Giro d’Italia batte Tour de France 3-0 (per ora)

Giro vs Tour, nel 2018 la manifestazione italiana si impone 3-0 su quella francese dal punto di vista del percorso, del comportamento degli spettatori e dello spettacolo

Qui non si tratta della solita contrapposizione tra noi italiani e i cugini transalpini, che rimane acuta e sfocia spesso nella rivalità. Il confronto tra Giro d’Italia e Tour de France è fisiologico, quasi automatico, inevitabile perché si susseguono a distanza di circa una mese nella stagione dei grandi giri a tappe e metterli uno di fronte all’altro solitamente aiuta a capirne le differenze, i pregi e i difetti. Solitamente rientra nelle grandi discussioni filosofiche che sfociano nell’esoterico, tipo Beatles o Rolling Stones, Fender o Gibson, Maradona o Pelé, Ronaldo e Messi. Si va a gusti, a preferenze, a dati più spesso soggettivi che oggettivi. Ma se parliamo del 2018, non c’è storia. Anche se non è ancora finito, il Tour perde 3-0 nettamente contro il Giro. E crediamo esistano dati oggettivi per dimostrarlo.

Il percorso

Si sa che l’Italia offre una varietà di scenari naturali, e di terreni da mettere in pasto ai ciclisti, che nessun’altra nazione offre. Non che la Francia scherzi da questo punto di vista. Ma obiettivamente la penisola può offrire una varietà di situazioni che il Tour, per geografia e anche un po’ per scelta, non si è mai potuto permettere di eguagliare. E fin qui è toponomastica. Poi però anche gli orizzonti più suggestivi del mondo perdono di significato se non li misceli correttamente per farne un percorso che abbia le giuste dosi di componenti necessarie al ciclismo. Un grande giro deve essere duro, non ripetitivo, nemmeno scontato, variegato. Deve andare in mano all’uomo che meglio degli altri riesce a interpretarne le difficoltà e le caratteristiche, a volte pendendo verso la salita e altre verso la velocità a cronometro. Il Giro di quest’anno da questo punto di vista è stato tra i più illuminati di sempre. Il picco dell’impresa di Froome sul Colle delle Finestre si è incastrato dentro un percorso con lo Zoncolan, le Dolomiti, l’omaggio a Michele Scarponi, una partenza discussa ma affascinante in Israele, il Cervinia, l’arrivo sui ciottoli della capitale. Tante piccole storie per ogni tappa con un filo conduttore. Il Tour da questo punto di vista è ancora alla ricerca di sé stesso. Lo scorso anno provarono a renderlo insolito e finì con la cronometro di Marsiglia e essere decisiva perché le montagne erano poche e troppo lontane dal traguardo per fare la differenza. Il 2018 sembrava più vicino alla tradizione e finora è stato soltanto più noioso. Strade più larghe, tappe più lunghe o eccezionalmente corte come la diciassettesima, montagne poco incisive che permettono a un team come Sky di controllare senza incognite lo sviluppo della corsa fino alla penultima tappa, quando si attacca per inerzia e non per strategia, perché non c’è più niente da perdere o perché non ci sono più energie nelle gambe per rispondere. E infatti è stata l’unica giornata davvero divertente. Non basta inserire qualche salita monumento. Ci ritorneremo. Non c’è stata storia.

Gli spettatori

Picchi di indecenza non degni sulle strade francesi di un popolo che a conti fatti aveva insegnato all’Europa concetti come illuminismo e rivoluzione. Al Tour si è visto di tutto: inciviltà assortita, gente bevuta di alcool barcollare pericolosamente intorno ai corridori, sputi, ovviamente l’inaccettabile caduta e conseguente ritiro di Vincenzo Nibali sull’Alpe d’Huez. Senza contare la sedicesima tappa sospesa per una protesta dei contadini e la reazione della gendarmeria con gas lacrimogeni che hanno lasciato conseguenze negli occhi dei corridori. E il trattamento riservato a Froome e alla Sky che ha generato mille polemiche, oltre che l’esclusione di Moscon dal Tour. Insulti, spintoni, gavettoni non sempre pieni d’acqua. Il che ha fatto innalzare il nervosismo a vette inesplorate in passato, sia nel gruppo che a bordo strada. Qualcosa dovrà cambiare nella gestione della sicurezza e del pubblico e se in Italia e in Spagna queste cose al ciclista britannico e al team più forte non succedono, non può essere sempre una casualità. E nemmeno può semplicemente essere giustificato dalla mentalità dei tifosi francesi che da sempre culturalmente protestano, anche in modo poco ortodosso, nei confronti di ciò che ritengono ingiusto (nel caso specifico la presenza di Froome per il caso doping, nonostante l’assoluzione completa). Il pubblico italiano ha affollato lo Zoncolan, ha applaudito Froome nella sua impresa solitaria che gli è valsa la maglia rosa, ha incitato e tifato a favore, mai contro. E in un momento come quello che vive il nostro paese a tutti i livelli, non ultimo quello culturale, un esempio di civiltà è una boccata di aria purissima proprio mentre si è in apnea. Proprio il contrario di quella respirata dai corridori in salita costretti a ingurgitare fumogeni nei momenti più faticosi della giornata.

Lo spettacolo

La conseguenza è che il Giro, dentro e fuori la strada, è stato più spettacolare. Percorso studiato meglio, strade più strette, montagne distribuite con saggezza ed ecco che la Sky, capace di addomesticare a piacimento il ritmo sui percorsi più addomesticabili del Tour, ogni volta che arriva in Italia si perde dal punto di vista strategico. Tanto che Froome per vincere il Giro ha dovuto tirare fuori dal cilindro un coniglio che non sembrava appartenere al suo repertorio. Perché al momento il Giro d’Italia è fantasia e capacità, a volte necessità, di improvvisare in giornate capaci di mandare fuori giri anche i più forti. Yates ne sa qualcosa. Il Tour è un copione mandato a memoria che raramente prevede uno strappo al programma. Vederli in sequenza è stato come passare da uno schermo a colori in HD a un tubo catodico in bianco e nero. Se ti abitui al primo, non hai voglia di tornare al secondo. Non è casuale che dei tre grandi giri anche la Vuelta sia al momento più divertente, imprevedibile ed eccitante del Tour. Che al momento può contare sulla sua enorme tradizione e su un fascino che però lentamente sta scolorendo e non può continuare a mantenere una tonalità di giallo accesa solo grazie ai ricordi del passato o dall’importanza che riveste per i francesi e che sembra impermeabile all’immagine che diffonde negli altri paesi. Il Giro è più avanti dal punto di vista della comprensione del ciclismo moderno e della necessità di renderlo più stuzzicante. Tre a zero e palla al centro in attesa del prossimo anno.