Warriors a passeggio con i Nets, senza Durant Curry ne mette 39 di puro genio

I campioni in carica risparmiano KD per il back-to-back a Est Sixers-Nets, Steph prende per mano i suoi.

Golden State Warriors Curry senza Durant ne mette 39 a Brooklyn. Io c’ero.

Sono a New York da due giorni e uno dei motivi del viaggio era quello di vedere, anzi di rivedere Golden State. La squadra che io tifo da 30 anni (colpa dell’autografo Warriors sulla macchina dell’adorato Dido Guerrieri), che era considerata una delle più sfigate nella storia della NBA e che ora viene avvicinata a dinastie leggendarie come quelle dei Lakers di Magic o dei Bulls di Jordan.

Due anni fa li avevo visti dominare al Garden con i Knicks nella stagione del record di vittorie in stagione regolare, lo scorso anno il successo sui Nets era stato più sofferto, dopo un primo tempo pigro.

Stasera altro appuntamento al Barclays Center, contro i Nets, e il mio timore che Steve Kerr preservi qualcuna delle sue stelle a conclusione del giro all’Est si concretizza in tarda mattinata. Fuori Kevin Durant per un problema alla caviglia. D’altra parte lo sforzo necessario per passare 22 ore prima a Philadelphia non era stato banale: -24 all’intervallo, poi un parziale di 47-15 rifilato ai Sixers a domicilio tanto per ristabilire la legge del più forte. O del cavaliere nero, quello a cui non devi rompere le scatole mai.

Dunque Warriors senza Durant ma tutto sommato meglio lui che Steph, penso avvicinandomi al Barclays Center. Bagarini in azione già all’uscita della Subway, qualche giorno per Nets-Jazz all’esterno dell’Arena c’era un silenzio assordante. Stasera invece sembra di essere a Times Square.

Manca un’ora alla palla a due, ho ancora 30 minuti per scendere al livello del parquet e godermi il riscaldamento di Golden State. Come spesso accade ai Warriors, la sensazione è che siano loro a giocare in casa, tanta è l’attenzione di cui vengono circondati. Thompson e Curry firmano centinaia di autografi già prima della palla a due, poi si comincia ed è subito Showtime.

In quintetto parte Casspi per Durant, con Iguodala pronto a uscire dalla panchina. Vedere giocare Golden State dal vivo ti riconcilia con la pallacanestro, se non con la vita. Una sinfonia perfetta, con Curry libero di partire con i proprio assolo di puro genio cestistico. E poi, letture, hand-off, palla che non si ferma mai, tagli continui e decine di tiri aperti.

Uno spettacolo, al di là dello straordinario valore dei singoli giocatori. Steph ha voglia, si vede, e i motivi sono due: 1) New York è New York e lui da queste parti ci gioca solo due volte all’anno; 2) senza Durant va ancora più sciolto, libero di prendersi venti tiri senza starci a pensare. Stasera ne mette solo 39, con 24 tiri, e poi è costretto a uscire per falli (3 di sfondamento) nel momento in cui Brooklyn torna da -24 a -3. Ci pensa Klay Thompson con 5 di fila a risolvere la questione. Il giorno prima Golden State era resuscitata con i Sixers, stasera contro i Nets rischia di pagare la stanchezza nel finale. Fanno e disfano a loro piacimento, quasi si annoino in certe fasi di stanca della partita e poi però nuovamente ispirati da qualcosa di intangibile, che è al confine tra l’autostima e il delirio di onnipotenza.

E’ quasi l’una di notte a New York e sono in pieno jet-lag: nei miei occhi c’è però ancora la danza fatata del 30 gialloblu.