Francesco D’Aniello e ItalBasket: “Il Preolimpico? Mi devo ancora riprendere…”

Il lavoro del Responsabile Comunicazione di una Nazionale non è semplice, soprattutto quando i risultati non ti sorridono.

Francesco D’Aniello e i suoi dieci anni vissuti al fianco di ItalBasket  

Da quasi dieci anni lavora al fianco della Nazionale Maschile di pallacanestro, prima al fianco di Mimmo Cacciuni e ora come Responsabile della Comunicazione della FIP. Equilibrio, rispetto dei ruoli, qualità nel leggere istantaneamente nelle diverse situazioni, capacità di assorbire le sconfitte pesanti e di gestire le tensioni che si possono accumulare in due mesi di raduno. Sono queste alcune delle doti richieste a un buon addetto stampa e Francesco non tradisce, mai. Puntuale. Efficace. Concavo e convesso secondo necessità.

Non lo scrivo perché è mio amico. Lo scrivo perché l’ho visto all’opera.

Da quanti anni segui la Nazionale?
La A dal 2008, penultimo anno della gestione Recalcati. Primissima esperienza all’Europeo Under 16 maschile di Pescara con i ragazzi del 1992.

Recalcati, Pianigiani, Messina, Sacchetti: caratteri diversi. Quanto incide sul tuo lavoro la differente personalità del coach?
Sulla qualità del lavoro non incide. Si fa il massimo a prescindere da chi guida. Dal punto di vista umano cambia tutto ogni volta ed è lì la grande sfida. Basta leggere i nomi per capire quanto i CT siano ognuno diverso dall’altro. Dal giorno alla notte. E’ una sfida continua ma ciò che ti rimane è quello che puoi raccontare ai tuoi figli. E dopo 10 anni ho già molto da raccontare…

Giocatori: quale la giusta distanza a cui mantenersi per lavorare al meglio?
Equilibrio molto sottile. Non c’è dubbio che per il mio lavoro occorra entrare in sintonia con i ragazzi, capirne le necessità senza pretendere di essere amici intimi. Ottenere la loro fiducia è essenziale. Per fortuna ho sempre trovato grande disponibilità e collaborazione.

La partita più bella vissuta a bordo campo
Segnare più di 100 punti alla Spagna (105 per l’esattezza) non capita tutti i giorni. L’8 settembre 2015 a Berlino c’ero. E la partita era decisiva per noi e per loro.

La partita più brutta vissuta a bordo campo
Senza dubbio un Francia-Italia 81-61 a Pau nel 2009. Nonostante l’atterraggio d’emergenza, causa nebbia, a Lourdes Parker (23) ci spazzó via senza problemi davanti a più di 7.000 spettatori. Non andammo all’EuroBasket in Polonia. Se parliamo invece di delusione, la finale del preolimpico 2016 a Torino è il top in assoluto.

Ti emozioni ancora per l’Inno di Mameli?
Agli Europei capita di sentirlo anche 7 volte in 8 giorni ma come si fa ad abituarsi? Soprattutto all’estero poi…

Quanto i risultati positivi aiutano il tuo lavoro?
Tanto. Tantissimo. Aiutano a lavorare con più serenità sia dentro che fuori dalla squadra. Per fortuna però lavoro con professionisti di altissimo livello e la loro serietà mi ha aiutato anche nei momenti più complicati, che indubbiamente non sono stati pochi. Ahimè sono arrivato nel 2007, ovvero dopo il periodo d’oro. Una sfida niente male di questi tempi.

Le difficoltà di un lavoro che ti porta a fare da cuscinetto tra stampa, squadra, allenatore e federazione per la quale lavori.
La difficoltà più grande è quella di riuscire a rimanere lucidi anche quando le cose non vanno esattamente come vorresti (capita quasi sempre). Di mio sono abbastanza permaloso ma questo lavoro mi ha aiutato a smussare parecchi angoli.

Il giocatore che dal vivo ti ha più impressionato?
Boban Marjanovic e Luka Doncic (anche se non abbiamo mai giocato contro la sua Slovenia) non me li scorderò facilmente.

La città che ti è piaciuta di più viaggiando con la Nazionale?
Sarajevo è speciale. Ma mi dicono che la Cina, e soprattutto il Giappone siano di un’altra categoria…

Come fai a mantenere la concentrazione nel corso dei 40 minuti nei quali sei giocoforza coinvolto emotivamente?
È una delle cose più difficili. Subito dopo l’ultima sirena quasi non ricordo più se abbiamo vinto o perso: ho in mente solo i tempi delle tv, della conferenza stampa e dei lanci social. Poi con calma, a palazzetto vuoto, riavvolgo il nastro. Devo per forza rimanere lucido, ma raramente dormo bene la notte della partita. Neanche avessi giocato..

Archivio Giancarlo Migliola