Milano-Sanremo e la primavera perduta

La Milano-Sanremo che introduce la primavera stavolta non ci sarà. Ma è solo un distacco momentaneo. E nell'attesa, ci gustiamo di nuovo l'impresa di Nibali nel 2018

C’è questo fatto della Milano-Sanremo e della primavera. Cioè, del simbolismo lirico dello sport a cui facciamo sempre riferimento, che non significa proprio soltanto attività agonistica ma un pendolo instancabile che scandisce i momenti degli anni, delle stagioni, della nostra vita. Ora questa corsa, una classica monumento, arriva sempre intorno al 21 marzo che è la data ufficiale di ingresso della primavera. Le gironzola intorno, le rimbalza addosso, la marca più o meno stretta, proprio come i ciclisti che nell’ultimo km si studiano e quasi si fermano in attesa di dare il via allo sprint per la vittoria.

Solo che nel 2020 giustappunto la Milano-Sanremo era prevista esattamente il 21 marzo. Coincidevano, lei e la primavera. A guardare fuori dalla finestra, visto che non ci fanno uscire, in un sacco di parti d’Italia anche il sole e il caldo e i colori si erano aggiunti al trenino in fuga. Milano-Sanremo, primavera, caldo, sole. Senti come appoggia bene. Solo che il 2020 sarà per sempre nei libri di storia l’anno del Coronavirus che arriva e si porta via tutto quello che conoscevamo, compreso il calendario. E’ un rapimento momentaneo, un surplace per usare un altro termine da velodromo, perché la vita ritorna e insieme a lei anche lo sport. Però facciamo i conti con l’immediato e l’immediato ci dice che la Milano-Sanremo nel giorno della primavera non c’è. Ci sono restrizioni, decreti, orari di chiusura anticipati, contraddizioni tipo evitare di stare a contatto con gli altri ma state a contatto con gli altri in fila al supermercato perché decidiamo che devono chiudere prima. Ma anche il ciclismo, tanto, mica è sempre comprensibile.

Per esempio la Milano-Sanremo è un mistero insoluto che va avanti dal 1907. Più di un secolo di storia e ancora non la si è capita, né il suo percorso, né il suo fascino. Come può diventare la più corteggiata del mondo una donna che, centimetro per centimetro, non ha nessuna qualità per accenderti la fantasia e l’attrazione? Ci sono in mezzo quasi 300 km di niente, dalla Lombardia alla Liguria, di un piattume che non sempre è colorato. Perché lassù, pure se il calendario dice il contrario, il termometro dice che spesso è ancora più inverno che primavera e a volte lo dice anche il cielo. Poi se vogliamo dire che la Cipressa e il Poggio possono considerarsi salite diciamolo, ma lo sappiamo che non è vero e il Giro è a meno di due mesi di distanza dal dimostrarcelo. E’ la classica più monotona, più irrimediabilmente pigra, monocorde e indolente del calendario. C’è sempre un momento, è proprio una tradizione trasversale che attraversa il paese, in cui la guardi e dici ‘che palle’. Eppure niente, continuiamo a guardarla tutti gli anni e magari anche a sintonizzarci a 150 km dal traguardo quando invece certe altre corse molto più movimentate e cromatiche, tipo le Strade Bianche, le accendiamo nei pressi del traguardo.

Perché c’è quel discorso del simbolismo. Milano-Sanremo significa partire dalla nebbia e arrivare al mare. Iniziare da dove siamo per raggiungere dove saremo, tra pochi mesi. Sulla spiaggia, o nei suoi pressi. Lo si sente, l’odore del mare. Lo si vede arrivare negli ultimi km, se si guarda con attenzione. E poi sì, il calendario è sempre più dilatato, ma è qui, in questa corsa, che inizi a vedere le bici e i corridori e le nuove maglie della stagione dopo un digiuno di cinque mesi. E’ per questo che le siamo affezionati, pure se quasi sempre finisce in una volata furibonda, pure se è quasi sempre territorio dei velocisti, pure se la Cipressa e il Poggio per quanto vogliamo crederle delle vere salite ormai la selezione non la fanno più.

Stavolta non ce l’avremo e non sappiamo se ci manca di più la Milano-Sanremo, la primavera fuori dalla finestra che possiamo vedere ma non toccare, la normalità come la conoscevamo fino a febbraio o il dubbio che forse tra tre mesi non potremo stare dove stiamo di solito, al mare. Ci vorrebbe un colpo di genio, una frustata all’incertezza, un guizzo che all’inizio ti sembra di essere matto ma poi pensi che tutto sommato si poteva fare davvero. Tipo quello di Vincenzo Nibali nel 2018, in fuga di fantasia in un momento in cui una fuga non sembrava possibile, braccato da una muta di inseguitori che sembravano pronti a riprenderlo e invece no, troppo tardi, battuti da un’idea, stracciati dalla distruzione dell’ordine precostituito. Magari in una giornata vuota come questa e troppo simile alle prossime, ce lo andiamo a rivedere su Youtube. Alcuni sul televisore, i più fiduciosi e incalliti ottimisti, quelli che se la registrano ogni anno e poi magari la cancellano, perché non si sa mai, vai a sapere se stavolta non spunta fuori un capolavoro. Come due anni fa. Siamo in un momento della storia in cui non si sa. Ma sappiamo anche che non sarà ‘mai’.