Lucchesi e le sue Azzurre d’Argento: Vi parlerò di un corridoio…

A distanza di qualche mese dal secondo posto al Mondiale di Saragozza con la Nazionale Under 17 Femminile, il coach racconta i valori di un gruppo eccezionale

Dal 2008, anno in cui ha iniziato ad allenare le Nazionali Giovanili, Giovanni Lucchesi ha vinto quattro medaglie (un Oro, due Argenti, un Bronzo) e giocato due Campionati Mondiali, oltre a cogliere due quarti posti all’Europeo.

E’ certamente lui l’allenatore più vincente della storia delle Nazionali Giovanili Femminili. Di Lucchesi, però più che i risultati, colpisce l’umanità. L’innata capacità di insegnare alle proprie giovani il rispetto delle regole e degli avversari più che gli schemi d’attacco.

L’estate 2016 Giovanni l’ha trascorsa allenando l’Under 17 in previsione del Mondiale di Saragozza. Lì le Azzurre hanno vinto una splendida medaglia d’Argento alle spalle dell’Australia. Ecco il suo ricordo, dedicato alle giocatrici.

“Potrei raccontare di abbracci. Potrei raccontare di lacrime e sorrisi, mai di dolore. Potrei raccontare di campi e atmosfere di vero basket, di nasi e sguardi all’insù a vedere una bandiera, la nostra, lì, abbastanza in alto, in mezzo a quelle di chi credi sempre irraggiungibile.

Potrei raccontarvi storie di ragazze con un angelo custode di nome “stupore”, e storie di donne e uomini che questo stupore lo hanno ricevuto, assaporato e assorbito, perché parte unica di un miracolo chiamato “Squadra”. Potrei raccontarvi di mistero e trance agonistica. Di uomini in tribuna a pugni stretti e pelle d’oca per un canestro e per uno sguardo onesto.

Invece voglio raccontarvi di un hotel, di un corridoio, di una stazione che scelgo come simboli di un percorso e di un “vivere” questa esperienza come nessun’altra.

Sapendo che lo dirò della prossima, a prescindere da un risultato.

Sono il luogo dei pensieri, quel corridoio e quella stazione, separati da un vetro lungo 450 metri. Percorso ogni giorno, più volte al giorno incrociando increduli i fisici delle cinesi, delle australiane, delle brasiliane, come sorvolassimo continenti.

Sorridendo al perenne correre di giapponesi e coreane, spesso con le loro pentole per irrinunciabili zuppe di soia. Lungo quel corridoio tutti insieme abbiamo costruito  misteriosamente la nostra credibilità verso il “mondo”.

Lo abbiamo fatto umilmente, come al solito. E questa credibilità si è manifestata durante quel percorso negli sguardi percepiti ogni giorno sempre più diversi di coloro che incrociavano “gli italiani”, noi, “quelle e quelli” che stavano vincendo. Che attiravano attenzione per il cuore grande ogni volta oltre l’ostacolo.

Insieme quel corridoio lo abbiamo vissuto, contato i passi e appoggiato il naso sulle vetrate ad osservare treni che arrivavano e partivano. Stupiti di quello “stupore” agonistico misterioso e meraviglioso che, come un abito, il campo ci confezionava sempre meglio.

Da quei treni scendevano donne e uomini, salivano passeggeri con le loro valigie. Era in fondo il nostro saliscendi sull’altalena delle emozioni, una partita dopo l’altra. Goccia di sudore dopo goccia di sudore.

E treni veloci sono state queste 12 ragazze. Ma nello stesso tempo treni capaci di trainare e trainarsi a loro volta perché il rientro attraverso quel corridoio, sera dopo sera, è diventato sempre più lieve. Sempre più ricco di un patrimonio che nessuno potrà portar loro via. Come i complimenti, le pacche sulle spalle, i “good job” che ci hanno fatto guardare il mondo con fierezza

E in quel corridoio anche l’ultima sera, nella solitudine tipica di chi conosce vittoria e sconfitta perché sullo stesso treno viaggiano, pacatamente abbiamo festeggiato. Camminando silenziosi, con la voglia di sentirci per sempre così. Leggeri e fiduciosi. Lontani dalle corse delle ragazze impegnate a scambiarsi maglie e pensieri.

Per l’ultima volta ci siamo appoggiati alla vetrata e guardato dentro la stazione. Treni immobili e seggiolini vuoti, ma la vera stazione era nel cuore e nel cervello di chi sarà sempre grato a quelle locomotive. Con gambe e testa e cuore d’argento splendente.

Rispetto sempre, paura mai, ragazze: questo è il vero viaggio”.