Rivoluzione Ferrari, via Arrivabene, potere a Binotto, è ufficiale

Rivoluzione inaspettata in Ferrari, a due mesi dall'inizio della stagione salta Maurizio Arrivabene e come team principal viene promosso Mattia Binotto

Inaspettata virata dirigenziale alla Ferrari subito dopo le feste. Secondo quanto riportato inizialmente dalla Gazzetta dello Sport, un vero e proprio ribaltone si è consumato a Maranello nelle stanze del potere. Un sisma che ha provocato un cambiamento netto e traumatico nella scuderia e un cambio al vertice della Gestione Sportivo. Questo il comunicato ufficiale:

Dopo quattro anni di impegno e instancabile dedizione Maurizio Arrivabene lascia la Scuderia. La decisione è stata presa di comune accordo con i vertici dell’azienda dopo una profonda riflessione in relazione alle esigenze personali di Maurizio e a quelle della Scuderia. A Maurizio vanno i ringraziamenti da parte di tutta la Ferrari per il lavoro svolto e per aver contributo a riportare la squadra a livelli estremamente competitivi. A lui vanno i migliori auguri per il suo futuro e le prossime sfide professionali. A far data da oggi Mattia Binotto assume il ruolo di Team Principal della Scuderia Ferrari. A Mattia continueranno a rispondere tutte le funzioni tecniche.’

Maurizio Arrivabene non sarà più il team principal e a sostituirlo sarà Mattia Binotto, che da Marchionne era stato portato al vertice tecnico per rilanciare le prestazioni della monoposto con risultati evidenti nel 2017 e 2018. Il rapporto tra i due, sempre piuttosto complicato, è peggiorato nell’ultima fase della stagione, da Monza in avanti, fino a diventare insostenibile alle porte dell’inverno. Di questa tensione tra i due poli della Ferrari si è raccontato per mesi. Ma questo epilogo era imprevedibile. Si poteva forse immaginare la promozione di Binotto, che dal presidente Marchionne aveva ricevuto indicazioni in tale direzione, non i tempi e i modi di una vicenda che scuote profondamente il mondo rosso.

Dopo la scomparsa di Marchionne la posizione di Arrivabene sembrava rafforzata, saldo al timone di comando se possibile con maggiori poteri decisionali visto che fino a quel momento il presidente si era riservato le decisioni più importanti, tra le quali appunto l’assetto dirigenziale della scuderia e la scelta di Leclerc come successore di Raikkonen. Invece il contratto del team principal, per decisione a questo punto di Elkann e Camilleri, non è stato rinnovato e questo ha fatto precipitare gli eventi. Arrivabene paga una gestione confusa nella seconda parte della scorsa stagione, con le accuse aperte al proprio muretto dopo le qualifiche a Suzuka che hanno aperto una spaccatura all’interno della squadra che non è stata più ricomposta. Da quel momento una scuderia già scossa dalla perdita del presidente non si è più ritrovata emotivamente e anche Vettel, l’altro grande colpevole di un 2018 chiuso senza titolo mondiale, è sprofondato ancora di più nelle proprie inquietudini. Un problema, quello del pilota tedesco, che doveva essere affrontato in maniera più convincente.

La Ferrari del 2019 perciò si presenta come un calderone di mille incognite. A circa un mese dalla presentazione della nuova monoposto, a Maranello non hanno ancora un collaudatore cui affidare il delicato ruolo di sviluppatore al simulatore, devono fare i conti con un Vettel in crisi, puntano su un ragazzo dall’enorme talento ma anche dalla smisurata pressione sulle spalle come Leclerc e adesso cambiano a due mesi dall’inizio del mondiale una figura chiave e che sembrava sicura della propria posizione come Arrivabene e la promozione di Binotto che invece a lungo era sembrato sul punto di andarsene, corteggiato da Renault e Mercedes. Abbastanza per spaventarsi e tornare a una frase che proprio Marchionne coniò per inaugurare il 2018. ‘Sarà un capolavoro o un gran casino’. Ma moltiplicata al quadrato.