
C’è sempre una curiosa e stretta attinenza tra il calcio e l’attualità. A volte è cronologica. A volte è geografica. A volte, come in questa storia, è entrambe le cose contemporaneamente. Brescia in questi giorni è epicentro di qualcosa che non vorrebbe essere, dell’emergenza Coronavirus insieme a Bergamo e al resto della Lombardia. Esattamente trenta anni fa, il 28 marzo 1993, divenne l’epicentro di qualcosa che non sapeva di essere. Precisamente al Rigamonti, lo stadio in cui per la prima volta i piedi di Francesco Totti assaggiarono l’erba della serie A, più o meno negli stessi minuti del pomeriggio in cui questo articolo veniva pubblicato.
La stagione 1992-93
Di Totti qui abbiamo seguito scrupolosamente la fine, raccontandola e vivendola come un’epoca della vita e non solo dello sport che si conclude. La Roma, e Roma, e l’Europa intesa come ente che si sta sgretolando e che all’epoca stava sorgendo sui tre pilastri di Maastricht, all’epoca erano molto diversi da come sono oggi. La gestione Sensi non era nemmeno iniziata, Ciarrapico era a metà tra la presidenza e Mani Pulite, in panchina c’era Boskov ma nel 1992-93 furono più ombre che luci. Boskov peraltro rimanda al concetto di Sampdoria, artefice come fu del primo storico scudetto del 1991, che qui fa da fulcro alle vicende di Totti e della Roma all’inizio e alla fine del 1993. Stagione disgraziata, dicevamo. Il 17 gennaio 1993 i giallorossi giocano all’Olimpico contro i blucerchiati e non vanno oltre lo 0-0. La classifica alla fine di quella partita mostra da vicino la zona retrocessione, altro che coppa Uefa. La Sud invita la squadra sotto la curva, in molti non sono convinti ad andare, Peppe Giannini da capitano li convince. Vanno, e vengono sommersi di fischi e di ‘andate a lavorare’. Questo il clima, eppure non è che mancherebbe il talento assoluto. Oltre al Principe ci sono in campo un giovane serbo con la dinamite al posto del sinistro, un certo Mihajlovic, un tedesco capace di tutto ma anche del suo contrario ripudiato dalla Juve, Thomas Hassler, e in attacco quel biondo argentino che segnando di nuca aveva tolto i mondiali all’Italia nel 1990, Claudio Caniggia già visto all’Atalanta. In quel marzo, la Roma fa e disfa. Batte il Borussia Dortmund 1-0 con una magia di Mihajlovic all’Olimpico ma poi perde 2-0 al ritorno e addio coppa Uefa ai quarti. Sempre all’Olimpico va sotto 1-0 contro la Juve con un punizione di Baggio e poi la ribalta con il gol vincente segnato sotto il sette da Hassler. Soprattutto smantella il Milan invincibile di Capello nella semifinale di andata della coppa Italia, 2-0 all’Olimpico con i gol di Muzzi e proprio di Caniggia in una progressione memorabile che ancora oggi nei pressi del Tevere si ricorda con commozione.
L’esordio di Totti
Talento in campo ma non costanza, campionato che appena iniziata primavera non offre più stimoli, la semifinale di ritorno contro il Milan a San Siro nella testa e quella trasferta a Brescia del 28 marzo 1993. Sulla panchina dei padroni di casa c’è un altro nome leggendario del calcio italiano ed europeo di almeno tre decenni, Mircea Lucescu. Per Boskov è l’occasione di tentare qualche esperimento, il che significa portarsi in panchina qualche ragazzo promettente della Primavera. Nel calcio giovanile della capitale, Totti era già un nome e la Roma l’aveva scippato alla Lodigiani, che insieme alla Lazio formava il terzetto di potenze urbane nelle quali qualsiasi ragazzino con velleità agonistiche agognava di fare un provino. Aveva sedici anni e condivideva poco, anche somaticamente, con quello che avrebbe preso possesso di Roma nei successivi venticinque anni. Ma la stoffa era identica e infatti Boskov in una insolita amichevole contro l’Austria del 18 febbraio, esattamente un mese prima, lo aveva messo in campo al posto di Giannini in una sorta di simbolica staffetta tra capitani del presente e del futuro. A Brescia la partita si mette bene, segnano Mihajlovic e Caniggia. Sul 2-0 e con spiccioli da giocare, le versioni differiscono. Totti ricorda di essere partito per Brescia dopo avere segnato il giorno prima due gol all’Ascoli con la primavera, di essere seduto accanto a Muzzi in panchina e quando Boskov dice ‘Ragazzo vai, scaldati e entra subito’ pensa che ce l’abbia con quell’altro. Mihajlovic invece rivendica la paternità dell’esordio affermando di essersi avvicinato alla panchina per suggerire al tecnico di mettere dentro il pupo. La Roma andrà in finale di coppa Italia, la più incredibile doppia sfida nella storia della competizione. Perde 3-0 a Torino all’andata, vince 5-2 al ritorno all’Olimpico ma non basta, la coppa andrà ai granata. E la Sampdoria? Giusto, per completare il cerchio. Il 15 dicembre 1993 non c’è più Boskov in panchina sostituito da Mazzone. Si gioca in coppa Italia, ancora. Ritorno degli ottavi. La Roma perde 2-1 all’andata, vince 2-1 al ritorno, supplementari, si va ai rigori. Si qualificano i blucerchiati. Quella fu la prima gara da titolare di Totti con la maglia della Roma.