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Il piano del Colle in tre mosse: Di Maio non sarà il premier
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Il piano del Colle in tre mosse: Di Maio non sarà il premier
Messaggioda scommettitore siracusano » 20/03/2018 - 06:43
https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/0 ... e/4238184/
Il piano del Colle in tre mosse: Di Maio non sarà il premier
Prima incarichi esplorativi alla destra e 5S, poi quello pieno a un esterno per un governo col Movimento, i dem e chi ci sta
di Carlo Tecce
Ovviamente, questo topic è la continuazione dell'altro, iniziato il 5 Marzo 2018, per scommettere sul prossimo Presidente del Consiglio:
viewtopic.php?f=1&t=61413
ma vista questa (anche se ancora probabile) svolta, ho preferito farne uno nuovo, per accentuare l'interesse, che trovo già notevole (2272 visite in 15 gg).
____________________
Le quote di oggi, che attualmente sembrano fuori strada:
Matched:………………..Back/Lay
Matteo Salvini…....…3.65/4.3
Luigi Di Maio…......….2.1/2.8
Giancarlo Giorgetti. 11/30
Paolo Gentiloni….....18.5/150
Antonio Tajani....……36/1000
___________________
Un esterno potrebbe essere Cottarelli, Cantone, o ....?
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Re: Il piano del Colle in tre mosse: Di Maio non sarà il premier
Messaggioda scommettitore siracusano » 20/03/2018 - 13:33
https://www.ilfattoquotidiano.it/premiu ... l-premier/
Governo, piano del Colle in tre mosse: Di Maio non sarà il premier
Prima incarichi esplorativi alla destra e 5S, poi quello pieno a un esterno per un governo col Movimento, i dem e chi ci sta
di Carlo Tecce | 20 marzo 2018
Il voto del 4 marzo ha indicato un podio, non un vincitore. E il podio, se resiste la litigiosa coalizione leghista-forzista più Giorgia Meloni, ospita il gruppo di centrodestra al primo posto con 260 deputati su 630 a Montecitorio e 135 senatori su 315 a Madama. Segue con oltre 330 parlamentari il Movimento Cinque Stelle, chiude – con un distacco rilevante – il Pd affidato al reggente Maurizio Martina e spintonato ai fianchi da Renzi. Il 4 marzo ha consegnato un’Italia frazionata, però non ha stravolto la Costituzione: chi ottiene la maggioranza in Parlamento va a Palazzo Chigi e prende in custodia la campanella da Paolo Gentiloni. Più ipotesi – cioè più percorsi – portano alla formazione di un governo. Il punto di partenza è sempre l’elezione dei presidenti di Camera e Senato. Al Quirinale sono pronti.
Parte il gruppo più forte: il centrodestra, se unito
Pasqua appena trascorsa. Il centrodestra affronta compatto le consultazioni al Colle. A Matteo Salvini conviene, anche se è tentato da un rapido ritorno al voto. Adesso è il capo di un cartello elettorale al 37 per cento, se abbraccia i Cinque Stelle e tradisce Forza Italia – ormai disarmata – rinuncia alla scalata già avviata sui forzisti e retrocede al 17% leghista. Martina non soccorre né Di Maio né Salvini con le spoglie politiche di Berlusconi: i gruppi dem, soprattutto a Palazzo Madama, sono ostaggio di un senatore toscano, Matteo Renzi. Un giorno, forse due, magari tre giorni di consultazioni: variabile innocua, a Sergio Mattarella non resta che affidare un mandato esplorativo a un esponente del centrodestra. Con pazienza, Mattarella aspetta l’esploratore e ne constata l’insuccesso.
