Mondiale senza l’Italia, pensavo peggio, non è stato per niente male

Il mondiale senza l'Italia doveva essere una sofferenza continua, invece è scivolato via senza traumi. E anzi è stato divertente. Forse anche più che quando lo giocano gli azzurri

‘Mondiali senza l’Italia pensavo peggio. Non è per niente male’. Mi continua a tornare in mente Nanni Moretti che in Caro Diario se ne va in giro in Vespa e a un certo punto va a vedere se Spinaceto sia davvero così brutta come gliela descrivono. E appunto, di seguito, ‘pensavo peggio, non è per niente male’. Uguale Russia 2018 senza l’Italia.

Il prologo

Chiaramente c’è stato un momento dove il senso di smarrimento è stato forte. A novembre, dopo quella partita senza senso a San Siro contro la Svezia, quando fu ufficiale che per la prima volta nella mia vita ci sarebbe stato un anno pari, quello dei mondiali, senza l’Italia. Quel senso di confusione davanti al vuoto, come la prima volta in mare aperto dove non si tocca e il fondale sotto di te è buio e nero, fu condiviso con milioni di persone, intere generazione che loro pure un evento del genere non l’avevano mai sperimentato. Si pensò che l’avvicinarsi dell’estate sarebbe stata terribile invece che gioiosa e che giugno e luglio sarebbero stati insopportabili invece che avvincenti. Come tutte le cose che non conosci, è la suggestione che spaventa più che le prospettive. Come disse Michael Jordan, spesso i limiti sono soltanto illusioni. Chiaro, lui parlava di sé stesso e dell’ipotesi di tornare in campo a cinquant’anni, noi eravamo lì a confrontarci con il fatto che dopo sessant’anni in quel campo non ci sarebbe stata l’Italia.

L’inizio

Invece. L’arrivo dell’estate tutto sommato non è stato diverso dalle altre volte, dagli altri anni, anche perché il campionato italiano insolitamente ha regalato motivi di interesse fino all’ultima giornata, dalla lotta scudetto a quella per l’ultimo posto in Champions League. Poi giugno è iniziato e l’inizio dei mondiali, con la goleada della Russia, è stato proprio come l’inizio di ogni mondiale in cui la prima partita non la gioca l’Italia. Cioè quasi sempre. Tutto sommato anche la fase a gironi non è stata così drammatica. Forse perché, fuori gli azzurri ed esclusi i sentimenti, ci siamo messi a guardare cose che prima non erano importanti e non notavamo nemmeno. Tipo le imprese del Senegal o del Giappone. O cose che notavamo, come la rivalità tra Messi e Ronaldo e i limiti dell’Argentina, stavolta si sono trasformate da spezie e aromi a portate principali. Abbiamo scoperto che il calcio dei mille passaggi orizzontali è finito e che vince chi verticalizza e velocizza l’azione offensiva e che inglesi e belgi comunque non ce la fanno mai. Che il possesso palla è un concetto superrato. Che Neymar può fare il testimonial di una marca di lamette da barba ma che non può trascinare il Brasile alla vittoria. Abbiamo visto sgretolarsi i tedeschi e gli spagnoli. E le sudamericane una dopo l’altra. I croati arrivare in fondo senza mai vincere una partita a eliminazione diretta nei novanta minuti e per questo, in fondo, non sono riusciti ad arrivarci completamente. E abbiamo capito che Mbappé è il futuro ma pure il presente. Forse pure più presente di quello degli altri due.

La fine

Poi è arrivata la fase a eliminazione diretta, e lì è stato più facile. Insomma l’Italia non gioca gli ottavi di finale dal 2006, sono passati dodici anni. Nel 2010 e nel 2014 non è stato diverso dal 2018. C’era già un callo indurito. Per fortuna anche il mercato è arrivato a dare una mano, prima con Nainggolan all’Inter, per tutto il tempo con i numerosi acquisti della Roma, infine con il botto stellare di CR7 alla Juve. Anzi, quella del giocatore più forte del mondo nella squadra più forte del paese è stata una deflagrazione che non ha fatto distrarre solo noi. Ha distratto tutto il mondo dal mondiale stesso. A memoria non si era mai visto che un movimento di mercato fosse capace di eclissare il torneo più importante di tutti. Sono scivolate fluidamente grandi partite come Francia-Argentina 4-3 e più spesso noiosi ingolfi senza emozioni fino ai rigori, con la Croazia padrona della specialità, che rappresentano un grande classico dei mondiali. Senza quasi accorgercene sono arrivate le semifinali, e la finale ovviamente è stata la stessa di sempre, anche perché è stata la replica della semifinale di venti anni fa, solo con molti più gol e un’incredibile errore di un portiere del quale sembra non si possa più fare a meno (cfr. ultima finale di Champions League). Proprio come la prima partita, quando non la gioca l’Italia. Forse è questo che succede quando diventiamo adulti, accettiamo più serenamente le sconfitte perché siamo consapevoli che i mondiali sono una ruota che gira e a noi ha sorriso già quattro volte. Gli argentini stanno peggio, i francesi e gli inglesi pure. Pure se hanno alzato la coppa e finalmente espugnato la Russia un paio di secoli dopo Napoleone, anche grazie al Var che prima non voleva nessuno e adesso nessuno può farne a meno.

Stiamo diventando vecchi e le cifre dicono che i mondiali in chiaro su Mediaset hanno avuto grande successo tra i giovani. Il calcio visibile a tutti sarà un ritornello che ci accompagnerà fino a settembre, fino all’inizio del campionato, fino a Sky e Ilaria D’Amico e Fabio Caressa e che ne pensi Beppe. Ma in assoluto, doveva essere una catastrofe senza l’Italia e invece è stato uguale. Forse perfino meglio, per certi aspetti. Se perdi un senso, automaticamente affini gli altri per ritrovare equilibrio. Perciò adesso conosciamo più giocatori, più statistiche, più curiosità sul mondo del calcio. Si potrebbe perfino azzardare che questa esperienza sia stata costruttiva, propedeutica, formativa. Il mondiale senza l’Italia ti rafforza, se riesci a resistere. Pensavo peggio. Non è stato per niente male.