
Non abbiamo preso in considerazione quelli dell’Italia, di cui abbiamo parlato per tutto l’anno e di cui riparleremo a parte. Qui ci focalizziamo sui giocatori stranieri più interessanti dell’Europeo Under 21 divisi per girone.
GIRONE A
Jordan Pickford (Inghilterra)
Nonostante la stagione disastrosa del Sunderland, questo giovanissimo portiere è riuscito comunque a ritagliarsi copertine importanti dell’ultima annata di Premier. Il suo rendimento è risultato essere talmente sopra le righe, da aver convinto l’Everton a spendere 34 milioni di euro totali, pur di strapparlo ai «Black Cats»: trattasi della seconda cifra più alta mai spesa oltre la Manica per un portiere (il record assoluto spetta al City di Guardiola e, più in particolare, ad Ederson). La storia personale di Pickford ha subito una rapidissima ascesa nel giro di meno di 12 mesi: dopo innumerevoli prestiti nelle leghe britanniche minori, la scorsa estate il ragazzo era stato scelto quale secondo portiere designato, per la stagione 2016/17. Poi, dopo la seconda giornata di Campionato, il titolare Mannone si infortuna al gomito: quella “sliding door” ha cambiato totalmente il futuro calcistico di Pickford. E di Mannone, ovviamente. Nemmeno l’acquisto in extremis di Michael Simões Domingues (meglio “noto” come Mika) ha potuto interromperne l’ascesa. E ci mancherebbe pure, aggiungiamo.
Best Case Scenario: diventare un portiere finalmente affidabile per la nazionale inglese.
Calum Chambers
Probabilmente l’elemento più conosciuto della rosa inglese, Chambers è uno dei tantissimi prodotti del vivaio del Southampton. Acquistato a suon di milioni (circa 20, per l’esattezza. Di euro, s’intende) dall’Arsenal tre anni fa, il giovane terzino ha tuttavia trovato ben poco spazio, nella sua avventura con Wenger, a causa anche dell’esplosione di Héctor Bellerín. Per rilanciarsi, lo stesso Chambers ha dovuto “emigrare” in prestito al Middlesbrough, dove ha ritrovato continuità di prestazioni e, soprattutto, di rendimento. Per quest’estate, immaginiamo che le sue speranze siano principalmente due: la vittoria del torneo con la Nazionale under21 e la volontà del Barcellona di riportare a casa l’usurpatore spagnolo.
Best Case Scenario: Héctor Bellerín (bisogna ammetterlo, questa è stata cattiva).
Lewis Baker
Calcisticamente svezzato in una delle Academy più floride del panorama europeo, ossia quella del Chelsea, il percorso di Baker non poteva che passare in quella che, a tutti gli effetti, rappresenta una succursale del club londinese, ossia il Vitesse. Parcheggiato in Olanda da ormai due stagioni, il ragazzo è comunque riuscito a ritagliarsi uno spazio e dei numeri importanti. La speranza è che anche Conte, presto o tardi, riesca ad accorgersi di questo talento, evitandogli le varie peregrinazioni che, nel recente passato, hanno dovuto subire moltissimi prodotti del vivaio. Forse, in questo modo, il Chelsea riuscirà ad evitare un’altra perdita dolorosa come quella di Solanke, da poco divenuto ufficialmente un nuovo giocatore del Liverpool. Del resto, nell’edizione 2013/14 della Youth League (spesso rivelatasi terra di falsi Dei e promesse mal riposte, questo va detto), lo stesso Baker era risultato uno dei giocatori più dominanti. Probabilmente il migliore, insieme a Marcos Lopes e, soprattutto, a Munir El Haddadi e Sanabria, nonostante le sole tre partite giocate da quest’ultimo, prima del trasferimento in Italia. Al Vitesse, era arrivato da trequartista/esterno offensivo, ma con il tempo ha indietreggiato il proprio raggio d’azione. Ormai mezzala dinamica e moderna, tecnicamente sopraffino, sa giocare abilmente con entrambi i piedi, possiede doti balistiche non indifferenti ed è capace sia di condurre il gioco tra le linee, sia di muoversi “off the ball” con il giusto tempismo. Per lui, adesso, è arrivato il momento di tornare a casa. Magari, con un titolo continentale in più sul curriculum.
Best Case Scenario: Georginio Wijnaldum.