Luigi tratta per Chigi, ma senza incarico
Altro giro, altra corsa. Tocca ai Cinque Stelle. Al Quirinale, e non soltanto lassù (leggi Europa e Vaticano), hanno apprezzato la versione governista del Movimento e compreso il responso degli italiani. Nel 2013, invece, fallì proprio la lettura del voto. Scartata la coppia Matteo&Silvio e non ben collocato il Nazareno, Mattarella vara il mandato esplorativo bis, stavolta per Di Maio (o per chi sceglie il M5S). Allora Di Maio sfodera il programma, il reddito di cittadinanza, l’abolizione dei vitalizi, la lotta ai corrotti e agli evasori e lo offre – erga omnes – a “chi ci sta”. Per affinità di elettorati, Di Maio citofona al Nazareno e può andare come spesso va da quelle parti: lunghe sedute di analisi collettive, mozioni di qua e di là, correnti che duellano, militanti, petizioni, grafici. A Martina suggeriscono di pronunciare una sillaba: no. Di Maio risale al Colle e, convinto della bontà delle proposte dei Cinque Stelle, può chiedere a Mattarella di cercare i consensi in aula. Il Quirinale – non per citare Martina – fornisce al Movimento la medesima risposta: no. Perché spedire Di Maio in Parlamento con un incarico vuol dire fallire e lasciare – con una bocciatura – i Cinque Stelle al governo per accompagnare l’Italia al secondo voto nel 2018. Già siamo a maggio o quasi a giugno. Angelino Alfano, che s’è preso un anno sabbatico dalla politica e non si è sfracellato assieme ai centristi il 4 marzo, è sempre ministro degli Esteri. E Maria Elena Boschi, rifugiata a Bolzano per recuperare un seggio, è sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Il Quirinale è consapevole che il modello Spagna – un anno col governo uscente – può funzionare in Spagna. Non in Italia.
La carta disperata : tutti dentro con premier terzo
Mattarella ha un ultimo piano: se stesso, la responsabilità, la credibilità, l’istituzione. Il Quirinale coinvolge i Cinque Stelle per plasmare un esecutivo non politico con una figura di garanzia a Palazzo Chigi – un Giuseppe Tesauro (presidente emerito della Consulta) più che un Raffaele Cantone – e fissare il voto per le due finestre disponibili del 2019 a cavallo delle elezioni europee: fine inverno o inizio autunno. Un governo benedetto dal Colle, che ingloba le richieste dei Cinque Stelle, attrae in maniera automatica i dem di Martina, la truppa di Berlusconi, la sinistra di Grasso. E la Lega? Il ruolo di opposizione unica può giovare a Salvini e pure a chi sta in maggioranza, o meglio, sostiene da fuori un governo del Colle. Qui non esiste una conventio ad excludendum per danneggiare i leghisti, ma in Europa si spaventano per Salvini, mica per Di Maio. Riaprire le urne nel 2019, e non tra pochi mesi, asseconda Renzi nel progetto di scissione dal Nazareno. L’ex segretario s’è illuso, un attimo, non di più, di controllare i gruppi dem da lontano. Non c’era riuscito neppure da vicino. Così lavora a un partito più centrista che di sinistra, una ridotta di fedelissimi, libera dai debiti del Nazareno e dai Dario Franceschini, Andrea Orlando, Michele Emiliano, pronto ad accogliere gli esuli di Forza Italia, gli elettori, non i Brunetta, appena ingoiati da una Lega Italia di Salvini. Un miraggio? Renzi ha studiato e si ricorda: “Meglio regnare all’inferno che servire in paradiso”.
di Carlo Tecce | 20 marzo 2018
......
