Serie A più combattuta, i meriti di Allegri e del Napoli, la nemesi San Siro

Settimo titolo consecutivo per la Juve ma le sue avversarie in campionato stanno crescendo in termini di punti e solidità, i meriti di Allegri e la nemesi di San Siro

Settimo titolo consecutivo per la Juve, tutto nelle previsioni e indicazioni dei bookmaker rispettate. E’ stato un campionato più equilibrato del solito, non soltanto in vetta, in una stagione nella quale l’Italia ha perso per la prima volta in sessant’anni i mondiali in un teatro, San Siro, che quest’anno sembra il luogo preferito per i peggiori delitti calcistici.

Campionato più equilibrato (grazie alla Uefa?)

In fase di anteprima avevamo scritto che sarebbe stata una serie A più competitiva a causa del cambiamento delle regole Uefa con quattro squadre direttamente ai gironi di Champions League invece che due più una ai preliminari. La corsa per il quarto posto, che si risolverà solo all’ultima giornata con Lazio-Inter, ha dato peso al girone di ritorno con cinque squadra in lotta per obiettivi di vertice e altre quattro (Milan, Atalanta, Sampdoria e Fiorentina) impegnate nella corsa verso l’Europa League. Fa nove squadre su venti, quasi il 50%, che fino alla penultima giornata hanno lottato per obiettivi concreti. Juve e Napoli per lo scudetto, Roma, Lazio e Inter per un posto in Champions League, Milan e Atalanta che si giocano il sesto posto all’ultima giornata per evitare i preliminari di Europa League. La conseguenza è stata che anche la lotta salvezza è stata la più incerta delle ultime stagioni, con cinque squadre che all’ultima giornata possono ancora retrocedere. La serie A è stato l’unico campionato europeo con il titolo in ballo a due giornate dalla fine, l’unico che con novanta minuti da disputare ha ancora in ballo tre obiettivi di peso specifico enorme, anche dal punto di vista economico. Non ci siamo annoiati e il trend dovrebbe proseguire nelle prossime tre stagioni quando la formula sarà la stessa.

Scudetto più difficile (grazie al Napoli?)

In realtà la Juve che vince sette titoli consecutivi e parla del 2017-18 come del più difficile della sequenza, ha dovuto costantemente superarsi e superare una concorrenza sempre più agguerrita almeno dal punto di vista statistico. Lo dicono i punti dei bianconeri e quelli dei loro competitor arrivati secondi negli ultimi sei anni. Il primo titolo con Conte fu vinto nel 2012 con 84 punti contro gli 80 del Milan, nel 2013 con 87 contro i 78 del Napoli, nel 2014 con 102 punti contro gli 85 della Roma. Da quando è arrivato Allegri lo scudetto si è vinto facilmente solo nel 2015 con 87 punti contro i 70 della Roma, nel 2016 in rimonta con 91 punti contro gli 82 del Napoli, nel 2017 con 91 punti contro gli 87 della Roma e nel 2018, con una gara da giocare, con 92 punti contro gli 88 del Napoli. Le avversarie della Juve in tre dei sette scudetti hanno realizzato 85 o più punti e in cinque dei sette più di 80. Significa che le avversarie della Juve hanno provato, e ci sono riuscite, ad attrezzarsi per battere i cannibali. Sono state più competitive ma non hanno vinto perché i bianconeri si sono sempre migliorati, superando sempre i 90 punti nelle ultime tre stagioni. Per fare questo, per realizzare un sogno difficilissimo da concretizzare, la squadra di Sarri ha volutamente deciso di sacrificare la Champions League prima e l’Europa League poi. La Roma che la scorsa stagione fece il proprio record di punti ebbe un percorso simile, esclusa dai preliminari di Champions League e fuori agli ottavi di Europa League. La sostanza è che per combattere, ma non sconfiggere, i bianconeri bisogna concentrare esclusivamente le proprie forze sul campionato. La storia dimostra che non è abbastanza, perché la Juve ha più risorse. Di rosa e mentali.

