Gp Messico pagelle semiserie, Hamilton campione e la Red Bull sospetta

Le pagelle del Messico

Gp Messico 2017 pagelle – Per la F1 diciottesima gara della stagione a sul circuito intitolato ai fratelli Rodriguez.

PROMOSSI

  • Hamilton – Per tutti coloro che ritengono la sua vittoria frutto di deret – fortuna, ecco un altro episodio decisivo. Al via spinge il suo famoso bottone magico per buttare addosso a Vettel altri guai, ma funziona pure troppo bene e nel contatto tra Verstappen e il tedesco finisce per rimetterci la gomma posteriore destra. Niente di male perché anche Vettel deve ricostruire la sua gara dal fondo e vince il mondiale dopo una gara anonima e passata a chiacchierare via radio cercando di capire cosa succede agli altri davanti. Per raggiungere Vettel e Prost a quota quattro titoli mondiali si toglie anche il gusto di sverniciare Alonso, ripensando al 2007 quando la sua carriera decollò mandando in picchiata quella dello spagnolo. E’ stato il più costante nel momento decisivo della stagione. Ma la sorte, quella che comincia con la C maiuscola, da settembre in avanti gli ha dato una bella mano.
  • Red Bull – Ma come è possibile che questi da Sepang in avanti abbiano recuperato due secondi permettendosi di dominare, di motore, una gara nella quale le power unit sono saltate come tappi di bottiglia nell’aria rarefatta? In molti lo associano all’arrivo in Renault di Budkowski, l’uomo Fia che conosce i segreti di tutte le squadre, altri nelle sospensioni attive proibite dallo stesso Budkowski a Red Bull e Mercedes a inizio stagione e forse all’improvviso riapparse nei disegni di Adrian Newey. Rimane il fatto che gli austriaci sono di nuovo tra i piedi, se la giocheranno nelle ultime due gare e forse saranno il terzo incomodo nella lotta mondiale del prossimo anno. Giusto per guastare ancora i sogni di Vettel.
  • Vettel – A un certo punto Verstappen sembra seriamente intenzionato a strappargli anche il record di pole man più precoce della storia. Ma il tedesco gli fa no col dito e inventa un giro strepitoso all’ultimo tentativo al sabato che da solo vale la sua stagione. Ma la resa dei conti è solo rimandata alla prima curva, dove l’olandese come sempre ha la meglio e il tedesco la peggio. Altra gara saltata al via, altra rimonta esemplare, altri sorpassi di alto livello. Nella giornata in cui Hamilton lo affianca a quota 4 mondiali vinti, dimostra che questa Ferrari avrebbe meritato di giocarsela fino all’ultima gara. Ma c’è un ma, e lo trovate sotto.
  • Verstappen – Anche per lui c’è un ma, più in basso. Però quando si tratta di guidare veloce e di staccare all’ultimo sembra già un veterano e invece è il più giovane. Nessun timore reverenziale contro gente che ha vinto otto mondiali, ritmo gara pazzesco, seconda vittoria nelle ultime cinque gare. Nella sua crescita c’è molto della Red Bull, ma seconda parte di stagione luminosa quanto era stata oscura la prima. Anche perché i ritiri adesso sono tutti del suo compagno di squadra.
  • Ocon e Stroll – Il francese, andato in giro sotto scorta perché inviso ai tifosi di Perez, si prende la rivincita in pista e coglie un quinto posto prezioso. Forse non avrà un sedile pregiato in futuro perché quando nasci in un’epoca piena di campioni puoi rimanere ai margini della contesa, ma è forse il migliore pilota della stagione tra i team di seconda fascia. E Stroll, di cui non si parla più perché il suo coetaneo monopolizza titoli e attenzioni, si prende un sesto posto di astuzia e gestione di gara impeccabile. Due giovani migliori di tanti veterani.

BOCCIATI

  •  Verstappen – Lasciando per un attimo da parte le facezie, i risultati della gara e il talento in pista, non può essere che ogni volta che c’è lui in mezzo finisce in un incidente o in un contatto. Sempre. Le responsabilità non sono sempre sue, ma la sua filosofia è pericolosa e recita così: ‘Io non rallento mai, se non rallentate voi è un problema vostro’. Ed è un problema sul serio, con uno che ragiona in questa maniera. Perché se ti pieghi alla sua logica, rischi di perdere posizioni che valgono il mondiale. E se non ti pieghi, rischi di finire la gara in anticipo o di vederla compromessa, come successo a Vettel a Singapore e in Messico. Ed è difficile che, pure se ha 19 anni, cambi testa. Magari un giorno si farà più saggio quando combatterà per il titolo. Per adesso è la mina vagante del nuovo millennio.
  • Vettel – Anche qui, non può essere un caso che quando il testa a testa si fa ravvicinato lui abbia sempre la peggio. Con i nervi a Baku contro Hamilton, con il caso a Singapore contro Verstappen, ancora contro l’olandese nella prima curva in Messico. Sembra soffrire l’aggressività altrui fino a risentire della propria. E se non tiene i nervi a posto, un mondiale con la Ferrari rischia di non vincerlo. Perché se lo scenario è questo, l’anno prossimo tra i piedi avrà spesso l’uno e l’altro. La Ferrari deve migliorare nell’affidabilità e lui nei nervi.
  • I finlandesi – Il podio più casuale dell’anno per due piloti conterranei che da settembre sono andati in vacanza senza chiedere permesso. Entrambi beneficiano del botto iniziale per guadagnare un paio di posizioni ed entrambi passano il pomeriggio ad aspettare la bandiera a scacchi. Raikkonen, infastidito da tutti quei cartelli che invitano a limitare l’alcol alla guida, non ci capisce più niente e spara giri veloci a caso alternandoli ad ampie pause nel ritmo. Bottas vede col binocolo Verstappen ma per una volta che non deve fare il valvassore a Hamilton si trova nella terra di nessuno, troppo distante da quello che ha davanti e da quello che ha dietro. Chissà che succede in Brasile e Abu Dhabi dove è tana libera tutti.
  • Ricciardo – Capitano tutte a lui. Se non fosse chiaro il messaggio che la lattina punta sul biondo psicopatico, i meccanici di nascosto di notte sostituiscono la sua power unit con il motore di una Renault Chamade del ’93. Così in qualifica finisce distante di qualche anno luce, poi gli sostituiscono la power unit facendogli accumulare talmente tante penalità che tanto valeva che partisse dal Texas, infine si ritira a inizio gara senza avere lasciato traccia. Ferrari e Mercedes se lo contenderanno per il 2019. Ma il 2018 sarà terribilmente lungo.
  • Grosjean – Inguardabile. Mirabile nel tentativo, riuscito, di trasformare il motore Ferrari della Haas in un burrito che va più lento anche dei paracarri che intasano le vie di Città del Messico nell’ora di punta. Quando la vettura cammina, lui la stampa su qualche muro oppure contro Alonso, che da quel giorno in Belgio nel 2012 non è mai tenero con lui. Binomio perfetto di una stagione da archiviare in fretta.
  • I tifosi messicani – Si sa che sono calienti e, da personcine perbene, hanno trovato modo di recapitare a Ocon minacce di morte per i ripetuti contatti avvenuti con il compagno di squadra Perez che è l’idolo locale. Nel fine settimana il pilota Force India è dovuto andare in giro con la scorta e pareva una puntata di Narcos. Si sta esagerando.