Andrea Pecile lascia il Basket. Un Campione mai banale. Un Amico vero!

Il playmaker triestino entrerà come dirigente nella Pallacanestro Trieste, a pochi giorni dalla finale playoff persa con la Virtus Bologna.

Andrea Pecile ritiro dall’attività. Un campione mai banale, un amico vero.

L’altro ieri ha detto basta, citando prima Massimo Gramellini e poi Pete Maravich. Nel suo stile. Divertito. Sereno …sempre… Andrea Pecile ha lasciato la pallacanestro giocata ma il basket continuerà a colorare tutte le sue giornate, di questo potete stare certi. Conoscendolo. E io lo conosco bene.

Sunshine ha deciso di lasciare quando il suo Sole è ancora alto, col calore diffuso dei 7.000 del Palatrieste e l’abbraccio della sua Giulia che tra un anno sposerà. Dal tramonto all’Alma, verrebbe da dire, ma Pec quel Viale nostalgico non l’ha voluto imboccare anticipando il ritiro, a pochi giorni da uno dei momenti più esaltanti di una carriera tutt’altro che banale.

Ancora una volta Pecile è andato controcorrente, prendendo tutti in contropiede con una conferenza stampa salutata da lacrime trattenute e un lunghissimo applauso liberatorio. Spontaneo. Sacrosanto. Per quanto Pecile ha fatto vedere in campo e per la gioia (lui preferirebbe serenità) portata in campo ogni benedetta domenica. Gli esordi a Ragusa con Lambruschi che lo chiamava Adriano per le movenze da Molleggiato, poi “California” coniato da paro Zorzi, i tanti spostamenti, in Italia e in Europa, viaggi che a un triestino purosangue come lui hanno fatto il solletico. Ogni volta la stessa carica, ogni volta lo stesso sorriso.

La Nazionale trovata con l’Europeo da protagonista nel 2001, gli anni di Granada che l’hanno consacrato come uno degli esterni più affidabili dell’ACB, il rapporto complicato con la Maglia Azzurra, il rientro in Italia e finalmente la maglia della Pallacanestro Trieste indossata per gli ultimi due anni di carriera. Stagioni nelle quali Pecile ha iniziato più che in passato a pensare “oltre”, rinunciando a qualche migliaia di euro per inserire nel contratto clausole che lo aiutassero a lanciare il proprio marchio di abbigliamento.

L’hardware di un esterno forte fisicamente, con punti nelle mani ma tanta voglia di giocare per i compagni, la patente di playmaker “di rottura” appiccicata addosso per troppi anni. Il software di un ragazzo semplice, cresciuto in una famiglia straordinaria e tra gente che insieme a lui è rimasta sempre con i piedi per terra.

Il look stravagante e la lunga coda bionda per anni gli hanno appiccicato l’etichetta del personaggio alternativo, fuori dagli schemi, di uno “difficile”. Diffidenza immotivata. Perché Pec, al di là della Serenità predicata per decenni a tutte le latitudini, ha sempre avuto nella capacità di risolvere i problemi la sua più grande dote. Leadership diffusa e distribuita, raggi di sole tiepido e rigenerante. Senza proclami, mai una parola fuori posto. Poi certo, anche l’Olimpiade delle Clanfe. Ralph Super Maxi Eroe. Il fumetto. Il Tropics Camp. Le magliette Sunshine. Mbe? Non si è mai preso troppo sul serio ma molto sul serio ha sempre preso tutto quello che lo circondava. Famiglia. Amori. Lavoro. Amici.

Scrivo di pallacanestro dal 2001 e ho conosciuto centinaia di persone fantastiche ma sono diventato amico di un solo giocatore, nel senso più ampio e profondo del termine. Lui si chiama Andrea Pecile. Al mio primo anno a Superbasket, fui inviato a Pesaro per intervistarlo, pochi giorni dopo il suo Europeo vissuto da stella inattesa.

Ci incontrammo in un ristorante e la prima mezzora la spendemmo per parlare del New Beetle verde che lui aveva appena comprato e che io sognavo da tempo (consumi, abitabilità, prestazioni…). Parlammo di tutto, dall’attentato dell’11 settembre al nuovo PES per la Playstation 2. Basket poco, pochissimo. Sullo sfondo.

Mi confessò di avere qualche problema con le donne, che tendevano a non fidarsi di lui. Giocatore, 21enne bello come il sole e “personaggio” vero. Di lui non si fidava neanche tanto coach Pillastrini che lo relegava a cambio di Melvin Booker confinandolo a un minutaggio ridotto.

Ne uscì una bella intervista ma soprattutto ne nacque una grande amicizia. Nei suoi anni spagnoli sono andato più volte a trovarlo, a Granada e poi Siviglia, un po’ intimorito dalla pirotecnica mondanità che temevo mi attendesse in Andalusia. In realtà, le nostre giornate poi sono trascorse tra video idioti che potete ancora trovare su YouTube, chiacchierate torrenziali, decine di ovetti Kinder e chiuse a Pro Evolution Soccer (Roma-Fiorentina partita fissa, credo di non avere vinto neanche una partita in 16 anni…), film demenziali in sequenza.

A Granada Pecile era diventato in pochi mesi il capitano e l’eroe della promozione in ACB, perfettamente integrato nel sistema. Frequentando corsi di teatro, ospite di rotocalchi televisivi nei quali sfoggiava uno spagnolo più che adeguato, triestino più che mai cittadino del mondo.

A Siviglia non è andata bene e il ritorno in Italia non è stato semplice: a Jesi e Rimini non sono mai andato a trovarlo (“Ma come mai in Spagna venivi e qui no?…”) ma in questi anni io e Pec non ci siamo mai persi, anche quando sono passati diversi mesi tra un contatto e l’altro. Nei miei tanti momenti complicati, Pec c’è sempre stato. Con un messaggio, una telefonata, un impulso di Serenità trasmessa a distanza.

A Trieste l’ho rivisto felice, realizzato: nella sua casa, con la sua famiglia, la sua fidanzata, la sua gente, la maglia della squadra della sua città che non aveva mai indossato. I 25 anni di Francesco Totti compressi in due, a bordo campo Giulia come Ilary per sparargli in faccia un “SI” che ha spaventato il Palatrieste. L’addio allo sport che è stata la sua ragione di vita, sofferto ma sobrio. Come quello del numero 10 giallorosso. Sentimenti e passione. Amore e semplicità. Rispetto. Ecco, rispetto.

L’estro di Pecile mancherà al basket italiano più di quanto la pallacanestro mancherà a lui, di questo ne sono certo. Non fosse altro che per quella tripla segnata nel 2005 ad Almeria, quando ci regalò l’oro ai Giochi del Mediterraneo. Parliamo dell’ultima medaglia vinta da una nostra Nazionale Senior.

Grazie, Pec. Per la tua Serenità. Per il tuo sorriso. Per la tua amicizia.