quindi il nome dell'esterno, secondo chi ha scritto questo articolo, sarebbe: Giuseppe Tesauro (presidente emerito della Consulta)
E' bene segnalare che già Mattarella non ha gradito affatto questo articolo
Nelle pagine dei bookmaker inglesi, tutto questo non viene minimamente percepito:
Matched:………………..Back/Lay
Matteo Salvini…....…3.65/4.3
Luigi Di Maio…......….1,82/2.76
Giancarlo Giorgetti. 12,5/30
Paolo Gentiloni….....18.5/150
Antonio Tajani....……36/1000
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Re: Il piano del Colle in tre mosse: Di Maio non sarà il premier
Messaggioda scommettitore siracusano » 21/03/2018 - 08:09
Berlusconi apre al M5S per un “governo di programma”
Fico favorito alla Camera. Intesa dell’ex premier con Salvini: il vertice del Senato a Fi ma in Friuli il candidato sarà leghista. Di Maio non parla col Cavaliere
https://rep.repubblica.it/pwa/generale/ ... P1-S1.8-T1
È la svolta di Silvio Berlusconi. L'avvitamento che lo porta a ricredersi e ad aprire - dopo mesi di bombardamenti - a un accordo col Movimento 5 Stelle. Intanto sulle presidenze delle Camere (a loro Montecitorio con Roberto Fico, a Forza Italia il Senato con una terna di nomi in ballo). Poi, su un possibile patto di governo. È un tavolo al quale comunque il centrodestra ha deciso di presentarsi unito, sotto la guida di Matteo Salvini, sempre che Di Maio e i suoi accetteranno......
Indipendentemente se Di Maio accetterà, intanto sembra che ci sia un accordo sulla presidenza delle camere, poi si vedrà, col tempo, a quale soluzione si arriverà:
1) Accordo di programma del M5S col centrodestra (unito)
o
2) Accordo del M5S con PD, LeU e Centristi sotto la regia di Mattarella.
-----------------------------------------------
Nel frattempo, qualcuno forse legge cosa scrivo, tanto che è comparso, nelle quotazioni, il nome di Carlo Cottarelli
Matched:………………..Back/Lay
Matteo Salvini…....…3.25/4.4
Luigi Di Maio…......….2.12/2.5
Giancarlo Giorgetti. 12.5/34
Paolo Gentiloni….....18.5/150
Carlo Cottarelli......... 22/90
Antonio Tajani....……36/1000
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Re: Il piano del Colle in tre mosse: Di Maio non sarà il premier
Messaggioda scommettitore siracusano » 22/03/2018 - 07:23
INTESA LEGA-M5S
Luigi Di Maio, patto segreto con Matteo Salvini: chi sarà il premier
21 Marzo 2018
C'è un "piano A", innanzitutto. Che consiste nel cercare di formare un governo che coinvolga tutto il centrodestra ma che non può prescindere da un coinvolgimento di Luigi Di Maio. Ma, posto che Matteo Salvini riesca pure a convincere Berlusconi e Meloni ad un governo coi 5 Stelle, come scrive La Stampa è pressochè impossibile che Di Maio accetti di dar vita a un qualsivoglia tipo di governo che coinvolga un centrodestra nel quale un ruolo importante è ancora riconosciuto a Silvio Berlusconi.
Per questo, scrive sempre il quotidiano di Torino, è pressochè certo che il leader leghista passi a un "piano B" nel quale Salvini ammetterà l'impossibilità di formare una maggioranza cedendo così spazio a Di Maio. A quel punto, la responsabilità dello "strappo" con Forza Italia e Fratelli d'Italia sarebbe più sulle spalle del grillino, che "chiamerebbe" Salvini a un tavolo per scrivere lista dei ministri e programma di governo in nome di una "responsabilità" nei confronti del Paese.
Una maggioranza seppur solida nei numeri, rischierebbe però di arenarsi sulle differenze programmatiche (innanzitutto flat tax e reddito di cittadinanza, che sono assolutamente inconciliabili). Ma Giancarlo Giorgetti, l'uomo che sta conducendo la trattativa coi 5 Stelle in nome di Salvini, ieri sera a Porta a Porta, è stato comunque possibilista: "Se si trovano comunque dei punti su cui concordare, può essere comunque una soluzione" ha detto.
