Il post Coronavirus: calendari compressi e il rischio infortuni

Più gli atleti stanno fermi e più tempo serve per recuperare la forma. Un tempo che, se la stagione ripartisse in tempi relativamente brevi, potrebbero non avere

Lo spunto per questo articolo è arrivato da una rassegna stampa americana nella quale i general manager della Nba hanno iniziato a interrogarsi su un argomento che ancora in Europa non sembra essere stato toccato o che comunque è stato appena sfiorato senza essere approfondito. E parte da una domanda tanto semplice quanto essenziale: nel momento in cui si potrà ricominciare a giocare, nel basket ma anche nelle altre discipline di squadra e individuali, quanto tempo servirà per riavere dei giocatori in grado di sostenere fisicamente partite di alto livello? Probabilmente, quasi sicuramente, più di quanto ne verrà concesso per la necessità di provare a completare i calendari. E questo apre una serie di successive domande e considerazioni.

Lo stop prolungato

Il punto di partenza è che gli atleti professionisti non sono abituati a stare fermi così a lungo. Mai, per l’intera durata della loro carriera. Durante la off season possono prendersi una pausa per due o tre settimane, durante le quali non stanno mai completamente fermi e raramente smettono totalmente di allenarsi. Le vacanze significano spostamenti spesso seguendo tabelle di allenamento concordate con le società. Qui parliamo di una permanenza prolungata in casa per un tempo che potrebbe essere molto superiore a un mese. Per quanto ci si possa allenare nel proprio ambiente domestico, soprattutto negli sport di resistenza ma anche in quelli dove il contatto fisico è estremo come basket e calcio, più tempo si passa fermi e più tempo ci vuole per recuperare una forma atletica accettabile. E attenzione che forma atletica accettabile non significa forma per giocare immediatamente delle partite di alto livello. Per quello di tempo ne serve ancora di più. Ma squadre e giocatori potrebbero non averlo. In altre parole stiamo parlando di una ripresa per affrontare la quale servirebbe un tempo dedicato agli allenamenti che rischia di non esserci. Alcuni preparatori parlano di almeno un mese, cioè un arco di tempo minimo, per provare a ripristinare una condizione idonea. Ma in alcuni casi potrebbe essere difficile anche avere due settimane piene di lavoro prima della ripresa delle competizioni.

La questione del calendario

C’è poi un’altra anomalia che rende il tutto ancora più complicato. Quando una nuova stagione comincia, il livello di intensità e di importanza delle partite è progressivo. La serie A è un percorso a tappe, non si arriva subito preparati alle partite decisive semplicemente perché le prime partite decisive arrivano tra novembre e dicembre per chi gioca le coppe, a febbraio per chi ha solo il campionato. La Nba gioca 82 partite nelle quali il livello non è nemmeno vicino a quello che si raggiunge, fisicamente ed emotivamente, nei playoff. Ma che succede quando giocatori che sono stati fermi più a lungo si trovano immediatamente a doversi confrontare con un calendario che propone partite che valgono la stagione? Qualcuno può trovarsi subito a giocare uno scontro scudetto o salvezza. Altri sport potrebbero riprendere la stagione direttamente dai playoff. La stessa Uefa per completare Champions League ed Europa League è pronta a stravolgerne i formati con Final Eight e Final Four, ovvero giocare partite che decidono le coppe in un arco ravvicinato di tempo e uno stress totale, fisico ed emotivo, che condizionerà giocatori che non hanno avuto tempo sufficiente per prepararsi a questi eventi. Sottoporre gli atleti a questo genere di impegni ha una ovvia conseguenza che sta già iniziando a preoccupare i preparatori atletici in ogni angolo del mondo: aumentare esponenzialmente il numero degli infortuni, già in ampia crescita durante una stagione mondiale.

Gli sport di squadra

Negli sport individuali, pensiamo ad esempio alla F1 o al tennis, i risultati e gli effetti della condizione fisica hanno un indice di imprevedibilità più ristretto. Il ciclismo, che è uno sport individuale che si gioca in squadra, ha già un indice più elevato. Ma è negli sport di squadra che le discrepanze rischiano di essere più elevate e generare conseguenze che in questo momento non sono ipotizzabili. Nella Nba si faceva l’esempio che, su oltre 400 giocatori professionisti, si passa da star che hanno un campo e una palestra nella propria villa privata a giocatori che passano la quarantena in appartamenti più o meno grandi ma non dotati delle stesse attrezzature. E’ un discorso che vale anche per i calciatori. E se anche tutti avessero un canestro o un campo a disposizione, la sintesi perfetta è che, come ha detto un gm Nba, non puoi essere in forma per il basket senza giocare a basket. O in forma per il calcio senza giocare a calcio. Per di più, per giocare al livello richiesto da una lega come la Nba o da una competizione come la Champions League. Quello che mancherebbe in una prima fase è un protocollo, che in situazioni normali viene seguito strettamente, sulla prevenzione degli atleti dagli infortuni. Nella seconda fase ci sarebbe bisogno di tempo per permettere ai giocatori di ritrovare la confidenza in allenamento con le situazioni che si ritroveranno ad affrontare in partita. Cosa che non può succedere alla ripresa degli allenamenti, che sono e saranno contingentati e ristretti a piccoli gruppi. Mancherebbe inoltre una base di partenza omogenea, nella forma iniziale degli atleti, che si riscontra nei ritiri o nei traning camp precampionato e che qui salta per le diverse condizioni nelle quali i giocatori hanno affrontato il periodo di pausa. In uno sport di squadra non ti puoi permettere di avere un numero più o meno alto di giocatori che, per cause indipendenti dalla loro volontà, possono ritrovarsi in una forma fisica anche estremamente distante da quella dei loro compagni di squadra. Più è alto il divario e più tempo serve per colmarlo. Un tempo che, con lo sport professionistico costretto a ricominciare il prima possibile per completare i calendari ed evitare il tracollo economico, semplicemente potrebbe non esistere. Ed è un tema di dibattito che, se venisse trascurato inizialmente, potrebbe drammaticamente tornare di attualità subito dopo la ripresa delle competizioni.