Michael Schumacher, il destino e i progressi

La notizia dei progressi di Michael Schumacher è uno spunto di ottimismo e di riflessione. Sul destino dell'uomo e sui progressi della medicina e della scienza

Su questo blog, dalla sua apertura, non era mai capitato di scrivere di Michael Schumacher. Un po’ perché i motori moderni lo relegano in un passato, glorioso ma sempre passato. Un po’ perché da quell’incidente sulla neve, ormai quasi cinque anni fa, di lui non si è voluto fare sapere più niente. Situazione, progressi. Un po’, anche, perché la sua parabola fa male a tutti quelli che non credono nel destino ma si trovano sopraffatti quando scoprono che l’uomo con più titoli mondiali nella storia della F1, cioè lo sport più pericoloso del mondo, ha disputato 308 gare vincendone 91 e rompendosi al massimo una gamba, ma la sua vita è cambiata per sempre per una banale caduta sugli sci. Puoi sopravvivere per vent’anni dentro un abitacolo e rischiare di non farlo mentre ti godi una giornata invernale con la famiglia. Roba difficile da digerire.

All’improvviso appare una notizia sui tabloid inglesi, che fa seguito alle dichiarazioni di Jean Todt che aveva confermato di avere visto il gran premio del Brasile in sua compagnia. Si dice che Schumacher stia meglio, che non è più attaccato alle macchine né obbligato a stare a letto, che ha recuperato un peso normale. Si aggiunge che è seguito da 15 persone e che le sue cure costino 55000 euro a settimana.

Non ci sono conferme, solo indizi che rimbalzano da una parte all’altra del mondo. Il che fa effetto come quando nel 2013 si apprese la notizia. Ce ne volle di tempo per immaginare un campione dei motori immobile, perso nell’oblio di quella fantastica macchina che è la mente umana, di cui sappiamo poco in assoluto e ancora meno quando riporta danni in apparenza irreversibili. Ci siamo abituati a saperlo esserci senza esserci davvero, e adesso che forse c’è davvero sembra un altro sorpasso del destino ai danni di coloro che non ci credono. Una specie di favola, un Ulisse moderno che scende negli inferi e torna indietro quando non lo si credeva possibile.

Ma va avanti il mondo, con e senza i suoi eroi, progredisce la scienza. E’ ovvio che se puoi alimentarla gettandole nel serbatoio una quantità smisurata di dollari forse ti porta al traguardo prima rispetto alle persone dal conto in banca normale, ma come puoi misurare la salute delle persone pesando il loro portafogli? Perciò la notizia vale più di qualsiasi cifra. Fa suggestione perché è uno spiraglio di ottimismo nelle tenebre, perché non sempre ma qualche volta, o sempre più spesso grazie ai passi avanti della medicina, quel destino si può riprenderlo in scia e sorpassarlo di nuovo in staccata. E anche perché l’uomo, il campione, la leggenda stanno per compiere 50 anni, il 3 gennaio esattamente, e i ricordi di chi è cresciuto con la sua rossa, con i suoi duelli contro Williams e McLaren e Renault, i test invernali a Fiorano e i titoli mondiali dopo ventuno anni di digiuno, adesso sembrano di nuovo completi. Non in pole position, almeno per il momento, ma in prima fila sì.