Un altro scoglio potrebbe essere, a quel punto, quello legato alla premiership: "Su Luigi premier non si cede" è la parola d'orine dello staff del leader grillino. E qui, secondo La Stampa, entrerebbe in gioco il "piano C", ovvero un governo guidato da una personalità indicata dal presidente della Repubblica e gradita a leghisti e grillini, un "traghettatore" verso il nuovo voto la cui identità si stenta però a intravedere. Anche se un governo nato come "istituzionale" può sempre diventare politico... "Niente cose 'alla Monti', però" ha tenuto a precisare Salvini. A quel punto, Fratelli d'Italia andrebbe sicuramente all'opposizione. Forza Italia, chissà...
Leggi anche: Golpe finanziario: "Non comprate titoli di Stato italiani". Sgambetto a M5S e Lega
---------
Quindi, anche se il M5S guarderà a destra, sarebbe sempre una personalità scelta da Mattarella a fare il prossimo presidente del consiglio (così come succederebbe se il M5S guardasse a sinistra, come si deduce dal "piano del Colle in tre mosse").
Le quote offerte, invece, vanno da tutt'altra parte
Matched:………………..Back/Lay
Matteo Salvini…....…2,64/4.1
Luigi Di Maio…......….2.06/2.76
Giancarlo Giorgetti. 13.5/34
Paolo Gentiloni….....18.5/40
Carlo Cottarelli......... 26/80
Antonio Tajani....……36/1000
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Re: Il piano del Colle in tre mosse: Di Maio non sarà il premier
Messaggioda scommettitore siracusano » 22/03/2018 - 16:54
I 5 stelle e lo spettro di cinque anni di opposizione
–di Manuela Perrone 22 marzo 2018
Se Luigi Di Maio ripete fino allo sfinimento che il M5S andrà al governo del Paese non è soltanto per la nota teoria delle profezie che si autoavverano. Ci sono almeno tre motivi per cui il Movimento teme come il peggiore degli spettri lo scenario di altri cinque anni all'opposizione. A dispetto della sicurezza ostentata, che ha fatto dire a Di Maio: «Se dovesse nascere un'intesa tra Forza Italia e Pd prenderemo i popcorn e vedremo presto crescere ancora il nostro consenso».
Il primo motivo ha a che fare con la tenuta di un gruppo parlamentare triplicato rispetto alla scorsa legislatura. Già nel 2013, quando gli eletti erano iperfidelizzati e la diarchia Grillo-Casaleggio era temuta e riverita, espulsioni e defezioni cominciarono a pochi mesi dall'inizio della legislatura, che non a caso si è conclusa con un bilancio di addii da record: 21 deputati e 18 senatori che sono passati ad altri gruppi. A questa tornata i neoeletti sono molto meno controllabili, vuoi semplicemente per la quantità vuoi per la svolta dell'apertura a esponenti della società civile molto diversi, per estrazione e storia personale, dagli attivisti entrati quasi come alieni in Parlamento cinque anni fa.
La prospettiva di governo elettrizza e compatta, fa accettare di buon grado le regole severe imposte dallo staff della comunicazione e anche le richieste esemplari: il taglio degli stipendi e il versamento obbligatorio mensile di 300 euro all'Associazione Rousseau per i servizi tecnici garantiti agli iscritti. Ma nessuno dentro il Movimento si illude che l'obbedienza possa reggere in caso di permanenza all'opposizione. «Logorerebbe ed è facile che a quel punto si imploda», ammette un parlamentare riconfermato.
La seconda ragione per cui rimanere all'opposizione è visto come il fumo negli occhi è la regola del divieto dei due mandati: se applicata alla lettera, l'attuale gruppo dirigente del M5S, a partire da Di Maio, sarebbe spazzato via nel 2023 senza possibilità di ricandidarsi. È vero che il Movimento ha dimostrato una buona dose di flessibilità delle sue norme interne, spesso modificate in base alle convenienze (basti pensare ai codici di comportamento per gli eletti coinvolti in procedimenti giudiziari). Ma far crollare quel tabù suggellerebbe l'addio definitivo al M5S come era stato concepito da Grillo, che non a caso nel comizio di chiusura della campagna elettorale a piazza del Popolo, il 2 marzo, ha voluto ricordare che il Movimento «è biodegradabile». Un monito per chi è assalito da tentazioni diverse.
