L’Italia campione d’Europa, il trionfo di Mancini

L'Italia batte l'Inghilterra ai rigori e vince un trofeo che mancava dal 1968

A novembre 2017, con l’Italia incapace di segnare una sola rete alla Svezia tra andata e ritorno dei playoff per i mondiali, il mondo sembrava ribaltato e non dalla parte giusta, anzi andava in una direzione che noi non conoscevamo e chi l’aveva vissuta prima ormai non poteva più raccontarla o era troppo vecchio per ricordarla. Gli azzurri fuori da una grande competizione per nazionali non era solo un evento che non si era mai visto nell’epoca moderna, ma era soprattutto il rischio, una prospettiva, un pane duro da mordere che presagiva a epoche in cui ci sarebbe stato poco da mangiare sul tavolo e forse ci si sarebbe dovuti accontentare delle briciole, tipo vedere giocare gli altri nelle partite che contavano o anche, come il mondiale in Russia, vedere giocare gli altri e basta. Tre anni sono lunghissimi, se paragonati alla durata di quella serataccia a San Siro che pure non finiva mai e l’Italia non avrebbe mai segnato alla Svezia anche se fosse durata per sempre, ma sono niente rispetto a, diciamo, un quarto di secolo. Oggi che vediamo gli azzurri sollevare un trofeo che mancava dal 2006, quello degli Europei che mancava dal 1968, le sensazioni sono le stesse però al contrario, il mondo ribaltato e finalmente dalla parte giusta.

Chi se la ricorda la vittoria in casa nel 1968? Nel 1968 c’erano i Beatles, la controcultura giovanile, i venti di contestazione che spazzavano le strade e infiammavano le piazze e una monetina che premiava gli azzurri in semifinale perché all’epoca non c’erano i supplementari, non si andava ai rigori, si faceva a testa o croce per qualificarsi se una partita e la sua ripetizione finivano pari. Non li abbiamo mai sentiti nostri quegli Europei, eppure con gli Europei noi andiamo d’accordo fino (quasi) alla fine. Dal 2000 se ne sono giocati sei e l’Italia è andata in finale tre volte, nel 2000, nel 2012 e nel 2021. Le prime due le ha perse, la prima per un’inezia contro la Francia, la seconda senza storia contro la Spagna. La terza l’ha vinta contro l’Inghilterra, quella che il football deve sempre tornare da chi l’ha inventato ma fa soltanto un saluto veloce a cena perché poi sceglie altre nazioni in cui pernottare, e dormirà da noi per i prossimi quattro anni, che poi è 2021 ma si scrive 2020 perché in mezzo c’è stata pure la pandemia e, dal punto di vista sportivo, la pandemia bisogna pure ringraziarla. Senza di lei si sarebbe giocato quando si doveva giocare, cioè un anno fa, e se un anno dispari è stato trasformato in un anno pari, un sacco di giocatori decisivi di questa nazionale sono gli eroi della vittoria ma non sarebbero nemmeno stati convocati l’anno scorso. Pessina, Locatelli, Berardi, Di Lorenzo ma anche Toloi, forse Acerbi e pure Chiellini che veniva da un lungo infortunio. Chiesa forse non sarebbe stato decisivo senza un anno di apprendistato e sudore alla Juve in Champions League, Barella non avrebbe avuto questa convinzione senza la stagione dello scudetto all’Inter e Spinazzola non si sarebbe trasformato nel migliore terzino sinistro del mondo con un anno e una semifinale di Europa League in meno. Tutti giocatori che erano finiti nel gorgo di scambi con poco senso tecnico e molto senso plusvalentistico, smistati in giro per il paese come pacchi postali prima di trovare la collocazione ideale nelle squadre di club e in nazionale. Donnarumma invece sarebbe stato uguale, quello è un fenomeno che para senza pressione al calciotto con gli amici o un rigore a Morata nella prima semifinale della sua vita o altri due agli inglesi nella prima finale della sua vita. C’è una certa ricorrenza stilistica in questa vittoria, come nel 2006. Vantaggio degli avversari, pareggio di un difensore, successo dal dischetto.

Poi c’è Mancini, che ha scoperto velocemente di essere stato disegnato dal sarto per fare il ct molto più che l’allenatore di club. Quando arrivò disse che gli Europei si potevano vincere e tutti a dire ‘ecco, il solito commissario tecnico che per risollevare l’umore fa pubblicità ai sogni impossibili da realizzare’ e invece si potevano realizzare e infatti a Mancini gli hanno fatto fare la pubblicità di praticamente tutto ciò che si può pubblicizzare e sta negli spot pubblicitari quasi più che a bordo campo a dirigere l’Italia. Disse che si poteva fare e convocò Zaniolo, uno sconosciuto talento tra le migliaia che inondano le rose delle squadre Primavera, e aveva ragione lui. Disse che si poteva fare e poi lo ha fatto davvero e lo ha fatto in modo diverso, facendo giocare l’Italia nel modo in cui bisogna giocare per vincere un torneo. Che non è all’italiana, o alla spagnola, è semplicemente giocando moderno, con la squadra alta e la costruzione bassa, mettendo la palla sui piedi di due registi e facendo correre le ali, tenendo costante il ritmo e pressando gli avversari sul primo possesso. E’ sembrato talmente semplice da diventare scontato, eppure tre anni fa l’Italia ai mondiali non c’era, eppure le squadre italiane ai quarti di Champions League non c’erano. Ora c’è una vittoria da inserire nell’albo d’oro e tutto sommato, se vai a vedere, l’Italia in questo quarto di secolo ha giocato un sacco di finali tra Europei e mondiali, quattro, e un paio le ha pure vinte. Gli azzurri fuori sono un’anomalia, gli azzurri dentro sono la nostra normalità, gli azzurri vincenti sono una logica conseguenza. Di un percorso, di una visione e di una convinzione.