Bartosz Kapustka (Polonia)
Fisico longilineo, tiro dalla distanza impressionante, ottima rapidità di pensiero e di esecuzione: in pochissimi punti, questa è una buona descrizione del nuovo gioiello del Leicester e della Nazionale polacca, con la quale il ragazzo non solo ha già esordito, ma è addirittura partito da titolare, nell’esordio all’Europeo dello scorso anno, contro l’Irlanda del Nord. In quest’ultima stagione di Premier, tuttavia, si è dimostrato ancora fisicamente troppo acerbo, per competere a livelli che richiedono determinati standard fisici. Eppure, le speranze della Polonia di far bene in questo torneo, davanti il proprio pubblico, passano principalmente dai suoi piedi, anche a causa delle assenze “forzate” di Milik e Zieliński.
Best Case Scenario: Javier Pastore.
GIRONE B
Rúben Neves (Portogallo)
Gioiello preziosissimo del Porto, non ci sono dubbi sul fatto che Neves sia una delle stelle più attese di questa manifestazione. Trattasi di un regista di centrocampo con ottima visione di gioco, piede destro telecomandato e tiro dalla distanza notevole. Il suo repertorio tecnico e balistico varia dalle conclusioni al volo, ai cambi di gioco di 20 metri, passando per verticalizzazioni millimetriche che farebbero felici tutti i Bacca di questo Mondo, i quali, invece, devono convivere con gli José Sosa ed i Kucka della situazione. Ha esordito nella Primeira Liga nell’Agosto del 2014, giocando contro il Maritimo e trovando subito la via del gol: con quella rete, è diventato il calciatore più giovane a segnare in Campionato. Inoltre, pochi giorni dopo, scendendo in campo in Champions League contro il Lille (lasciando questo biglietto da visita, tra l’altro), ha superato il record di Cristiano Ronaldo quale portoghese più giovane (again!) ad aver esordito in una competizione Uefa per club. Senza ulteriori giri di parole: predestinato.
Best Case Scenario: Deco.
Renato Sanches
Già vincitore da protagonista dell’Europeo conquistato dalla Nazionale maggiore portoghese lo scorso anno (grazie al quale è diventato il marcatore ed il vincitore più giovane della Storia del torneo), Sanches spera ora di bissare il titolo continentale, anche se con la Nazionale minore. Per strapparlo dalla bottega carissima del Benfica, il Bayern Monaco, dodici mesi fa, mise sul piatto del club lusitano ben 35 milioni di euro. Cifra che potrebbe toccare perfino quota 80 milioni, in caso di raggiungimento, da parte del giocatore, di determinati traguardi sportivi, più o meno improbabili (tipo la vittoria del Pallone d’Oro entro il 2021). Eppure, tutti i difetti che si portava dietro fin dal suo arrivo a Monaco di Baviera, ancora non sono stati del tutto smussati. In fase di conduzione del pallone, in cui risulta essere di difficile contenimento per chi prova a contrastarne la corsa, soprattutto in situazioni di transizioni veloci, deve tuttavia ancora affinare molto la sua efficienza di gioco: quando la palla transita tra i suoi piedi, a volte sembra che l’unica sua fonte di appagamento consista nel dribbling, anche quando la razionalità dell’azione direbbe altro. Questo difetto lo porta a cadere nel paradosso di vanificare, a causa della propria ostinazione nel tenere la palla, tutto il vantaggio che aveva racimolato con il primo smarcamento. La sua predominanza fisica è per lui una costante fonte di tentazione per la ricerca di una risalita del campo esclusivamente attraverso lo sfruttamento dei suoi indubbi vantaggi atletici e tecnici, ma che di fatto lo estraniano quasi completamente dal contesto, con compagni che, più che muoversi in sincronia, quasi aspettano di vedere e/o tentano di capire cos’ha in mente di fare. Tuttavia, vedendolo danzare con quella palla incollata agli scarpini, difficilmente sorge l’impressione di star assistendo al più classico dei giocatori che fondono insieme edonismo ed egoismo calcistico. Semplicemente, la fatica nel direzionare il proprio gioco verso una qualche forma di pratica economicità, è dettata da una mancanza di lucidità nelle scelte: in questo senso, il dribbling per Sanches rappresenta una possibilità di temporeggiamento, in attesa del momento favorevole o del risolversi spontaneo di una situazione. Una sorta di mediazione con i ritmi stringenti del Calcio moderno, insomma. Appena imparerà a dar via la palla prima anche in situazioni di caos ed a prendere le scelte più giuste, senza seguire il proprio istinto, riuscirà a compiere l’ultimo step che ancora gli manca, per la completa maturazione: ossia, il passaggio dall’essere un giocatore di difficile contenimento, al diventare un giocatore determinante.
