Ayrton Senna, Gianni Mura e l’arte di spiegare

La scomparsa di Gianni Mura nel giorno della nascita di Ayrton Senna, due uomini che non hanno solo raccontato lo sport, ma lo hanno spiegato

Chiaramente ce lo ricorderemo, il 21 marzo 2020. Quello della primavera che non c’era anche se ufficialmente entrata in vigore, della Milano-Sanremo posticipata e chissà se ci sarà. Quello, anche, della scomparsa di Gianni Mura. Perché c’è solo una cosa peggiore di non avere lo sport nel momento di sospensione della vita di tutti. Non avere più chi quello sport te lo spiegava, e spesso ti spiegava anche la vita.

Ecco, c’è una differenza sostanziale tra raccontare e spiegare. Vale per lo sport, ma anche per tutto il resto. Quello che un tempo si chiamava cronista ha progressivamente perso la propria funzione. Una volta si doveva raccontare un evento perché pochi avevano potuto vederlo. Quelli che c’erano e nella migliore delle ipotesi gli altri che lo avevano visto in televisione. Ma a che serve raccontare una partita o una gara o una tappa di ciclismo se tutti l’hanno già vista, soprattutto su un giornale che esce il giorno dopo nell’epoca in cui internet ha trasformato la cronaca in una diretta ininterrotta in tempo reale? Eppure è pieno di giornalisti che continuano a fare i cronisti. Che continuano a raccontare ciò che probabilmente già tutti, comunque molti, sanno. Gianni Mura era il migliore perché quegli eventi te li spiegava. Ti faceva il come e il perché, non solo cosa. Lo faceva da prima di internet meglio degli altri e lo faceva meglio di tutti anche dopo, perché l’arte di spiegare è un dono raro e prezioso rispetto a una merce ben più comune come raccontare. Quello con cui arredava ogni spiegazione era altrettanto prezioso e frutto della sua preparazione infinita su ogni materia. Se volevi sapere come era andata una partita, potevi leggere ovunque. Ma se volevi sapere perché una partita era andata in quel modo, era da lui che dovevi andare. Una prosa asciutta, essenziale, come si conviene a chi deve andare dentro il significato degli eventi senza limitarsi a circumnavigarne la forma. Il calcio, ma soprattutto il ciclismo. E’ andato via nel giorno della primavera senza primavera, della Milano-Sanremo senza la Milano-Sanremo e oggi che aspettavamo la sua spiegazione di questa anomalia, non avremo nemmeno quella.

Così come non avremo, tra poco da 26 anni, Ayrton Senna. Nato il 21 marzo del 1960, avrebbe compiuto sessant’anni. Senna c’entra altrettanto con la primavera. Chi non l’ha vissuto ma ama i motori ha comunque messo in circolo quel binomio fatale che lega il primo maggio a Imola. Proprio come la Milano-Sanremo, il gran premio di Imola trascinava l’Italia fuori dai primi vagiti della primavera ma dentro l’esplosione di calore e colori che in un paese come il nostro la mescola direttamente all’estate. Anche nel 1994, quella domenica pomeriggio che sarebbe stata la festa dei lavoratori in qualsiasi altro giorno ma ironicamente era già festiva di suo, quella gioiosa sensazione di benessere che ti prende con la bella stagione che avanza si interruppe con uno schianto sordo, lo stesso della curva del Tamburello. I brasiliani, di fronte alla paralisi provocata dal Coronavirus, ricordano che la loro vita in quei giorni si era interrotta in maniera non troppo diversa da adesso.

Senna era un altro che la propria professione non solo la faceva, non solo la raccontava, ma la spiegava. Agli altri, agli avversari, a generazioni di piloti che lo presero come idolo e punto di riferimento in un bagliore che illumina ancora adesso, se è vero che Hamilton aveva un casco giallo in suo onore. Ma la spiegava anche a chi di mestiere non faceva il pilota, perché bastava vederlo guidare per capire. E se poi a volte non bastava, lui te lo spiegava a parole. Spesso in italiano. Ti faceva comprendere che non si trattava solo di girare intorno a un nastro di asfalto, ma c’era dentro tutta la complessa epica dell’essere umano che si tormenta e che rincorre e che raggiunto un obiettivo si mette all’opera per raggiungerne un altro. Senna in qualche modo era l’anello di congiunzione tra il reale concreto e il divino ipotizzato che serve per credere alle opere impossibili, fino a quando non sono state compiute. Molti altri grandi piloti hanno raccontato in maniera mirabile quello che facevano, così come tanti altri grandi giornalisti hanno raccontato in maniera mirabile lo sport. Ma pochi hanno saputo spiegarlo e tra quei pochi c’erano Gianni Mura e Ayrton Senna. La vita sa essere terribile, ma anche impeccabilmente poetica. Se si è presa uno esattamente il giorno in cui era nato l’altro.