli e per gli azzurri. In Grecia finisce fuori dalle rotazioni, finisce addirittura escluso dalla classica contro l’Aris. Meno di due mesi, un altro divorzio. Che significa stagione finita. In Italia avrebbe potuto giocare solo in A2. In Europa ovunque ma non in squadre che disputano l’Eurolega. Perciò la scelta sarà quella di allenarsi da solo a Milano in una struttura messa a disposizione dell’Olimpia. Uno dei migliori talenti azzurri degli ultimi anni rinchiuso in uno sgabuzzino proprio quando viene primavera.
Gentile-Balotelli similitudini, l’afasia di entrambi – Afasia nell’accezione utilizzata dagli antichi scettici, ovvero la sospensione di ogni giudizio sulla natura delle cose, in questo caso di due giocatori enigmatici, derivata dall’inconoscibilità della realtà. E’ impossibile comprendere Balotelli e Gentile perché sono l’antitesi dell’eroe classico, che sostiene la cultura anche sportiva occidentale, quello che mette il proprio talento superiore al servizio della causa. Entrambi sono accusati di essere egoisti, egoriferiti, di posizionare al centro del mondo solo sé stessi. L’elemento in comune che balza agli occhi vedendoli giocare entrambi è la sensazione netta di due ragazzi che non si stanno divertendo a fare ciò per cui sono anche profumatamente pagati. E anche questo è contrario al nostro sentire. Che c’è di più bello che giocare a pallone, o buttare la palla in un cesto, per professione? Sono giovani, sono più forti dei loro coetanei, dovrebbero sprizzare gioia da tutti i pori.
Invece Balotelli è sempre in rissa con sé stesso, con gli arbitri, con i cartellini, con gli avversari, con i tifosi. Spesso non esulta dopo un gol, la sublimazione negata della gioia più grande. Gentile è simile, quasi uguale. La sua parabola, non solo quella sportiva ma anche quella di tiro, si è appiattita. Spara verso il canestro dei missili orizzontali che si schiantano sul ferro e un tempo era stato tiratore prelibato. L’immagine che vi viene in mente di loro è l’espressione che vedete nella foto di questo articolo. Sono imbronciati, nervosi, tesi. Lo sport ai massimi livelli è fluidità di esecuzione, armonia atletica prima che tecnica. Lo sport di Balotelli e Gentile, quando hanno la luna storta, è contratto e nervoso. Ingrugnato come i loro lineamenti. E se al gesto tecnico togli la gioia della sua esecuzione, diventa soltanto fatica. Dovere. Restano i cartellini rossi e i falli tecnici, tiri sparati in tribuna o sul primo ferro. Indisponenti per dirigenti, tifosi, per compagni di squadra che si stancano di sbattersi per chi dovrebbe fare di più, con quel talento, e non fa nemmeno altrettanto.
Due nazionali con loro protagonisti, quella di calcio e quella di basket, sono entrate nella storia dalla parte sbagliata per avere fallito clamorosamente un risultato alla loro portata, i mondiali 2014 e la qualificazione olimpica 2016. Forse, abbiamo detto, ci siamo sbagliati noi. A pensare che fossero più forti, loro e tutti quelli che ci giocavano insieme, di quanto effettivamente siano. E però, basta andare su Youtube, Balotelli la Germania la fece ammattire davvero da solo. E Gentile sul campo si meritava di essere capitano dell’Olimpia. C’è stato un momento in cui entrambi trascinavano, prima di diventare zavorre. L’istinto, e l’idea romantica della redenzione, spinge a dare loro ancora un’opportunità. L’ennesima. La razionalità dice che i muscoli si aggiustano, ma la testa no ed è inutile perderci altro tempo. In attesa di conoscere il futuro, la chiudiamo facendola sintetizzare a Bob De Niro, meraviglioso interprete di Bronx. Ascoltatela qui, esattamente a 0:20, perché racchiude ciò che sono in questo momento Balotelli e Gentile.