I Rockets si fermano sul più bello, sarà ancora Warriors-Cavs alle Finals

I Warriors vanno in difficoltà nel primo tempo contro la difesa dei Rockets e i canestri di James Harden ma la squadra di D'Antoni si scioglie nel secondo e per il quarto anno consecutivo la finale vedrà di fronte Golden State e Cleveland

I risultati della notte NBA.

Houston-Golden State 92-101 (3-4)

Come i Cavs la notte prima e come i Cavs in trasferta. Il destino della Nba nelle ultime quattro stagioni si conclude sempre allo stesso capitolo, la finale tra Golden State e Cleveland. Non c’è stato niente da fare per Boston, che però è giovane e piena di futuro, non c’è stato niente da fare per Houston, che ha spaventato i campioni anche senza Chris Paul nelle due partite decisive e adesso si interroga sul proprio futuro perché la missione di fermare i Warriors è fallita. Perciò la sintesi, che non si discosta da gara 6. La squadra di D’Antoni inizia fortissimo, scappa sul 24-19 nel primo periodo e poi sul 48-33 sul finale del secondo periodo, frutto inizialmente di un ispirato Harden in attacco, dei suoi compagni che sembrano prolifici e soprattutto di una difesa spaventosamente intensa e lucida che manda in crisi gli uomini di Kerr, distratti in maniera inaspettata per una gara senza futuro. Ma il terzo periodo è territorio di caccia dei campioni e contemporaneamente presenta il conto ai Rockets, che fisiologicamente con una rotazione ridotta a sette uomini e dopo una stagione vissuta sempre a massima velocità non possono giocare 48 minuti di quell’intensità. La crisi di Houston sembra quella di Yates al Giro, all’improvviso non funziona più niente. Non la difesa, con Curry e Durant che si scatenano nel parziale di 33-15 che ribalta la partita, non l’attacco nel quale le triple smettono di entrare tutte insieme e a un certo punto la striscia è 0/27, non è un refuso e non è nemmeno facile riuscire a sbagliarne così tante tutte insieme. Harden si scioglie e parlerà di immensa frustrazione a fine partita, Golden State si mette davanti e gestisce senza nemmeno particolarmente brillare come aveva fatto due notti prima.

Statistiche assortite, con il 48.8% dal campo e 16/39 dall’arco dei Warriors che mandano in archivio 25 assist su 39 canestri di squadra e portano quattro uomini del quintetto in doppia cifra. Durant (34 punti, 5/11 dall’arco e 7/10 ai liberi, 5 rimbalzi e 5 assist) rispedisce al mittente le critiche ed è un fattore decisivo di gara 7, la prima giocata da quando è nella baia. Curry (27 punti e 7/15 dall’arco, 9 rimbalzi, 10 assist e 4 recuperi) si accende offensivamente nel secondo tempo e gli capita sempre più spesso di concentrare i propri sforzi nel terzo periodo gestendosi negli altri. Poi ci sono Thompson (19 punti e 8/13 al tiro con 3 rimbalzi) che si è ritrovato in attacco nel momento giusto e Green (10 punti, 13 rimbalzi e 5 assist) che fa il collante silenzioso. L’assenza di Iguodala ha ammorbidito i Warriors in difesa e Kerr non ha avuto alternative dalla panchina, di nuovo ferma a 7 punti e problema che potrebbe ripresentarsi alle Finals. Con 16 palle perse di cui più della metà del primo tempo Golden State sapeva di dovere aspettare il crollo dei Rockets, che è arrivato puntuale. Alla fine l’estremizzazione del gioco d’antoniano si racchiude nel 7/44 dall’arco, il 15.9% nella gara decisiva, dentro il 40% dal campo e una rotazione ridotta a sei uomini con Anderson e Johnson praticamente non utilizzati. Con quattro uomini del quintetto oltre i 40 minuti puoi spaventare i campioni ma non fermarli, soprattutto se Ariza fa 0/12 dal campo e 0/9 dall’arco deponendo l’uovo e Harden (32 punti, 6 assist e 4 recuperi) dopo un primo tempo spaziale si affloscia fermandosi a 12/29 dal campo e 2/13 da tre. Gordon e Capela (23 e 20 punti, il primo con 6 assist e il secondo con 9 rimbalzi) provano a fare il loro lavoro, ma Houston è senza benzina e va incontro a un secondo tempo da 38 punti che spazza via ogni sogno di gloria.

E’ sicuramente un nuovo fallimento per D’Antoni, che paga le sue rotazioni ridotte, e di Harden, di nuovo incapace di essere leader appena l’assenza di Chris Paul gli assegna un supplemento di responsabilità. Ma con CP3 poteva essere un finale diverso e non bisogna dimenticare che la difesa dei Rockets è stata inaspettata e decisiva in una serie lunghissima, nessuno se lo aspettava da una squadra che ha segnato tantissimo per otto mesi e che stava per battere i campioni costringendoli a giocare a basso punteggio. Kerr a fine partita dirà ‘è stata una fortuna uscire da una situazione del genere’ e ha ragione perché questi Warriors per intensità e circolazione di palla non sono nemmeno lontani parenti di quelli della scorsa stagione. Il motivo lo coglie Klay Thompson dicendo ‘sappiamo che possiamo azzerare un divario in doppia cifra con un paio di minuti di buona pallacanestro’. I campioni sanno di potere cambiare la partita in qualsiasi momento e questo genera dei vuoti di intensità spaventosi, soprattutto a inizio partita. Da giovedì gara 1 nella baia contro i Cavs, che per certi versi hanno problemi e virtù simili. E siamo di nuovo di fronte alla storia, con LeBron James che non può essere battuto da nessuno nella Eastern Conference e rischia seriamente di essere battuto per la terza volta in quattro anni dai Warriors. Ipotesi al momento molto probabile.