Messaggioda bastiat » 27/12/2007 - 15:15
Corretto,
salvo che io all'epoca del bookmaker austriaco non feci promesse. Le feci invece all'epoca di Totosì, e credo di averle mantenute. Trascuriamo le m_______e, perchè su cose di poco conto sfido chiunque a non sbagliare mira ogni tanto.
Al Web chiedo umilmente perdono circa l'intervento non annunciato, ma lo ringrazio per il resto.
Sui minimi garantiti scusate se ho concesso il fianco a fraintendimenti, io non intendevo dire che gli imprenditori furono "truffati" perchè è verissimo, si poteva offrire poco e resistere agli eventi successivi senza collassi finanziari. Brevemente, però, la vedo così:
il Bando del 1999 fu concepito sulla base del criterio dei minimi garantiti perchè una valutazione adeguata del mercato sarebbe stata "affare di pochi" (ovvero dei 300 e rotti agenti ippici che partivano con un vantaggio competitivo non indifferente, ovvero l'essere già presenti sul mercato); vantaggio che fu confermato dai rinnovi delle concessioni. I nuovi imprenditori del settore rischiavano di fare calcoli assurdi, ma su questo bisogna anche dire che i dati di stima sui volumi che trapelavano (non certo dal Basso, ma dall'Alto) erano a dir poco assurdi. Sulla base di queste premesse, l'asta fu una guerra selvaggia e le conseguenze furono i fallimenti a raffica di oltre 300 agenzie su 1000 (circa).
Io contesto il criterio del minimo garantito perchè non conforme, da qualunque prospettiva lo si voglia guardare e a mio avviso inequivocabilmente, ai principi del mercato. Primo perchè se uno offriva poco avrebbe dovuto "conguagliare" a fine anno; mentre se uno offriva troppo non vi erano "conguagli" al ribasso; secondo perchè l'imposta unica al tempo era una seconda tassa che sostanzialmente finiva per uccidere qualunque banco, anche il più solido.
Dimostrazione del vero nelle mie parole: cambiò la tassa (si passò ad un'imposta sola), cambiò il valore stesso della tassa (ma sempre sul turn-over, non certo GPT), cambiò il "gestore" (da CONI a AAMS).
Non vorrei passare per difensore del sistema concessorio, anche perchè 3 convegni (2004-2005-2006) hanno sufficientemente cementato pubblicamente la mia posizione in materia. Questo papocchio tutto "italiese" dei siti oscurati, dei ctd esteri, dei ctd italiani, dei punti di commercializzazione, dei concessionari ecc è frutto di una gestione monopolistica del sistema. Oggi anche Maurizio Ughi, Presidente di Snai, invoca il passaggio al sistema autorizzativo per contrastare la proliferazione di punti leggeri, agevolata dai pareri della Corte di Giustizia e recentemente della Cassazione. Quel vuoto normativo che dal 1996 permise al betting shop di sbarcare in Italia (Eurobet, Atlas, Planetbet e, ovviamente, Stanley International) non è stato ancora sanato... o meglio, sulla carta è stato sanato ma nessuno sembra disposto ad applicarlo. Si va verso una normativa europea, nessuno sa quanto ci metterà l'Italia ad adeguarsi (ma anche la Francia sta così, anzi peggio!), quindi il problema delle lavagne ecc io lo vedo da una prospettiva opposta: la "globalizzazione" porterà ad un prodotto betting più competitivo a condizione che il contesto sia uguale e chiaro per tutti. Ma c'è un ultimo problema: il decreto Bersani, che ha sparpagliato oltre 13.000 licenze in tutto lo stivale, creerà non pochi problemi nell'eventuale (ed onirica) messa in pratica di questo cambiamento strutturale delle "regole del gioco".
Scusate per la filippica, ci tenevo solo a precisare alcune idee che dovrebbero essere ormai riconosciute alla luce dei fatti di questi due lustri.
Per il resto, come sempre, sono a disposizione
AA
Perché? Perché mentre il manganello può sostituire il dialogo, le parole non perderanno mai il loro potere... perché esse sono il mezzo per giungere al significato e, per coloro che vorranno ascoltare, all'affermazione della verità .