Luca Virgilio, assistant coach a St.John’s University: New York, un sogno!

Romano, 28 anni, una laurea in Economia e Gestione Aziendale e una in Business Administration, da cinque anni è nello staff tecnico del college della Grande Mela.

Tra gli italiani che vivono e lavorano a New York nel mondo della pallacanestro, c’è anche Luca Virgilio, Romano, 28 anni, una laurea in Economia e Gestione Aziendale e poi una in Business Administration, da cinque anni è nello staff tecnico di St. John’s University. Parliamo del College di John McEnroe ma anche quello di Chris Mullin e recentemente di Federico Mussini. Siamo andati a disturbarlo, ne è uscita una chiacchierata molto piacevole.

La tua carriera e poi la possibilità di St. John’s.
Ho cominciato a lavorare nel mondo della pallacanestro come scout per Stella Azzurra e Eurohopes.com. Il mio lavoro principale era di girare per l’Europa alla ricerca di giovani talenti. Grazie al mio lavoro a Eurohopes ho avuto modo di creare un solito network di contatti con College di Division I in America e cosi è arrivata la chiamata di Steve Lavin da St. John’s University. Dopo una stagione Steve Lavin e St. John’s hanno deciso di separarsi consensualmente e Chris Mullin è stato assunto come nuovo Head Coach. Mullin ha deciso di confermarmi nello staff tecnico come Graduate Assistant per poi promuovermi ad Assistant to the Head Coach dopo la prima stagione e poi successivamente a Management Analyst.

Il tuo ruolo all’interno del Coaching staff
Nelle prime tre stagioni a St. John’s University mi sono occupato principalmente di due aspetti: scouting del panorama cestistico internazionale e basketball operations. Per quanto riguarda lo scouting seguo tutti i tornei giovanili in Europa e nel mondo cercando di individuare giovani giocatori con profili adatti alle necessità del nostro roster. Per quanto riguarda le basketball operations mi occupo di tutto ciò che riguarda logistica, allenamenti, trasferte, contabilità, organizzazione e gestione del calendario. Dalla stagione 2017/2018 sono anche responsabile delle basketball analytics, ovvero la raccolta di dati, statistiche ed informazioni per migliorare i processi decisionali sul campo ed a livello di gestione manageriale.

NCAA e basket europeo, immagino due mondi diversi. Dovendo sintetizzare le differenze più evidenti?
Sicuramente due mondi molto distanti sia sul campo che fuori dal campo. La prima differenza è ovviamente che i giocatori collegiali non vengono pagati e sono considerati giocatori amatoriali ai quali viene garantita una borsa di studio. Sul campo poi le differenze sono molteplici: regole diverse, maggiore fisicità e velocità.

La tua emozione più forte da quanto sei lì.
Sto per cominciare la mia quinta stagione nello staff di St. John’s e se dovessi scegliere i momenti più emozionanti partirei senza dubbio la nostra vittoria contro Syracuse al Madison Square Garden nella stagione 2015/16. St. John’s – Syracuse è una specie di derby del basket Newyorkese ed è molto sentito dai tifosi di entrambe le squadre. Partivamo nettamente sfavoriti e siamo riusciti a vincere 84-72 davanti a 14.000 spettatori con 17 punti di Mussini e 15 punti di Alibegovic. Questa stagione invece abbiamo avuto una settimana incredibile battendo prima Duke al Madison Square Garden e poi subito dopo Villanova (squadra numero uno nel ranking collegiale) in trasferta. Una settimana memorabile, da incorniciare.

Perché un ragazzo italiano dovrebbe venire al College?
Ci sono tantissimi motivi per cui un giovane italiano dovrebbe andare al College negli Stati Uniti. Prima di tutto per la possibilità di poter studiare e giocare a basket ad altissimi livelli. Purtroppo in Italia non abbiamo un sistema che permetta ai giovani di diversi tra campo e libri, costringendo i giovani a dover scegliere. In America c’è la possibilità di laurearsi e allo stesso tempo di giocare partite competitive ogni settimana. Non è un caso che recentemente sempre più ragazzi italiani ed europei decidano di giocare al College.

Raccontaci l’emozione di fare da assistente a Chris Mullin, tra le altre cose membro del Dream Team 1992?
Non capita tutti i giorni di ricevere una telefonata da Chris Mullin. Mi ricorderò per sempre quando mi chiamò la prima volta per organizzare il nostro primo meeting. Nonostante sia uno dei più grandi giocatori della storia della pallacanestro, Mullin è una persona estremamente umile e sempre molto disponibile. Quando giocava era famoso per passare tanto tempo in palestra ad allenare il suo tiro e posso dire che sta facendo la stessa cosa ora anche da allenatore studiando il gioco e aiutando i giocatori a migliorare.

Vivere a New York. Cosa significa?
New York è una città magnifica. Sono quasi cinque anni che vivo qui e ancora penso di non averla vista tutta. Manhattan è ovviamente la parte più famosa e rinomata ma la vera New York è nel Queens, a Brooklyn, nel Bronx e a Long Island. Per un amante del basket, vivere a New York è speciale. Questa città respira pallacanestro dalla mattina alla sera. Noi abbiamo la fortuna di giocare la maggior parte delle nostre partite in casa al Madison Square Garden.

Come immagini il tuo futuro? Ritieni questa esperienza formativa per un futuro in Europa o vuoi rimanere li?
Sono molto felice dell’esperienza che sto facendo negli Stati Uniti. Ho avuto modo di viaggiare molto negli ultimi quattro anni e confrontarmi con modi diversi di fare pallacanestro sul campo e fuori dal campo. Una delle parti più affascinanti del mio lavoro è quella di poter toccare con mano realtà diverse ogni volta arricchendo la mia conoscenza tecnico/tattica del gioco ed diversi modelli manageriali di gestione societaria. Mi trovo molto bene a St. John’s University, faccio parte di un progetto affascinante e ambizioso. Non nego che un giorno mi piacerebbe molto tornare in Europa e contribuire a rilanciare il movimento cestistico italiano, credo che questa esperienza americana mi stia fornendo gli strumenti e le competenze necessarie per rivestire un ruolo manageriale importante in una società in Italia.

Foto Archivio Privato Luca Virgilio