E qui veniamo all'ultimo motivo che spinge il M5S a bramare Palazzo Chigi come nessun altro: la carriera politica di Di Maio. È il volto e l'artefice, con Davide Casaleggio, della metamorfosi del Movimento in chiave moderata. È colui che più si è speso per il M5S di governo, anche a costo di silenziare il M5S di piazza. Quello delle origini, orizzontale, senza “l'uomo solo al comando” avversato da Roberto Fico e dagli altri ortodossi che male hanno digerito il tradimento dello spirito originario anti-sistema. Nel “sistema” (le lobby, il Vaticano, i mercati, persino le cancellerie europee) Di Maio si è tuffato mani e piedi, scegliendolo quasi come principale interlocutore dell'ultimo anno. Per accreditarsi e rassicurare, parlando sempre con lo sguardo rivolto al capo dello Stato.
Se oggi il nome di Fico sarà confermato come la proposta pentastellata per la presidenza di Montecitorio e se gli accordi reggeranno alla prova del voto in Aula, Di Maio avrà tenuto fede al patto di rispettare la minoranza interna premiandola con una poltrona di prestigio, gradita a sinistra. Una grana in meno per affrontare le consultazioni e qualche briglia sciolta in più per eventuali mosse più spregiudicate. Il leader M5S sa che il suo compito è traghettare il Movimento verso Palazzo Chigi, costi quel che costi. Ha già lasciato intendere che la squadra presentata il primo marzo è negoziabile. Qualcuno comincia a ipotizzare che potrebbe scendere a patti anche sulla premiership, possibilità finora sempre smentita. Ma se dovesse fallire - e se il M5S dovesse rimanere fuori dai giochi - sarebbe il primo a pagare lo scotto. Altro che pop corn.
Fatta questa segnalazione, vediamo prima, chi sarà eletto presidente del Senato, dove il centrodestra alla quarta votazione, potrebbe eleggerlo da solo, senza fare accordi con altri (franchi tiratori permettendo nel segreto dell'urna).
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Re: Il piano del Colle in tre mosse: Di Maio non sarà il premier
Messaggioda scommettitore siracusano » 24/03/2018 - 08:47
In questo momento non basterebbe nemmeno la sfera di cristallo per fare previsioni.
Aspettiamo come finirà oggi con l'elezione del presidente del senato, per capirci qualcosa in più (visto che la Bernini vuole rinunciare).
Al PD consiglierei di votare stamattina (terza votazione al senato) un loro candidato di bandiera, così da battere un colpo senza concedere nulla agli altri. Poi si vedrà.
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Re: Il piano del Colle in tre mosse: Di Maio non sarà il premier
Messaggioda Il Web » 24/03/2018 - 09:18
E se lo vuole togliere dalle scatole ...
naturalmente dice che invece è una scelta responsabile, ma è esattamente il contrario
visto che gli esiti sono imprevedibili
Asse Lega-M5S non vedrebbe mai lui al governo visto che se rompe con Silvio è molto più debole di Gigino per cui l'unica cosa che mi viene in mente è che voglia fare accordo coi grillini per un governo di programma, una cosa tipo fare legge elettorale e poco più ... e poi votare cavalcando l'onda fagocitando tutta FI e diventando il Leader Maximo del Centrodestra (molto poco centro in questo scenario)
cosa dicono i guru? non li leggo, non ho tempo
sta a vedere che ci arriviamo davvero a Gigino presidente!
speriamo bene!
I miei articoli scritti per il nostro blog: https://www.infobetting.com/blog/author/ilweb/
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Re: Il piano del Colle in tre mosse: Di Maio non sarà il premier
Messaggioda scommettitore siracusano » 24/03/2018 - 10:36
Il Web ha scritto:Secondo me lo fa perché vede i sondaggi, dove lui sale e Silvio scende.
