Daniele Cavaliero: profeta in patria, eroe della promozione di Trieste

A 19 anni fu costretto a lasciare la sua città, lo fece con una promessa. "Tornerò e vi riporterò in Serie A". L'ha fatto.

Chiudi gli occhi. Pensa alla tua squadra del cuore. Sogna cosa vorresti fare per lei e con lei, immaginando la cosa più bella che ti possa succedere. Più o meno è questo quanto accaduto a Daniele Cavaliero. Triestino purosangue, che nel 2004 fu costretto a lasciare la squadra della sua città e che pochi giorni fa è stato il grande protagonista della partita che Trieste l’ha riportata in Serie A, dopo 14 anni. Profeta in patria, se ce n’è uno.

Tu protagonista della partita decisiva che riporta la tua Trieste in Serie A. Cos’è? Un sogno? Una favola?
E’ successa una cosa surreale. Sicuramente un sogno che si realizza perché è accaduto esattamente quello che speravo, io e tutti i miei compagni. Riportare Trieste dove merita di stare ed essere decisivo a livello personale dopo aver faticato in gara2. Nel 2004 avevo 19 anni e quando la società fallì e fui costretto ad andare via dissi che un giorno sarei tornato per riportare Trieste in alto. Erano le parole di un ragazzino scioccato e distrutto, non potevo immaginare che tutto quello che avevo ipotizzato si sarebbe avverato. nel 2004.

Cosa è successo domenica mattina al vostro rientro a Trieste?
Un’altra cosa che non immaginavo. Speravo che al ritorno a Trieste qualcuno ci aspettasse, in realtà c’era un bagno di folla e la Polizia è stata costretta a chiudere la strada del PalaTrieste. Incredibile, un mio amico poliziotto è corso ad abbracciarmi prima di iniziare a regolare il traffico. Da lì sono partiti da i festeggiamenti, in pratica tutta ls squadra è rimasta lì, a bere alle 7.45 di mattino insieme alla nostra gente. Questo dice molto dell’ambiente che ci ha spinto verso la Serie A.

L’anno scorso c’eravate andati vicino, quest’anno nei playoff siete stati uno schiacciasassi. Cosa è scattato nella vostra testa?
Abbiamo completato un percorso, mantenere una buona parte della squadra dell’anno scorso ci ha aiutato. La società poi ha aggiunto al roster uomini orgogliosi, capaci e bravi nell’entrare in questo gruppo e farne parte come ci fosse stato da sempre. Dal 16 agosto ci siamo allenati come belve, credendoci dal primo giorno, il 12-1 nei playoff è stato veramente bello perché abbiamo fatto vedere a tutti che eravamo i più forti.

Quando avete capito che ce l’avreste fatta?
Io personalmente a 50 secondi dalla fine di gara3 a Casale, perché prima pensavo solo a fare due punti o a recuperare un pallone. Però è certo che gara3 di Treviso, portata a casa con quella autorità, ci ha dato una grande spinta per vincere ovunque.

A Jesi il momento peggiore della stagione, in Coppa Italia. Lì vi siete ricompattati?
La settimana dopo Jesi sono successe tante cose, eravamo di fronte a un bivio. Sfaldare tutto o ripartire. Un grande merito va riconosciuto a coach Dalmasson, perché in quel momento ha avuto l’umiltà di confrontarsi con noi. Da uomini l’abbiamo apprezzato tantissimo, quella è stata una delle chiavi per una seconda parte di stagione che ci ha visto protagonisti. Abbiamo capito che eravamo vulnerabili, tutti, questo ci è servito per compattarci di più.

Cosa vuol dire per un triestino essere profeta in patria?
Sinceramente non lo so, non voglio fare filosofie spicciole, però ti dico una cosa. Nel corso della mia carriera ho ricevuto diversi complimenti ma l’orgoglio che ho avvertito nei complimenti che mi sono stati rivolti da persone care e anche da sconosciuti non lo dimenticherò mai. Provavo imbarazzo ma percepivo in quelle parole che volevano farmi capire quanto fossero orgogliosi della squadra. Di me. Della promozione.

Ora l’appuntamento più importante della stagione, ovvero sabato il matrimonio di Andrea Pecile… Pronto?
Mi sto preparando da mesi all’evento, provando camicie, abbinamenti vari, per provare ad essere più bello dello sposo anche se so che non ce la farò mai. Sto virando su qualche discorso strappalacrime, per cercare di intenerire qualche bella invitata, ma ho poche speranze e quindi ci butteremo sull’alcol. Andrea e Giulia si meritano tutto il meglio, sono una coppia straordinaria e sono certo sarà un giorno splendido.

Il 28 giugno sarai al PalaTrieste a tifare Italia?
Certamente, sono sempre stato un grande tifoso della Nazionale. Questa è una squadra giovane, c’è il talento e c’è un allenatore come Sacchetti che sa come utilizzare quel talento. Sono certo che gli Azzurri sapranno infiammare il pubblico di Trieste. Poi in campo avrò anche un amico che gioca nella Croazia, Rok Stipcevic.

Cosa farai in estate?
Ancora qualche giorno per metabolizzare questo bellissimo shock, poi il primo di luglio andrò in vacanza due settimane, tra Miami e Los Angeles. Al ritorno, ricomincerò ad allenarmi. Perché ora che l’abbiamo conquistata, la Serie A ce la vogliamo tenere stretta.

Foto Ufficio Stampa Pallacanestro Trieste