La striscia irripetibile

L’altra differenza è che la Juve non solo ha vinto sette scudetti di seguito, striscia irripetibile, ma l’ha fatto giocando su tre fronti da quando è arrivato Allegri. Con lui sono arrivati quattro Double, scudetto e Coppa Italia, più due finali di Champions League. Significa che su quattro stagioni, la Juve ha giocato tutte le partite disponibili nel calendario in due di esse, il 50%. Nelle altre due, il 2015-16 e il 2017-18, ha mancato cinque e tre partite, ovvero quelle perse in Champions League con l’eliminazione agli ottavi e ai quarti. Nessuna squadra in Europa ha giocato più partite della Juve in questi quattro anni, un’usura emotiva e fisica pazzesca e non paragonabile a quella di nessun’altra squadra del continente che non ha impedito di raggiungere vittorie a raffica. Sembra scontato, e per questo Allegri si arrabbia, ma è una statistica al limite della fantascienza. Il tecnico toscano per riuscirci ha avuto intuizioni brillanti in ogni stagione ed è stato l’uomo che ha davvero cambiato qualcosa lasciando il segno dalla panchina. Più di Sarri, che non ha alternative ai propri meccanismi perfetti se uno dei titolari è infortunato o stanco. Allegri è partito dal 3-5-2 di Conte ed è approdato a varianti esoteriche come il 4-2-3-1 della scorsa stagione, tecnicamente ha portato nel calcio nelle ultime due stagioni ciò che nel basket è il sesto uomo, un giocatore che entra dalla panchina e cambia la partita. Il Douglas Costa di questa stagione non è una riserva ma un sesto uomo, ruolo che a turno hanno ricoperto anche Cuadrado, Mandzukic e Dybala. Con Allegri la Juve ha sempre avuto la migliore difesa del campionato ma quest’anno la metamorfosi è stata completata con il secondo migliore attacco del torneo dopo la Lazio, 84 gol finora segnati, erano stati 77 nel 2017, 75 nel 2016, 72 nel 2015. Una crescita costante e decisiva soprattutto nella prima parte di stagione, quando la difesa priva di Bonucci sbandava più spesso. Una squadra che segna così tanto può non essere spettacolare, ma non può essere nemmeno noiosa come spesso si rimprovera al tecnico. Che infatti si arrabbia anche per questo motivo. Ma la verità è che Allegri in questo momento è il migliore allenatore italiano in relazione ai risultati e al numero di partite gestite sulla panchina della Juve. Poi ci sarebbero due considerazioni, una statistica e l’altra etica. La prima è che dal 1991 in avanti, storico scudetto della Sampdoria, il titolo è andato soltanto a Juve, Milan e Inter con le due eccezioni di Lazio e Roma a cavallo del millennio. Non casuale che questo duopolio sull’asse Torino-Milano coincida con l’inizio del calcio criptato in tv e dalla valanga di soldi sborsati dalle emittenti televisive per il prodotto serie A, che ha generato squilibri economici e tecnici. La seconda è che una società che vince sempre finisce per diventare sempre meno simpatica a chi non tifa per lei, che è circa il 50% del paese. Questo fa parte del gioco, ma è paradossale che la Juve chieda giustizia in Europa dopo il rigore di Madrid ed è la prima a ignorare le sentenze della giustizia sportiva, assegnandosi 36 scudetti invece dei 34 che ha vinto, perché due sono stati legalmente revocati. Bisogna essere coerenti per chiedere coerenza.

Luci spente a San Siro

Curiosamente le due partite più drammatiche della stagione si sono disputate a San Siro. Quella dell’Italia contro la Svezia, uno 0-0 che è costato la mancata qualificazione ai mondiali, l’esonero di Ventura e l’ormai certo arrivo di Roberto Mancini sulla panchina azzurra. E la sconfitta 2-1 dell’Inter contro il Sassuolo che poteva costare ai nerazzurri il quarto posto, poi rimesso in ballo dal 2-2 della Lazio a Crotone. Al netto dell’antologica allergia di Spalletti (e di Icardi) per le partite decisive, le similitudini tra le due partite sono state evidenti. Una squadra che attaccava senza sfondare e l’altra che si difendeva con i crampi alle gambe. La differenza è che la Svezia si giocava il mondiale, il Sassuolo niente se non la propria reputazione, alimentato dal ruolo di vittima sacrificale nella corsa Champions dell’Inter. L’altra curiosità è che sono state proprio le rivali più accese della Juve a consegnarle lo scudetto. Prima la Fiorentina battendo 3-0 il Napoli, poi il Torino pareggiando 2-2 al San Paolo. Come è stato il Sassuolo a consegnare la Champions League a Di Francesco, che lo allenava fino alla scorsa stagione. La Roma è un’altra curiosità di questo campionato. Al netto dell’impresa in Champions League, meravigliosa e indimenticabile (ma arrivata anche con una dose di buona sorte, il sorteggio con lo Shakhtar agli ottavi e la possibilità di giocare sempre il ritorno all’Olimpico dopo avere perso l’andata in trasferta), il terzo posto che oggi viene festeggiato come un grande traguardo solo due anni fa era quasi un disastro perché costringeva ai preliminari (poi fatali) di Champions League. Cambiano le regole e cambiano anche le percezioni. I giallorossi al momento sono indicati dai bookmaker come la principale antagonista della Juve per il prossimo scudetto. Un’ipotesi da verificare, così come la permanenza di Allegri sulla panchina della Juve che sembra vicina ma non certa.