Matteo Marchi, da Imola fino a New York: “obiettivo” NBA

La storia del fotografo con la passione per il basket che ha varcato l'Oceano in cerca di fortuna.

Matteo Marchi da Imola a New York, obiettivo NBA

Ma che quello a bordo campo che fotografa Kyrie Irving è amico tuo’? Già pare di sì. Da qualche settimana Matteo, per anni colonna portante dell’Agenzia Ciamillo/Castoria, ha deciso di giocarsi le proprie carte a New York. Ne ha tante e belle, noi facciamo il tifo per lui anche se nel suo caso il concetto di “fuga di cervelli” fa fatica ad essere applicato. Poca testa ma talento vero, come quello del Pozz citato nell’intervista…

Che ci fai a New York?
Ho deciso di trasferirmi qui dall’11 ottobre, sono un fotografo e voglio tentare la fortuna come fotografo sportivo qui a New York, dove c’è un mercato che offre molte più possibilità rispetto a quelle che puoi trovare in Italia e in generale in Europa”.

Come nasce la passione per la fotografia?
Non ho mai avuto la passione della fotografia, non faccio foto con le mie Nikon quando non lavoro… ma mi piace molto il mio lavoro, e alla veneranda età di 35 anni credo onestamente di non sapere fare altro. O perlomeno di non sapere fare altro bene come faccio le foto (questo dice la gente… io su di me ho una opinione ben peggiore)

Il giocatore più difficile da fotografare?
Senza dubbio Gianmarco Pozzecco. Non sapevi mai quello che voleva fare! Il segreto di una buona foto è riuscire a prevedere, anche solo di mezzo secondo, il movimento del soggetto; e Poz era sempre super imprevedibile. Pensavi la passasse? tirava. Pensavi tirasse? La passava. L’ho odiato per molto tempo, poi ho avuto l’occasione di conoscerlo e….l’ho odiato molto di più! Scherzi a parte, ero presente alla sua ultima partita da giocatore, e ricordo ancora quel giorno ad Avellino come fosse oggi. E mi viene ancora la pelle d’oca al pensiero di lui che si toglie la canotta e sotto ha una maglia dedicata a Chicco Ravaglia, imolese come me.

Il giocatore più facile da fotografare?
Non esistono giocatori facili, al massimo quelli un po’ lenti forse sono più semplici da ritrarre. Ma quelli lenti generalmente sono brutti da vedere, quindi le foto ne risentono. Insomma… io di giocatori facili non ne voglio vedere!

Il giocatore che ti sei emozionato a fotografare?
Lebron James. Chiunque lo critichi, lo odi o semplicemente non lo apprezzi, dovrebbe vederlo giocare dal vivo. Non esiste NESSUNO nella storia della pallacanestro che abbia mai fatto quello che ha fatto lui, portando in giro un corpo di quelle dimensioni. E’ una bestia che però tratta la palla e vede il gioco come il playmaker di 180 cm di 10 anni fa. Può giocare contro chiunque dall’1 al 4… ma anche 5. In Europa sarebbe un 6, ruolo nuovo che gli andrebbe intitolato!

La partita più bella mai fotografata?
La finale delle Olimpiadi 2012 a Londra, tra Spagna e Stati Uniti. Un cast eccezionale da entrambe le parti, una partita incredibile sotto qualunque punto di vista: tecnico, tattico, fisico, l’ambiente intorno, l’atmosfera olimpica della O2 Arena…insomma il paradiso per uno che fa il mio mestiere.

E quella che non avresti mai voluto fotografare?
In carriera posso dire di aver fotografato tutto, a qualunque livello, dalle Olimpiadi agli amatori. E devo confessare che fotografare una partita è sempre bello, è sempre una ventata di aria fresca che ti toglie dai problemi della giornata. Certo, ho visto partite di serie D che a volte hanno fatto dubitare della mia passione per la pallacanestro….ma tutto quello che ho fatto mi ha portato dove sono adesso. Quindi ne è valsa la pena.

Quanto la tecnologia ha influito sulla creatività di un fotografo?
E’ tutto diverso, ma allo stesso tempo uguale. Sono cambiati gli strumenti, ma si sono ristretti (e di molto) anche i tempi di consegna. Tutto deve essere super veloce, e soprattutto deve essere sintetico. Qualche anno fa si facevano delle gallerie fotografiche da centinaia di foto. Adesso secondo me il fotografo veramente bravo è quello che ti racconta la partita/evento con massimo 20-30 scatti, di estrema qualità e da angolazioni diverse. E riuscire a fare questo è davvero difficile. La tecnologia ha facilitato il lavoro sì, ma chi è bravo emerge comunque. Sta in chi paga riconoscere le qualità di chi sa lavorare; al momento, in Italia, questa è più o meno fantascienza. Il film Avatar è più realistico.

Un sogno.
Poter diventare qualcuno a livello di fotografia sportiva internazionale. Un riferimento per i giovani che iniziano questo mestiere, che sconsiglio vivamente di praticare. Troppa fatica, ragazzi.

Ti emozioni ancora quando fotografi?
Certamente. Specialmente ora che ho ricominciato da zero. Ogni piccola cosa è una conquista; non mi emozionavo per un pubblicato dal 2011, credo. Per quanto riguarda lo scattare… beh sedersi a bordo campo NBA è sempre un’emozione, ma anche quando i campi diventano bollenti per il tifo mi viene sempre quel brividino giù per la schiena: l’ultima volta è stato per Brasile-Argentina a Rio 2016. Non credo di dover spiegare il perché….

Altri sport?
Sì ma niente al livello del basket. Ho fatto tanto motorsport (con l’autodromo a 2 km da casa…ça va sans dire), calcio, nuoto, tennis… Insomma la qualunque, ma poi torno sempre a casa….

Se non avessi fatto il fotografo, cosa avresti fatto?
Non ne ho la più pallida idea. E garantisco di averci pensato spesso, ultimamente. Nel caso mi andasse male questa sfida incredibile qui negli USA, mi sono ripromesso che avrei mollato tutto e mi sarei messo a fare altro. Forse mi metterò a organizzare tornei col mio amico Casa, ma adesso meglio che non ci pensi. Non vorrei portarmi sfiga da solo.

Quando a NY arriveranno Messina, Beli e Gallo per te non sarà un giorno normale…
Beli è già arrivato qua ed è stato speciale. E’ anche l’unico con cui ho un rapporto, con il Coach e con il Gallo ho lavorato poco in passato, quindi non posso dire di conoscerli, ma cercherò di essere presente alle loro partite qui in zona e scambiare quattro chiacchiere nei pre-partita, scroccando qualche consiglio su come sopravvivere oltreoceano!