
La foto di copertina non è di Sirlad ovviamente. E’ una foto del Cavallo di Leonardo scattata da me dopo Inter-Genoa del 24 settembre scorso. Se non conoscete la sua storia troverete interessate questo articolo. Si trova nel cortile dell’ex tribuna secondaria dell’Ippodromo di San Siro galoppo.
Oltre a trovarsi nello stesso luogo, seppur in una dimensione temporale diversa, la colossale statua equestre condivide con il grande campione un destino non benevolo. Il cavallo di bronzo non è nato per correre, ma per essere ammirato, e quello non è certo il posto migliore che i milanesi avrebbero potuto trovargli. Quello in carne ed ossa invece per correre era nato eccome. E non ha solo corso, ha volato. Ma non alto quanto avrebbe potuto.
Di raccontarvi la vita di Sirlad non me la sento. Vi rimando direttamente a un articolo di Mario Fossati, in cui c’è tutto quello che c’è da sapere. L’autore non c’è più da qualche anno ma la storia ormai è scritta.
Prendo in prestito solo poche righe: “Si decise, infine e rientrò. In uno di quei mercoledì di San Siro, zeppi di competenza, piantò Mash ad infinite lunghezze. 1800 metri in 1′ 49″, nuovo limite della pista.”
Ebbene io c’ero. Insieme ad altre migliaia di appassionati.
Il Signor Camussi aveva chiesto a mia madre il permesso di portarmi con se alle corse. Ero stato per la prima volta a San Siro l’anno prima e non potevo certo immaginare quanto questo avrebbe condizionato la mia vita per i decenni a venire.
Le corse ippiche hanno sin da subito esercitato su di me un fascino irresistibile. Poi c’erano le scommesse: ero molto meno che maggiorenne ma a quei tempi non si faceva caso a queste cose.
Mi era stato spiegato che quel mercoledì di marzo, il giorno 22 per la precisione, non sarebbe stato un giorno qualsiasi. E non lo fu.
“Paolo, mica vorrai giocare Sirlad piazzato?” A quei tempi ero un vero stanghettaro! “Paga 10*, non vinci nulla, e poi non siamo qui per le scommesse“.
Seguii il consiglio e salimmo le scale che portano al piano superiore della tribuna principale. Quasi una terrazza affacciata sulla dirittura d’arrivo. Un luogo incantato da cui mi sarei in seguito allontanato raramente per dieci-quindici anni.
Prima del traguardo era posta la tribuna principale a sua volta preceduta da quella secondaria e dal misterioso parco vetture. Esso rappresentava un riferimento per ogni cronista dell’epoca: era il momento in cui la corsa cominciava ad entrare nel vivo.
Le tribune erano gremite in ogni ordine di posto.
Lo svolgimento fu regolare, con un battistrada a fare la giusta andatura e lo sparuto drappello al seguito. Lo spettacolo, che ancora oggi al solo pensiero mi da i brividi, iniziò non appena i cavalli giunsero all’altezza delle tribune, solo un poco anticipato da quelli che avevano un binocolo.
Sirlad aveva cambiato passo e la distanza tra se e i cavalli che non si possono definire avversari, ma fortunati comprimari, cresceva.
Il boato della folla a stento prendeva il sopravvento sul fragore del battito di migliaia di mani. Una vera standing ovation, degna non solo di un campione ma di un eroe.
Quel momento è entrato dentro di me e non è mai più uscito.
Il resto della storia la leggerete nell’articolo di Fossati.
Mi limito a segnalare il video ‘Affirmed batte un grande Sirlad’, disponibile su Youtube, che rende l’idea di quanto scritto nella parte finale. “Operato nel Kentucky, Sirlad riacquistò una forma eccezionale. Vittoria in una “graded” a Hollywood Park: nella Hollywood Gold Cup, Sirlad impegnerà allo spasimo uno dei più grandi cavalli in assoluto: Affirmed, (secondo a tre quarti di lunghezza dal fenomeno)“.
Affirmed è stato uno dei purosangue più forti di ogni epoca, penultimo vincitore della mitica Triple Crown.
*10 lire incassate ogni 10 puntate, oggi diremmo 1.00