Best Case Scenario: Clarence Seedorf.
Andrija Živković (Serbia)
Il talentuoso esterno serbo, classe ’96, è reduce da una stagione al Benfica in cui ha faticato molto a scalare le gerarchie di squadra. Eppure, non c’è dubbio che la lungimiranza del club lusitano, che per strapparlo al Partizan ha dovuto battere la concorrenza di molti altri club appartenenti all’élite europea, un giorno sarà ripagata dalla solita, ormai quasi proverbiale, plusvalenza “monstre”. Zivkovic è un esterno offensivo dal fisico brevilineo, un ottimo fiuto per l’ultimo passaggio ed una rapidità di passi che, sia in spazi brevi, sia in progressione, lo rende temibile nel saltare il diretto avversario. Possiede un sinistro educatissimo e spesso in patria il giocatore veniva schierato sulla fascia destra, ma con licenza di accentrarsi e di rientrare per il tiro.
Best case scenario: un Dušan Tadić con meno atletismo.
Marko Grujić
Fisicamente di tutt’altra stazza rispetto al connazionale appena trattato (supera i 190 centimetri), Grujić ha già dato prova di potersi disimpegnare in diversi ruoli del centrocampo, anche se il suo impiego più naturale rimane quello di mezzala. Possiede un’ottima capacità di difesa della palla, direttamente correlata alla stazza fisica, grazie alla quale riesce a mantenere il possesso anche quando pressato in situazioni spalle alla porta. Il suo difetto tecnico maggiormente evidente, invece, consiste in una sensibilità nel tocco che ancora va affinata per bene: le sue intuizioni geniali non sono sempre supportate dalla pulizia e dalla precisione dei passaggi. Tuttavia, a questi livelli, il suo predominio atletico dovrebbe essere considerato illegale e questo è dimostrato pure dall’ultima stagione di PDL (ossia la Lega di sviluppo britannica, un po’ come il nostro Campionato Primavera). Pur non essendo un fulmine, la sua intelligenza tattica gli permette di farsi trovare puntualmente nel vivo dell’azione, anche quando si tratta di difendere. Difficile credere che anche in quest’Europeo non possano ripetersi le medesime situazioni (fisicamente in pochi possono competere), eppure, se Grujić vorrà ritagliarsi uno spazio importante pure in prima squadra (sia nel Liverpool, che con la Nazionale serba), sarà importante per lui affinare la qualità nei passaggi: del resto, uno dei modi migliori per sfruttare la propria forza, consiste nel riuscire a controllarla e dosarla.
Best case scenario: Sergej Milinković-Savić.
Tutta (o quasi) la rosa della Spagna
Impossibile procedere ad un elenco dettagliato, per un Dream Team del genere: basti pensare che due dei loro migliori prodotti hanno già segnato in una finale di Champions League, includendo anche i calci di rigore del 2016. Il movimento calcistico spagnolo è davvero anni avanti, rispetto al resto del continente. Dire che questa Spagna è La Favorita del torneo, sarebbe pure fin troppo riduttivo. Eppure, la favoletta secondo la quale nel Calcio non esiste mai nulla di scritto o di certo, ogni tanto si trasforma perfino in realtà.
