Trentotto anni dopo

E' passata una vita dall'ultima volta che ho fatto la tessera. Erano i tempi di Fraizzoli e Bersellini

Da ragazzo, per alcuni anni, sono stato abbonato all’Inter. Poi ha prevalso l’altra mia passione dell’epoca, quella per le corse dei cavalli. Ai gloriosi gradoni dei popolari cominciai a preferire sempre più i parterre degli ippodromi, trotto e galoppo. L’ultima tessera risale alla stagione 1979-80, quella dello scudetto di Bersellini.

Una tessera di cartoncino leggero, di forma rettangolare, protetta da una bustina di plastica trasparente. Sopra, in colore azzurro, vi erano impressi i numeri corrispondenti alle varie giornate di campionato. Quindici in totale, dato che la Serie A a diciotto squadre sarebbe tornata solo otto stagioni dopo. Ad ogni ingresso allo stadio gli addetti ai cancelli provvedevano a forare il numero della giornata in corso con una specie di pinza. Più o meno come i controllori dei treni.

Quell’anno finì alla grande.

Era il 27 aprile 1980 e noi, primi in classifica con sei punti di vantaggio sulla seconda, la Juve, giocavamo a San Siro contro la Roma. La vittoria valeva ancora due punti, quindi, per la conquista del dodicesimo scudetto, ne bastava uno solo.

Il gol del 2-2 segnato a due minuti dalla fine è lì, immutabile e plastico. Il cross dalla sinistra di Beccalossi e la respinta corta, in tuffo, di Turone che finisce per miracolo sul destro di Mozzini pochi istanti prima che qualcosa di molto simile a una scossa di terremoto travolgesse tutto e tutti.

Bordon, Pancheri, Baresi, Pasinato, Mozzini, Marini, Caso, Oriali, Altobelli, Beccalossi, Ambu (Muraro dal 63′). Per non dimenticare l’ultima Inter autarchica: l’anno dopo infatti giunse a Milano Herbert Prohaska.

Sono passati più di trentotto anni. A scriverlo fa un certo effetto, lo riconosco. Ma se non me lo fossi ricordato così bene, forse, oggi, non avrei fatto quello che ho fatto.

Una follia, a pensarci bene, ma forse necessaria. Mi sono abbonato di nuovo. Il settore ovviamente è un altro, i miei vecchi popolari senza copertura non esistono più.

Dovrò partire almeno un giorno prima, certe volte forse anche due o più. Molte le dovrò saltare. Dipenderà anche dalle condizioni del mare. In inverno i giorni di vento forte non sono affatto rari. Che sia grecale o maestrale, può gonfiare ondacce cattive, da far sembrare un traghetto che porta decine di automobili più leggero di un canottino di plastica. Poi, ci sono sempre quelle due ore scarse di volo.

Non avrei mai pensato di abbonarmi di nuovo, men che meno da quando in Italia non vivo più. Sono stato contagiato dal popolo nerazzurro. Basta vedere quanti posti sono rimasti liberi, e manca ancora più di un mese. Ho cincischiato un paio di giorni, stavo quasi per arrendermi di fronte al fatto che inter.it rifiutava il mio codice postale gozitano. In realtà non era vero, e grazie all’assistenza ho risolto.

Poi, di fronte alla notizia che la Juventus potrebbe prendere Cristiano Ronaldo mi sono deciso. Non ho una spiegazione razionale.

Purtroppo, l’aver tergiversato mi è costato un posto col numero 25, il mio preferito, e la seconda scelta, il numero 1, era disponibile solo in quinta fila. Troppo in basso, non mi piace. Così, mi sono dovuto accontentare di un anonimo 23. Rouge, impair et passe.

OK, se la Juve prenderà effettivamente CR7, sarà fortissima. Ma lo era già. Però il mercato dell’Inter fa sperare, se la squadra si mette a girare come si deve sarà impossibile trovare biglietti buoni. Si pensi ad un Inter-Juve con Ronaldo in campo ad esempio, ma non solo.

E’ come fare una scommessa, la ragione per cui tanto tempo fa finii per non abbonarmi più. Un campionato anonimo significherebbe averla persa, viceversa…

Se c’è qualche indeciso in ascolto, ci pensi.

L’era Suning, dopo molte titubanze, pare finalmente prendere forma, anche se la strada per arrivare a certi innominabili traguardi è ancora lunga.

Secondo Moreno contiamo anche per lo scudetto (dichiarazione resa prima delle notizie su Ronaldo), Ernesto, come me, è più cauto. Il loro abbonamento non è mai stato in dubbio, sono lì, da secoli.

Dopo, ci vediamo al solito posto. Niente scuse.

Amala.