Ho letto con molta simpatia questo thread. Di cavalli da ricordare ne vengono alla mente, con un pò di sforzo, un numero incredibile.
E così pure personaggi che hanno praticato i parterres.
Vedo che la maggioranza dei forumisti, in questo settore, è di estrazione emiliana, quindi voglio raccontare ua storia che può servire anche come avvertimento ai più giovani che si avvicinano al betting con sicumera.
Nei primissimi anni '80 ogni giovedì frequentavo l'ippodromo dell'Arcoveggio. Avevo "rapporti di affari" con alcuni puntatori tra i quali ricordo Carizi di Pesaro,Nino Liguori di Padova (un grande signore, col quale in seguito sono entrato in stretta amicizia e che purtroppo è scomparso ancor giovane), Monari, estroverso e simpatico, se non sbaglio all'epoca presidente dei gentlemen emiliani e alcuni altri tra cui saltuariamente Loris.
Un giorno, erano i primi giorni di autunno,, qualcuno mi dice che c'è un tizio, soprannominato Demm (non ho mai capito se per riferimento al vecchio motorino), che averebbe avuto piacere di piazzare qualche scommessa.
Bologna era una buona piazza in termini matematici, 2 faceva 2.30 (parlo di quote decimali) così come 2.50 faceva 2.75 e soprattutto 7/10 = 4/5.
Mi si presenta un ragazzotto grassottello dal faccione rubizzo e sempre sorridente. Chiedo a Giancarlo (Lallo) e mi dice no problem, solo che con questo i problemi verranno a te
Ma va, penso, non esiste. Metto la solita regola, cioè quota eguale in almeno due anche tre picchetti e via.
Meglio che mai, al contrario di Carizi, non fa mai discussioni sulla quota, gioca sempre più o meno la stessa cifra e, cosa importante, almeno 5 corse per riunione.
Vince. Poi vince ancora. Succede, un periodo di fortuna capita.....Si arriva all'inverno, diventa anche un sacrificio non indifferente soprattutto il ritorno con buio e maltempo fissi. Ma questo tipo serafico continua a vincere e di brutto, gioca indifferentemente favoriti o cavalli di quota, prendendoli con la stessa facilità con la quale si può ingerire una pastiglia di menta.
Ricordo che alcune volte sono tornato con una rabbia dolorosa.
Ad un certo momento, mi guardo allo specchio con insistenza e vedo una faccia da cretino e allora prendo la decisione: alla riunione seguente, allorchè si presenta assieme al suo socio che ricordo chiamarsi Zanotti o simile, lo abbraccio e gli dico che siamo liberi.
La lezione mi era bastata
Ebbene, devo dire che questo non era davvero un cretino
E di quella categoria ricordo solo il famigerato gruppo dei "torinesi" che operavano a Milano negli anni '70 e che in seguito divennero allibratori ufficiali.
Qualche tempo dopo ho saputo che aveva un ingrosso di profumi poco fuori Bologna in società con un mio conoscente e non andava più alle corse.
Sono storie che andrebbero raccontate intorno al fuoco, "a veglia" come si dice dalle mie parti, ma anche il torpido caldo agostano può andar bene