
Che sarebbe stata una stagione memorabile per gli allenatori italiani avevamo già iniziato ad assaggiarlo a gennaio. E anche a maggio, quando si è concretizzato un triplete, o poker come vedremo, che per i tecnici azzurri non si verificava dal 1996-97, esattamente vent’anni. A fine stagione Conte ha vinto la Premier League, Ancelotti la Bundesliga, Allegri la serie A e Carrera il campionato russo. Solo per citare chi ha messo in bacheca un titolo. Ma questa stagione ha esaltato il lavoro di allenatori nostrani come Spalletti, Sarri, Gasperini e Nicola.
Conte e il Chelsea – D’accordo, è antipatico. Sicuramente divide. Probabilmente è il Mourinho 2.0, in grado di catalizzare le attenzioni su di lui e disposto a tutto per la vittoria con una capacità tattica che il portoghese non possiede. Però ha vinto gli ultimi quattro campionato in cui ha allenato, tre alla Juve e uno al Chelsea, ricostruendo dalle macerie in bianconero e restituendo vitalità a un ambiente sfinito dalla cura Mourinho a Londra. In mezzo ha trascinato l’Italia a un paio di calci di rigore sbagliati dalla semifinale a Euro 2016. Quasi nessuno ormai ricorda che ha anche trascinato in serie A il Bari nel 2009 e il Siena nel 2011. Non ha vinto una Premier League qualsiasi. Era l’anno della Royal Rumble contro Guardiola, Mourinho e Klopp. E ha rifatto quello che fece nel primo anno alla Juve. Scudetto al primo colpo contro i pronostici, finale di coppa nazionale persa, 2-0 contro il Napoli e 2-1 in FA Cup contro l’Arsenal. In questo momento tutto quello che tocca si trasforma in trofei.
Ancelotti e il Bayern Monaco – D’accordo, era arrivato per riportare la Champions che mancava dal 2013 ed è andato a un paio di fischi incomprensibili al Bernabeu dal ribaltare gli ottavi di finale contro il Real Madrid. Vero, gli è sfuggita anche la Coppa di Germania. E, vero, ha vinto una Bundesliga anomala contro il neopromosso Lipsia che ha vestito i panni di principale antagonista portando in Baviera il quinto titolo consecutivo. Si può discutere se la stagione sia stata un fallimento o un successo ma ha comunque vinto il campionato nel quarto paese diverso dopo il Milan nel 2004, il Chelsea nel 2010 e il Psg nel 2013. E in Spagna ha alzato la decima Coppa dei Campioni al Real Madrid. In molti lo considerano ancora il migliore allenatore italiano in Europa. Sicuramente tra i più vincenti anche se per legittimare la successione con Guardiola deve tornare a fare la differenza in Champions League.
Allegri e la Juve – Tre scudetti consecutivi alla Juve, come Conte. Due finali di Champions League in tre anni (anche se in quella di Cardiff, al contrario di quella di Berlino, ha responsabilità nella sconfitta), molto meglio di Conte anche se la Juve del sesto leggendario titolo è più forte, tecnicamente, emotivamente, economicamente, di quella che iniziava la sua dinastia con il tecnico pugliese. Allegri ha fatto tre double consecutivi, scudetto e Coppa Italia, e dimostrato di essere almeno a livello di Conte sul piano tattico. L’innovazione al 4-2-3-1 di stampo europeo varata a gennaio è stata la variante tattica più golosa della stagione tra tutti i maggiori campionati del continente. Inutile citare Dybala, Higuain e gli altri big. Invece sta svezzando egregiamente Rugani ed ha occhio fine verso i giovani più promettenti, vedi Kean. Per dare ulteriore sostanza alla sua carriera, chissà quando, gli serve un successo all’estero. L’esperienza arriverà.
Carrera allo Spartak Mosca – Lo avevamo già raccontato, dell’ex braccio destro di Conte che quasi casualmente prende le redini ad agosto dello Spartak Mosca, portato a vincere la Prem’er Liga con 69 punti contro i 62 del Cska Mosca, spezzando un’astinenza che durava dal 2001. Era stato uno dei principali attori del risorgimento bianconero accanto al più illustre collega, l’impresa russa potrebbe aprirgli un futuro in serie A, ammesso che abbia voglia di tornare in Italia nel prossimo futuro. Tra tutti il meno conosciuto, ma uno dei più promettenti.
Spalletti, Sarri, Gasperini – La crema non titolata della panchina italiana, per meriti dell’ingordigia juventina più che per demeriti propri. Spalletti fischiato dai tifosi della Roma per la sua gestione di Totti e ormai chiusa la seconda parentesi sulla panchina della capitale ha portato i giallorossi a 87 punti, record societario. Ha fallito nelle coppe ma con una rosa limitata ha mantenuto vivo il campionato fino a maggio e riportato la capitale direttamente ai gironi di Champions League. Sarri al Napoli ha messo in piedi un sistema da 86 punti e 94 gol in campionato, entrambi record societari, e si è fermato solo contro Juve in campionato e Real Madrid in Champions League, le squadre che si contendono l’Europa più pregiata. Gasperini aveva iniziato in maniera disastrosa e le sue idee hanno portato l’Atalanta a 72 punti e quarto posto finale in campionato, altri record societari, facendo esplodere Kessié, Conti, Caldara, Gagliardini. E i bergamaschi tornano in Europa League per la prima volta dal 1991. Merita una citazione anche Nicola, che dopo un’andata da 9 punti ha salvato il Crotone realizzandone 25 nel ritorno. Merito suo e della società che non ha ceduto alla tentazione di esonerarlo quando l’ultimo posto sembrava scritto. Altro nome che potrebbe stuzzicare squadre di fascia media del nostro campionato.