Girone C
Max Meyer (Germania)
Fantasista brevilineo e con un bagaglio tecnico già elevatissimo, il giovane talento è il faro su cui si concentreranno le speranze di successo dei tedeschi. Sebbene il cambio di modulo voluto dal tecnico Kuntz, passato dal 4-2-3-1 al 3-5-2, sembrava potesse un po’ limitarne la fantasia, in realtà Meyer è stato tra i principali artefici della cavalcata della Nazionale under21 alle qualificazioni per questo Europeo, chiuse al primo posto ed a punteggio pieno del settimo raggruppamento, grazie alla conquista dei 30 punti, su altrettanti disponibili. Nonostante la giovane età, Meyer ha alle spalle già più di 100 presenze in Bundesliga ed è, ormai da quattro stagioni, uno dei leader tecnici dello Schalke 04. Era stato “avanzato” in prima squadra per sopperire all’addio di Holtby, ceduto nel 2013 al Tottenham: si può tranquillamente affermare che dalle parti di Gelsenkirchen non ci hanno assolutamente rimesso, nel cambio. Anzi. Possiede una rapidità notevole, alla quale unisce un controllo di palla che gli permette di poter ricevere tra le linee e di trovarsi a puntare subito il diretto marcatore, quasi in un unico movimento. La sua caratteristica principale rimane il dribbling negli spazi brevi, fondamentale che riesce a sublimare con un baricentro basso grazie al quale sposta il pallone in puntuale anticipo sugli avversari. All’inizio della sua carriera, agiva quasi esclusivamente da esterno offensivo della corsia mancina, ruolo che gli permetteva di rientrare sul suo destro per provare l’ultimo passaggio o tentare triangolazione al limite dell’area, al fine di liberarsi al tiro. Tuttavia, la scarsa efficacia nell’utilizzo del mancino, rendeva abbastanza limitato e prevedibile il suo set di movimenti. Nel tempo, dunque, ha cominciato ad accentrare sempre di più la sua posizione, fino a trasformarsi, specialmente in quest’ultima stagione, in trequartista a tempo pieno, nel 4-2-3-1 di Weinzierl (con Caligiuri e Choupo-Moting spostati ai lati dell’attacco), se non addirittura in seconda punta, quando veniva rispolverato il 3-5-2. Uscendo dalla “comfort zone” della fascia, Meyer ha ampliato parecchio il suo raggio d’azione e, soprattutto, la propria prospettiva di gioco. Con l’accentramento della sua posizione, anche i raddoppi finalizzati a direzionare il suo dribbling (che lo costringevano ad usare il mancino più di quanto avesse voluto) sono stati disinnescati, liberando a pieno tutta quell’imprevedibilità in 1vs1 che lo ha reso uno dei pezzi pregiati della Bundesliga.
Best Case Scenario: Mario Götze (possibilmente, prima del crollo delle sue prestazioni, avvenuto a seguito della stagione 2014/15);
Worst Case Scenario: Lewis Holtby, ovviamente.
Serge Gnabry
Probabilmente destinato a diventare, tra qualche anno, uno dei più grandi rimpianti di Wenger e di tutto l’Arsenal, Gnabry è reduce da una stagione che lo ha rilanciato totalmente, dopo i grigi anni inglesi. Non a caso, è da poco stato ufficializzato il suo passaggio al Bayern Monaco. A tutte le caratteristiche tipiche di un ottimo esterno offensivo (velocità, rapidità di gambe, dribbling secco, etc. etc.), l’ex-Gunners aggiunge una prestanza fisica notevole, nonostante i soli 173 centimetri dichiarati. Torello abbastanza difficile da arginare, specialmente se preso in progressione, Gnabry sa tuttavia muoversi anche molto bene (meglio di tanti altri pari-ruolo con quelle caratteristiche, perlomeno) lontano dalla palla, con buon tempismo e capacità di dettare i passaggi alle spalle della difesa. Deve ancora imparare a dialogare meglio con i propri compagni. Molto spesso, infatti, dà l’impressione di non saper cambiare idea in corso d’opera: quando parte con l’intenzione di dribblare per liberarsi al tiro, difficilmente rinuncia ai suoi progetti, anche a costo di forzare soluzioni con scarse percentuali di buona riuscita. Sotto questo aspetto, dovrà cambiare presto approccio, per poter trovare spazio in mezzo a tutti i campioni del Bayern Monaco: del resto, leggere ciò che accade intorno a sé, per poter prendere la decisione giusta al momento più opportuno, in un contesto in continua reazione allo svolgimento dell’azione, è una delle discriminanti del Calcio moderno. Se la capacità di previsione del gioco è ciò che distingue gli ottimi giocatori dai fuoriclasse, la comprensione delle dinamiche di gioco è il minimo comun denominatore necessario per evitare di vanificare tutto quello che di buono si riesce a creare grazie alle proprie doti ed alle qualità tecniche.
Best Case Scenario: un Alexis Sánchez un po’ più fisico, ma molto meno associativo.
Worst Case Scenario: David Odonkor.
Patrick Schick (Repubblica Ceca)
Difficile aggiungere qualcosa di nuovo su questa perla della Sampdoria (ancora per quanto, è un altro discorso). I suoi numeri, intesi sia in senso tecnico che quantitativo, abbiamo imparato a conoscerli bene più o meno tutti, a queste latitudini. Perlomeno per quanto riguarda il Campionato italiano. Aggiungiamo allora quelli che ha collezionato alle qualificazioni per quest’Europeo: 10 gol in 9 partite. E’ ora che il miglior dodicesimo uomo (se non anche il miglior esordiente) della stagione di Serie A appena conclusa, provi adesso ad andarsi a conquistare un premio ben più importante: quello di MVP della manifestazione.
Best Case Scenario: Patrik Schick.