Un po’ sbiadito ma l’Arcoveggio c’è ancora

Un pomeriggio d'inverno passato nello storico impianto di Via di Corticella

Intendiamoci, sbiadito, quando riferito all’ippica italiana di oggi, è un signor aggettivo. Non c’è nulla che vada oltre. A Milano, almeno per quanto concerne il trotto, sarebbero più adatte definizioni come scomparso, sparito, disintegrato.

L’ippodromo di Bologna invece resiste, ridimensionato certo, ma c’è.

Giovedì 15 febbraio era giorno di riapertura dopo la breve sosta invernale.

“Web, riapre l’Arcoveggio, dai andiamo”. Parole di Andrea Negri, storica voce del trotto milanese e vecchio amico.

Non vivo più in Italia e fino a martedì 13 ero a Londra. Ma alla fine ce l’ho fatta, anche se con brivido. Lunedì l’aeroporto di London City è stato chiuso per consentire il recupero di una bomba tedesca della seconda guerra mondiale trovata nel Tamigi. Ne trovano una sessantina ogni anno, sparse in tutto il paese. La Luftwaffe faceva sul serio.

Per fortuna è andato tutto bene. Grazie a Met Police e Royal Navy non mi sono perso una grande giornata.

Lo schema è abbastanza collaudato, giornata all’ippodromo e cena da Bertino, in Via delle Lame. Stavolta però il programma ha subito una variazione. Andrea, che nel mondo del trotto conosce tutti, ha saputo che Walter Baroncini, quando andava in trasferta a Bologna, per i tortellini puntava dritto al Diana. Ma andiamo con ordine.

Ci si trova alla fermata MM2 Sant’Ambrogio. “Thanks for All, quello di Orlandi, mi sembra una rapina”. Si sta parlando della corsa Tris. Io non seguo più, non so quasi nulla. “Speriamo che sia a 4.00” aggiunge Andrea.

Ormai con l’alta velocità il centro di Bologna è più vicino di certi quartieri dell’hinterland. Arriviamo in un attimo. Giusto il tempo di fare il check-in al Mercure Bologna Centro e ci dirigiamo verso Via di Corticella. Ai vecchi tempi sotto i portici di Via Matteotti il Bar Caribe, con annessi e connessi, non c’era. Ma ormai è così ovunque e non ci si fa più caso.

Arriviamo con largo anticipo ma le scuderie già brulicano di vita. C’è Paolo Leoni che ci spiega di un cavallo dei suoi “che appena trova la prima fila …”. Avevo da poco iniziato ad appassionarmi alle corse al trotto quando lui vinceva l’Elwood Medium in sulky a Siginda.

Appoggiati alla balaustra che delimita il ciglio esterno della pista vediamo Lorenzo Baldi che sgamba un puledro in vista della prova di qualifica. Poi arriva il Sigarino, noto appassionato toscano. La mia mente, che fu ippica, come d’incanto si risveglia e comincia a registrare preziose informazioni. Si vede anche Alessandro Gocciadoro, la cui scuderia sta dominando la scena. Un tipo davvero simpatico, molto alla mano, con una moglie per metà irlandese.

Nel parterre vero e proprio ci sono solo due picchetti. E qui la distanza coi tempi che furono è abissale. Quote da fame, poco gioco, tristezza.

“Andreone! Cosa ci fai qui?!” E’ l’avvocato Masetti, storico gentleman driver della zona.

“Senti, ma i toscani si sono rovesciati di quello di Orlandi nella Tris, però quello di Lovera, Otto Nec, è uno che parte forte …”

“Ma lo manda via avvocato …”

La mente ippica di cui sopra registra e si accende la classica lampadina: accoppiata scritta!

Ad ogni modo, il cavallo più atteso della giornata corre alla sesta. Si tratta di Zaffiro Jet, con Farolfi. Per sapere come ha sgambato si scomoda persino Andrea Zaccaria. Segno che le voci sono molto buone. Lo Zac non regala nemmeno il fumo della minestra.

E sgamba bene, eccome. Di riffa o di raffa si punta a 3.00/3.50.

Scatta al comando davanti al numero uno, un outsider che non conta. Gocciadoro, in sediolo al favorito Zero di Pippo, riesce a infilarsi in terza posizione mentre più indietro parte Zabriskiepoint Vl, l’altro con chance. Farolfi non ferma, anche perché Esposito, con Zabriskie, lo fa allungare per farsi posto in corda alle sue spalle. 30.2, 30.8 e ancora 30.2 per arrivare all’imbocco della curva finale con Zaffiro Jet che sembra in controllo ma nel frattempo Gocciadoro è riuscito a prenderne la scia in attesa della retta finale. Il parziale conclusivo (31.0) è il più lento ed è fatale al battistrada che negli ultimi metri è superato da Zero di Pippo, pennellato dal Goccia in open stretch. Maledetto, ho anche scritto che mi sei simpatico!

Un viaggio indietro nel tempo. Quante volte ho perso così? Questo, almeno, non è cambiato. Sono quasi contento. Negli anni ottanta i protagonisti erano diversi ma le dinamiche non tanto. Solo giravano molti più soldi e volavano postda (assegni postdatati) dalla copertura perigliosa e incerta.

Per fortuna la corsa tris non tradisce le attese. Otto Nec è agile tra i nastri e prende subito il comando per poi cederlo a Thanks for All. L’ordine non cambierà più sin sul palo. La coppia paga 13.87. Rapina a mano armata si sarebbe detto in altri tempi.

Ora non penso ad altro che ai tortellini del Diana, quelli di Walter Baroncini, che con Newstar vinse il Prix d’Amerique nel 1962. Roba che abbiamo dovuto attendere 40 anni, e Varenne, per vedere un altro driver italiano compiere la stessa impresa.

Nemmeno quelli tradiscono. A noi forestieri, corrotti dal giovanniranismo, sembrano un po’ troppo al dente ma è così che vanno fatti. Ovviamente in brodo. Il resto vale decisamente meno: il luogo è storico ma si capisce molto bene che il meglio lo ha dato da un pezzo. Questo non vuol dire che non ci tornerò. Anzi, lunga vita.