L’addio di Marchionne, cosa cambia per la Ferrari

I problemi di salute di Marchionne costringono la Ferrari a una successione inaspettata. Prospettive di un futuro che sembrava radioso e adesso si fa di nuovo incerto

E’ una successione inaspettata, perché figlia di problemi di salute improvvisi e non tecnici come invece avvenne quando Sergio Marchionne subentrò a Luca Cordero di Montezemolo nel 2014. In Ferrari, così come prima in FCA, volarono stracci bagnati da anni di incomprensioni, delusioni e scelte strategiche sbagliate. Marchionne avrebbe lasciato FCA nel 2019 ma sarebbe rimasto alla guida della Ferrari. La vicenda umana è triste e straziante come lo fu quella di Michael Schumacher, altra stella polare rossa, come lo è sempre quando il destino ti taglia la strada senza chiedere il permesso mentre sei impegnato a guidare nella bagarre della vita quotidiana. Ed è diventata ancora più tetra in un fine settimana nel quale Vettel è passato dalla pole position del sabato allo schianto della domenica che ha di nuovo rimesso la sua rincorsa mondiale in salita.

L’era Marchionne alla Ferrari

Invecchiando si impara a riconoscere i propri errori e in tanti sbagliammo a guardare con prevenzione sospetta l’uomo dal pullover perenne alla guida della più prestigiosa avanguardia tecnologica del paese. Fummo ancora più sospettosi al termine del 2016 quando, con una mossa senza precedenti, Marchionne diede alla Ferrari una guida operativa orizzontale e non più verticale, che aveva funzionato con FCA ma che era un inedito assoluto in F1. La gestione sportiva affidata a Mattia Binotto, a Maurizio Arrivabene e a tanti tecnici cresciuti e costruiti a Maranello senza più correre le star della matita di oltre manica, da Adrian Newey in giù. La Ferrari confusa, paurosa sul tavolo da disegno e in pista, smarrita nell’epoca della power unit si è improvvisamente trasformata in una scuderia audace, innovativa, per nulla timorosa di esplorare strade ardite e a volte spudorate di un regolamento cervellotico per tornare al vertice e contendere lo scettro alla Mercedes padrona di questa epoca sportiva. Sembrava impossibile, è successo davvero. Impossibile anche non riconoscere il coraggio feroce di Marchionne in questa iniziativa. La Ferrari, ma non solo. Contestualmente ha riportato in F1 un marchio storico come Alfa Romeo e il binomio con la Sauber doveva servire anche a costruire un serbatoio per mandare in pista sul serio i giovani talenti italiani del volante e non solo a farli girare nelle categorie minori come successo con la Driver Academy. Il tutto inquadrato in un contesto strategico e politico nel quale la presenza di Ferrari, come scuderia e fornitrice di sei macchine sulla griglia di partenza, avrebbe garantito un peso specifico enorme nelle trattative, aperte e incertissime, sulla F1 del futuro, quella che si vedrà nel 2021.

Il futuro, immediato e a medio termine

Erano state mosse alla Marchionne e stavano portando frutti. Li stanno portando anche in pista, con la Ferrari impegnata per il secondo anno consecutivo in un testa a testa per i mondiali con la Mercedes e in netta crescita nel 2018. Che succede senza Marchionne? Difficile prevederlo e difficile anche dare un giudizio su John Elkann, obiettivamente non indimenticabile nel suo precedente alla Juventus. Ma è un contesto diverso. Di sicuro la Ferrari perde due volte nell’immediato. Una guida autoritaria, a tratti visionaria, ma sicura e con le idee chiare nel momento decisivo della stagione. Potrebbe non avere effetti su questo campionato perché la linea è tracciata e la Ges viaggia in autonomia con una struttura ormai consolidata. Ma cambierà molto il prossimo anno, quando si tratterà di fare scelte, rimpiazzare nomi o cambiare loro mansioni nel via vai tipico della F1. Cambierà ancora di più in fase di trattativa sul futuro di questo sport. Per quanto Elkann e Camilleri abbiano capacità di gestione, con Marchionne la Ferrari perde l’uomo forte che le era mancato dal 2007 in avanti, capace di sbattere i pugni sul tavolo, di minacciare apertamente il board di abbandonare la F1 in caso di una formula poco aderente ai principi aziendali, di mettere lo sguardo e la spada su orizzonti troppo arditi o sconosciuti agli altri. Soprattutto la capacità di scegliere gli uomini, che non si impara e non si studia. La rossa era un’entità che dopo troppi scossoni aveva trovato una propria stabilità e ora improvvisamente si ritrova a traballare con un terreno sotto i piedi che ha ripreso a tremare. Difficile immaginare le prospettive, ma non sarà una transizione indolore.