I mondiali senza l’Italia, un pensiero inconcepibile

Dal 1958 al 2018, l'Italia ai mondiali c'è sempre stata e non sarà in Russia. Un pensiero inconcepibile con cui dobbiamo iniziare a fare i conti

La prima cosa che non ci sarà è l’attesa per il sorteggio dei gironi del mondiale. A dicembre. Negli anni che precedono il mondiale, i sorteggi sono l’evento che introduce il Natale. Non ci saranno teste di serie, pronostici, spauracchi da evitare. Non ci sarà la tensione salutare del ritrovarsi una corazzata nel girone o un nome esotico. Niente Inghilterra, niente Costa Rica sul nostro cammino a giugno.

Poi non ci sarà il sopralluogo, raccontato nei dettagli, della delegazione italiana a scegliere la struttura in vista del ritiro. Non ci sarà il racconto delle stanze, della piscina, del biliardo nella sala hobby, non immagineremo dove i giocatori della nazionale trascorreranno le giornate tra una partita e l’altra. Al massimo Trip Advisor se vogliamo andare in Russia a vedere giocare gli altri.

Di seguito non ci saranno i mesi di avvicinamento, dalla primavera in avanti, con il consueto riepilogo delle avventure dell’Italia nella storia dei mondiali. Sarà solo un’altra stagione come le altre, senza la stella polare della coppa del mondo a indicare la strada verso l’estate. La solitudine che solitamente è degli anni dispari, quelli in cui non si giocano europei e mondiali, improvvisamente è anche degli anni pari. Per alcuni non ci sarà un buon motivo per comprare un nuovo televisore. Per tanti addetti ai lavori non ci sarà un viaggio in Russia, forse il primo della carriera. Per tutti non ci sarà quel momento di aggregazione, uno dei pochi, che ci fa sentire uniti e non divisi come nazione.

Infine ci saranno i mondiali. Quei mondiali. Quelli che la maggior parte di noi non ricorda, perché l’ultima volta che l’Italia non c’era nel 1958 quasi nessuno era nato, e chi era nato ha ormai i ricordi scoloriti. Ma è passato talmente tanto tempo, talmente tanto calcio, che quello di allora forse calcio nemmeno lo era per come lo concepiamo noi. Noi possiamo ricordare gli Europei del 1992, l’ultima competizione per nazionali cui l’Italia non ha partecipato, ma solo sforzandoci. Li ricordiamo solo per la vittoria della Danimarca e abbiamo dimenticato tutto il resto proprio perché l’Italia non c’era.

Per questo è un buco, enorme, nell’epoca contemporanea che i buchi non li ammette. Siamo nell’era in cui tutti sono sempre connessi, e la nazionale si è appena disconnessa almeno fino all’autunno 2018, quando si parlerà degli Europei 2020. E’ un paradosso difficile da immaginare, da contestualizzare, da riportare alla genesi e al fatto che i mondiali in Russia per l’Italia non esisteranno perché non è riuscita a segnare un misero gol in 180 minuti contro la Svezia. La Svezia che ha ospitato i mondiali del 1958 e gli europei del 1992, le uniche due manifestazioni che hanno visto l’Italia assente. Fino a Russia 2018, dove l’Italia sarà l’unica nazionale mancante tra quelle che hanno vinto almeno un mondiale.

Perciò uno si mette a ragionare sul movimento, sul fallimento, sui pochi italiani. E se riflette meglio pensa che l’Italia ha giocato due finali di Champions League nelle ultime tre stagioni, che un allenatore toscano fa parlare di sé tutta Europa per come gioca il Napoli, che altri allenatori italiani negli ultimi anni hanno vinto in Liga, in Premier League, in Bundesliga, ovunque. Siamo peggiori nella nostra immaginazione, e nei risultati della nazionale, di quanto siamo concretamente. Anche se da Tavecchio in giù ogni tanto riusciamo a essere peggiori di quanto immaginiamo. Ed è bastato un allenatore con una forte personalità, Conte, in mezzo ai fallimenti di Sudafrica 2010, Brasile 2014 e ora Russia 2018, a dimostrarlo.

Ma rimane il fatto che dobbiamo inventarci un altro modo di vivere i prossimi mondiali, perché i mondiali ci appartengono da quando il mondo è diventato a colori. E ora siamo di nuovo in bianco e nero. E’ un paradosso temporale e calcistico impensabile e bisogna farci i conti. E per una volta bisognerebbe non farli all’italiana, proprio come hanno iniziato a fare Ventura e Tavecchio, Ct e presidente federale che dopo la partita hanno accuratamente evitato di citare dimissioni e responsabilità. Ovvero parlare per mesi di possibili soluzioni e non cambiare niente per l’ennesima volta. Il che sarebbe, sarà, sicuramente ancora peggio di non andare ai mondiali.