Sarà possibile rivedere il ciclismo nel 2020?

Rivedremo il ciclismo nel 2020? Analisi e riflessioni sul perché la ripresa di questo sport sarà più difficile di tutti gli altri

Tempi di grande incertezza per le organizzazioni sportive mondiali. La parola d’ordine al momento, con i calendari ipotizzati ma privi di riferimenti certi per la ripresa, è una sola. Anzi due. Rischi zero. Ovvero si potranno programmare le attività sportive quando esisteranno evidenze sanitarie che permettano di svolgere un evento senza mettere a rischio la salute di atleti, staff, dirigenti, addetti ai lavori e spettatori. Questo già di per sé aumenta le incognite. Ma c’è uno sport che più di ogni altro potrebbe pagare l’evolversi dell’emergenza e rischiare di ripartire più tardi degli altri. E’ il ciclismo. Il Tour de France ha provato a spostare in avanti la propria partenza dal 29 agosto al 20 settembre dando un orizzonte temporale concreto alla ripresa dell’attività così come ha fatto l’Uci diramando il nuovo calendario internazionale, ma le domande restano.

L’anomalia a due ruote

In realtà più che di anomalia dovremmo parlare di unicità, che poi rappresenta anche la sua bellezza e contemporaneamente l’ostacolo principale alla ripresa. Tutti gli eventi sportivi si svolgono in maniera statica in un determinato luogo ad un determinato orario. Una partita di calcio in uno stadio. Una partita di basket in un’arena. Un gran premio di F1 o di MotoGp in un circuito. Una gara di nuoto o di atletica in un palazzetto dello sport. Finiscono nello stesso posto in cui sono cominciati. Il ciclismo, fatta eccezione per quello in pista e quindi con riferimento specifico a quello su strada, inizia in un luogo e finisce in un altro. Non solo. Ma nel suo itinerante incedere, attraversa una enorme quantità di luoghi. Pensate per un momento a cosa significhi fare svolgere in sicurezza una partita di serie A. Potreste limitare il rischio facendola svolgere a porte chiuse, senza tifosi. Potreste limitare l’accesso allo stadio riducendo il numero di addetti ai lavori e di giornalisti. Potreste spostare quell’evento in un’altra città se emergessero difficoltà dal punto di vista sanitario. Pensiamo allo svolgimento in sicurezza di una classica del ciclismo o anche a una singola tappa di un giro qualsiasi. Dovreste essere sicuri che non solo il luogo di partenza, non solo il luogo di arrivo, ma anche ogni singolo altro luogo abitato attraversato durante il percorso presentino rischio zero. Dovreste garantire non soltanto che i tifosi rispettino le distanze di sicurezza tra loro, ma anche che rimangano a distanza di sicurezza dai corridori. Se decideste di fare svolgere la gara o la tappa senza pubblico, dovreste garantirne l’assenza per una quantità spropositata di km. Ad esempio per la Milano-Sanremo bisognerebbe essere capaci di impedire la presenza del pubblico su circa 280 km, attraversando due regioni e una quantità enorme di centri abitati. Le incognite aumentano a dismisura e diventano ancora più grandi in caso di un giro a tappe che duri due o tre settimane, come il Tour de France che ogni giorno sposta una carovana di 4500 persone. Come si fa a sapere se in uno qualsiasi dei luoghi che dovrà toccare nei giorni successivi non si sia sviluppato un nuovo focolaio? O garantire che nessuno dei componenti della carovana sia positivo se non addirittura asintomatico ma contagioso? Nel calcio si faranno tamponi ai giocatori ogni due giorni. Come si fa con il ciclismo? La domanda perciò è una sola: è fattibile?

Il rischio per i ciclisti

Il problema di uno sport che inizia e finisce in luoghi diversi non è soltanto logistico, ma anche atmosferico. I ciclisti in uno sport di resistenza e fatica si trovano di fronte anche all’imprevedibilità del meteo. Pioggia, vento, freddo, a volte neve, sole cocente, a volte anche tutte queste condizioni nella stessa tappa. Sappiamo che i sintomi del Covid-19 sono spesso simili a quelli dell’influenza e del raffreddore e sappiamo anche che i ciclisti spesso questi sintomi li sviluppano nel corso di un giro o anche al termine delle classiche più dure come quelle del Nord. Durante il Giro d’Italia 2019, condizionato da un meteo inclemente nelle prime due settimane, una quantità enorme di corridori hanno continuato la corsa con febbre molto alta, tosse, problemi di respirazione. Fino a poco tempo fa, sintomi del genere erano considerati normali e non pericolosi. Da questo momento in avanti, richiedono come minimo un tampone per svolgere un test sulla positività al virus. Naturalmente non abbiamo ancora menzionato il fatto che un plotone composto da 140 corridori vive gran parte di una corsa o di una tappa a stretto contatto, per non parlare degli alberghi e della vicinanza costante con meccanici, preparatori atletici, direttori sportivi, medici, giornalisti, camerieri e cuochi, autisti e forze dell’ordine. E’ probabilmente lo sport che genera il maggiore numero di contatti tra persone e il tutto si ripete ogni giorno in un posto diverso. Bisogna anche ricordare che per fare ciclismo ad alto livello bisogna programmare una preparazione costante e che ha bisogno di tempo per essere svolta. Rimettere velocemente i corridori sulla strada al momento della ripresa rischia di generare problemi non soltanto nelle prime gare che verranno recuperate, ma anche per l’intera stagione 2021. Il fisico dei ciclisti è uno straordinario esempio di resilienza, ma non ha margini di tolleranza infiniti.

Conseguenze

Naturalmente c’è anche un discorso economico che non è secondario. Se non si corre, non ci sono sponsor e non ci sono contratti televisivi. E se non ci sono soldi, ci saranno sempre meno squadre nel prossimo futuro. Per questo garantire lo svolgimento del Tour de France è fondamentale. Meno squadra significa meno ciclisti professionisti in una catena che si riversa fino ai settori giovanili. Di sicuro il ciclismo è lo sport che per questi motivi rischia di pagare il prezzo più alto alla pandemia, mentre paradossalmente la bicicletta al termine dell’emergenza potrebbe diventare il simbolo della ripresa, un mezzo che consente di spostarsi, di fare attività fisica, di mantenersi in forma e di non inquinare. E’ possibile che una ripresa graduale possa significare inizialmente ripartire da eventi particolari come le cronometro e le cronoscalate, almeno per gli amatori, che possono essere organizzate in un singolo percorso di dimensioni contenute e permettono ai ciclisti di non stare a contatto ravvicinato. Per rispondere alla domanda iniziale, le possibilità di rivedere il ciclismo nel 2020 sono inferiori a quelle di rivedere tutti gli altri sport, in maniera direttamente proporzionale alla possibilità di fare svolgere un evento sportivo senza rischi o abbassando la possibilità di rischio a una percentuale sostenibile.