Alonso e la F1 perduta, storia di un protagonista controverso

L'addio di Alonso alla F1, un pilota dal talento unico che ha vinto meno di quanto avrebbe potuto a casa di un carattere poco conciliante e di tante scelte sbagliate

In fondo, per uno che aveva lasciato la Ferrari perché si era stufato di arrivare secondo, questo era l’unico epilogo possibile. E non conta che Chris Horner gli avesse pubblicamente chiuso in faccia la porta della Red Bull al momento di scegliere il sostituto di Daniel Ricciardo per la prossima stagione. Perché la decisione di lasciare la F1, almeno ufficialmente, l’aveva presa prima. Il prossimo anno Fernando Alonso non farà più parte del circus, mancherà a molti ma non a tutti, saranno soprattutto gli amanti del talento puro e non malleabile a rimpiangerlo e continueremo a domandarci come è possibile che uno con quel piede abbia vinto così poco e diviso così tanto. Le opinioni e le squadre in cui ha corso. Anche se la risposta è nota e sta dentro la testa di un personaggio tanto capace di guidare quanto poco in grado di gestire rapporti umani e professionali con un ambiente in cui a volte i compromessi bisogna accettarli.

Quando Alonso vinse due mondiali consecutivi con la Renault, nel 2005 e nel 2006, pareva solo l’inizio della dinastia. In fondo era stato capace di interrompere il dominio Ferrari che durava dal 2000, di mandare per la prima volta in pensione Michael Schumacher. Con il quale aveva qualche analogia e molte differenze. Stessa sensibilità, stesso fiuto nell’intuire le fasi della gara, stesso smisurato senso dell’agonismo. In più, rispetto al tedesco, si trovava a suo agio nella bagarre e nella lotta accanita anche in mezzo al gruppo. In meno, la capacità di unire la squadra e la discutibile tendenza a parlare male dei propri rivali. Due mondiali e il passaggio alla McLaren, proprio in contemporanea con lo sbarco in F1 di un giovanotto chiamato Lewis Hamilton. Il 2007 fu l’anno che rese la McLaren ciò che è oggi, caricatura di sé stessa. La spy story che coinvolse Alonso in prima persona con email compromettenti e mai chiarite, il duello con Hamilton che spaccò in due la squadra, il mondiale praticamente regalato a Raikkonen e alla Ferrari. Fu lì che cambiò la carriera di Alonso. Che non si aspettava di dividere vittorie e onori con un rookie appena arrivato, che non accettava di non essere punto di riferimento assoluto.

Se ne tornò alla Renault e finì di nuovo in mezzo allo scandalo di Singapore 2008 quando Piquet Jr fu mandato appositamente contro le barriere per fargli vincere la gara. Quella notte costò a Briatore la carriera in F1 e curiosamente la sua retrocessione in Renault, mentre Hamilton vinceva il primo mondiale, ricorda quella di Ricciardo del prossimo anno nella stessa scuderia. Il passaggio in Ferrari, nel 2010, fu possibile solo perché Todt era ormai stato rimpiazzato da Domenicali. Perché con il francese sul ponte di comando, dopo la spy story, Alonso sulla rossa non ci sarebbe mai salito. In Ferrari l’asturiano ha dato tutto, pure senza mai davvero scusarsi per il coinvolgimento nello scandalo di tre anni prima, probabilmente nel 2010 e nel 2012 producendo le migliori stagioni della sua carriera dentro il ciclo d’oro della Red Bull, che era nettamente superiore sul piano tecnico. Perse due mondiali per inezie, il primo per un errore di strategia ad Abu Dhabi che ancora adesso sveglia di notte i tifosi, il secondo in Brasile per una forte dose di buona sorte che investì Vettel. Rispetto al quale Alonso non si è mai sentito inferiore e non ha mai perso occasione di farlo notare ai microfoni. Ma la Ferrari che non si evolveva in estate, che peggiorò nel 2013 e toccò il fondo nel 2014 con l’arrivo delle power unit, fu anche responsabilità sua. ‘Geni o scemi’, il celebre anatema contro il team nelle qualificazioni a Monza, gara di casa, fu il punto di non ritorno. Arrivò Marchionne, se ne andò Montezemolo, salutò anche Domenicali e si puntò su Arrivabene. E su Vettel.

Alonso che optava per la McLaren era un pilota ormai in fase discendente della carriera dentro una scuderia in fase discendente nella propria storia. Non poteva funzionare e funzionò ancora peggio con l’abbinamento Honda, che ricordava suggestivi fasti degli anni Ottanta con Prost e Senna ma non garantiva vittorie e nemmeno piazzamenti e nemmeno belle figure. La prima volta che ci salì sopra, nei test a Barcellona del 2015, per poco non rimase fulminato. A Melbourne si cappottò dopo due curve e ancora oggi è un mistero su come ne sia uscito illeso. Ritiri in continuazione, team radio sprezzanti, qualche comparsata tra i primi dieci, podi nemmeno a parlarne. Era andato via per non arrivare più secondo ed effettivamente non ci è più arrivato. Massa in estate ha detto che Alonso aveva un talento enorme ma spaccava in due le squadre.

Ha spaccato in due, primo nell’epoca moderna, anche una stagione di F1. Nel 2017 rinunciò a Monaco per correre la 500 miglia di Indianapolis. Come uno che marina la scuola per evitare l’insufficienza e prendersi soddisfazioni al bowling. Non vinse, anche lì ironicamente costretto al ritiro per una rottura del motore, ma la strada fu tracciata. Quest’anno ha provato la 24 ore di Le Mans, ha ritrovato l’ebbrezza della vittoria e insomma questo sogno della Triple Crown, vincere un mondiale di F1, la 24 ore più celebre del mondo e Indianapolis, è a due terzi dal compimento. Per questo il prossimo anno lo si vedrà in Indy, o magari chissà. E’ legittimo credere che forse, a livello di guida pura, fosse e potrebbe ancora essere superiore a Vettel e Hamilton, inferiore soltanto nelle prestazioni sul giro secco del sabato. E’ legittimo rimpiangere un talento raro che non ha abbinato le proprie capacità al volante a un carattere conciliante, che ha sistematicamente sbagliato le scelte nevralgiche della sua carriera e che ha pagato con enormi limiti umani impedendosi di guidare le monoposto più forti. Non esattamente un talento sprecato, sicuramente un talento non pienamente compiuto. Comunque un protagonista in grado di fare parlare e l’ultimo pilota della vecchia generazione. Dal 2019 la F1 sarà più povera.