La Juve, CR7, Sarri e Pirlo, storia di una rivoluzione da completare

Dopo Allegri la Juve esonera anche Sarri e si affida a Pirlo, storia di una rivoluzione che dall'arrivo di Cristiano Ronaldo non è mai stata completata

Per essere il fallimento di un’utopia, la vittoria 2-1 contro il Lione e l’eliminazione dalla Champions League sono stati anche troppo simbolici. Uno stadio vuoto che da sempre rappresentava l’arma in più con i suoi tifosi, un allenatore che a fine partita parla di format spietato visto che in un girone all’italiana con sei vittorie, un pareggio e una sconfitta sarebbe stato primo invece che eliminato (sic), il giocatore più forte che segna due gol ma calcia l’ultima punizione addosso alla barriera. A parte lo stadio vuoto, sono emblemi di una rivoluzione che doveva iniziare nel 2018 e che per la Juve ha rappresentato invece un’involuzione.

Cristiano Ronaldo e Sarri

Paradossalmente, CR7 e Sarri sono legati dallo stesso destino anche se il destino del secondo è una conseguenza forse diretta di una precisa volontà del primo. Quando Ronaldo arrivò alla Juve nel 2018, si pensò che fosse l’ultimo tassello per dare l’assalto alla Champions League, visto che due finali senza di lui erano state perse nei tre anni precedenti. Nessuno all’epoca ragionava sul fatto che prendere Cristiano Ronaldo significa iniziare una rivoluzione e non completare un’evoluzione, perché se hai uno dei due giocatori più forti del pianeta devi avere anche una precisa identità di squadra all’interno della quale farlo rendere. Altrimenti lui renderà lo stesso, lo dimostrano i gol, i record e un dato statistico inesorabile nella sua totalità, ovvero che nelle ultime due edizioni della Champions i sette gol segnati dalla Juve nella fase a eliminazione diretta sono stati firmati dal portoghese, ma la squadra no. Prendete i risultati di CR7 in due stagioni alla Juve: due scudetti e una supercoppa italiana vinti, due eliminazioni in coppa Italia compresa la finale ai rigori con il Napoli a giugno, sconfitta nella supercoppa a dicembre contro la Lazio, eliminazione ai quarti e agli ottavi di Champions League. Senza di lui, la Juve aveva risultati migliori, segnava di più e incassava meno gol. E non prendi lui per vincere quegli scudetti che vincevi anche prima. Marotta era andato via a stagione in corso e forse ora si capiscono meglio i motivi, Allegri aveva chiesto un ampio ritocco soprattutto a centrocampo, l’anello debole da almeno tre stagioni come abbiamo scritto già a dicembre, e la dirigenza ha ritoccato la panchina, cacciandolo dopo l’eliminazione contro l’Ajax per prendere Sarri. Ma quando hai Sarri, come con Cristiano Ronaldo, devi dargli anche certi interpreti per il suo gioco. La Juve non l’ha fatto e l’ibrido che ne è venuto fuori ha scontentato tutti: quelli che volevano la bellezza oltre ai risultati non l’hanno ottenuta, e quelli che volevano i risultati indipendentemente dalla bellezza non hanno ottenuto nemmeno quelli, visto che al netto dello scudetto la stagione dei bianconeri è stata un fallimento concettuale oltre che pratico. Sarri ha provato ad adattarsi snaturando le proprie idee e non è comunque stato metabolizzato dallo spogliatoio, il suo scudetto sarà il meno celebrato tra quelli della striscia, partite memorabili non se ne ricordano, la Champions è finita prima di cominciare e il tecnico è finito dopo appena una stagione. Forse meritava un altro anno, una stagione normale e non l’anomalia nella quale si è trasformato il 2019-20, ma se la Juve cambia allenatore in un’estate nella quale arriverà in panchina Pirlo, un nuovo tecnico che non ha ancora mai allenato un minuto in carriera e dovrà portare la squadra in ritiro tra appena due settimane e con il mercato più indecifrabile di tutti i tempi, significa che la rottura era inevitabile.

Pirlo e le prospettive

Di base, concetto già espresso in passato, da Cristiano Ronaldo in poi Andrea Agnelli ha contraddetto il percorso che l’aveva portato al vertice del calcio italiano e tra le contendenti più credibili di quello europeo perché ha smesso di costruire e ha iniziato a arredare. Niente muri portanti, se non antiche colonne che iniziano a perdere intonaco come Chiellini, Bonucci, Buffon, Khedira, Higuain, tanti abbellimenti possibilmente a parametro zero. Anche CR7 e Sarri possono essere considerati abbellimenti, il primo di livello altissimo e il secondo di personalità spiccatissima dal punto di vista tattico e comportamentale. Ma a nessuno dei due sono stati dati gli strumenti per esprimersi al massimo e se il portoghese è comunque riuscito a esprimersi al meglio, a volte anche condizionando eccessivamente la squadra, il secondo è naufragato in maniera quasi fisiologica. Insomma, non ti serve un tv 75” pollici in una stanza troppo piccola per contenerlo, e non metti in cucina uno chef con idee rivoluzionarie se ai clienti vuoi offrire i piatti tipici della tradizione gastronomica piemontese. La Juve che cambia in panchina e che probabilmente avrà ancora Ronaldo in campo ma non è detto, deve mettere nero su bianco gli ingredienti della rivoluzione mancata e vedere se è in grado di portarli nella dispensa. L’ibrido sta rendendo più sterile l’albo d’oro e una decisione non più rinviabile si è trasformata in un azzardo mai visto nella storia bianconera. Se Sarri poteva avere come precedenti Rino Marchesi e Gigi Maifredi, a cui non andò meglio che a lui, la scommessa di dare la prima squadra in mano ad Andrea Pirlo è ancora più estrema e difficile da leggere, né si può pensare che una dirigenza che ha riscritto la storia del calcio italiano possa rischiare di bruciare un promettente allenatore che però non ha ancora cominciato la sua carriera in panchina soltanto per imitare il Real Madrid che aveva portato Zidane dai ragazzi a tre Champions League consecutive. Potrebbe essere il preludio a un nome di impatto nell’estate 2021 ed è sicuramente una mossa dettata dalla necessità di restituire entusiasmo a uno spogliatoio come minimo freddo nei confronti di Sarri, che ha pagato la poca juventinità e lo scarso appeal su un gruppo di giocatori che per larga parte avevano la testa al passato, al futuro o a un presente fatto più di fisioterapia che di campo. Il fatto che arrivi in tempi così ristretti rende la situazione ancora più difficile. E la prossima stagione ancora più enigmatica, con il terzo diverso allenatore in tre anni nell’anno in cui si darà la caccia al decimo scudetto consecutivo. E la Champions da rincorrere con un debuttante assoluto, non in serie A ma in panchina. Per il momento, il fallimento dell’utopia ha generato un’anomalia: non si era mai vista una squadra esonerare per due stagioni di seguito i due allenatori che avevano appena vinto lo scudetto. E non si era mai vista una squadra passare dall’allenatore più anziano a vincere lo scudetto a un allenatore che non aveva mai allenato prima.