E se lo vuole togliere dalle scatole ...
naturalmente dice che invece è una scelta responsabile, ma è esattamente il contrario
visto che gli esiti sono imprevedibili
Asse Lega-M5S non vedrebbe mai lui al governo visto che se rompe con Silvio è molto più debole di Gigino per cui l'unica cosa che mi viene in mente è che voglia fare accordo coi grillini per un governo di programma, una cosa tipo fare legge elettorale e poco più ... e poi votare cavalcando l'onda fagocitando tutta FI e diventando il Leader Maximo del Centrodestra (molto poco centro in questo scenario)
cosa dicono i guru? non li leggo, non ho tempo
sta a vedere che ci arriviamo davvero a Gigino presidente!
speriamo bene!
Come ho detto nel mo commento precedente, forse è meglio aspettare chi sarà eletto, entro oggi, presidente del senato.
Notizia dell'ultimo minuto:
http://www.repubblica.it/politica/2018/ ... 2-S1.12-T2
Parlamento, la mediazione in extremis nel centrodestra: l'ipotesi è Casellati
Ultimo minuto. Nottata di trattative tra Lega e Forza Italia dopo lo strappo di Salvini su Anna Maria Bernini. In mattinata il vertice a Palazzo Grazioli, Giorgetti prova a ricucire su un nome di superamento per il Senato
Se sarà eletto veramente Casellati, allora lo strappo, in gran parte, si sarà momentaneamente ricucito.
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Re: Il piano del Colle in tre mosse: Di Maio non sarà il premier
Messaggioda scommettitore siracusano » 24/03/2018 - 15:56
La Casellati, sponsorizzata dall'avv. Ghedini, alla fine è stata eletta presidente del Senato, quindi una berlusconiana ancora più di Romani; e il M5S l'ha votata, nonostante questo
Berlusconi, in ogni caso, ne esce ridimensionato, e Salvini rafforzato all'interno della coalizione di Centro-Destra, che ancora tiene.
Questo permetterà a Salvini di trattare con Di Maio al meglio per un eventuale governo (in caso contrario, con la sola Lega, Salvini avrebbe potuto vantare solo il 17% anzichè il 37% contro il 32% di Di Maio).
Alcuni commentatori televisivi, ritengono, dunque, più probabile, che Salvini e Di Maio facciano i Vice Presidenti del Consiglio, e diventi presidente del consiglio una personalità terza, gradita ad entrambi, ma non troppo forte.
C'è sempre, però, la seconda opzione. Si è appena formata alla Regione Lazio una maggioranza PD-M5S, sponsorizzata dalla Lombardi (che ricordiamo fu quella che, insieme a Crimi, disse "no" a Bersani); e come presiedente della Camera, Roberto Fico, sempre appartenente alla "movimentista" del M5S, gradito al PD più di Fraccaro. Questi fatti potrebbero anche essere la base, in caso di disaccordi con la Lega, per la formazione di un governo M5S-PD, con una personalità scelta da Mattarella, come presidente del consiglio.
Sembra, quindi, che Di Maio persegua ancora la "politica del doppio forno", e vuole assolutamente andare al governo.
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Re: Il piano del Colle in tre mosse: Di Maio non sarà il premier
Messaggioda scommettitore siracusano » 25/03/2018 - 05:09
Dopo diverse INDISCREZIONI pervenute a "IL FATTO QUOTIDIANO", si è capito che avevo visto giusto, sapendo cogliere tutti i dettagli, come si evince da questo articolo
https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/0 ... i/4249581/
M5s, la strategia che ha portato alla Camera fa sognare il governo: ‘Siamo ago della bilancia che si muove su 2 fronti’
Dopo essere riusciti a ottenere la presidenza di Montecitorio, i 5 stelle si sentono forti delle trattative aperte con tutte le forze politiche. E puntano a utilizzare la stessa strategia in vista dell'esecutivo. Proprio il dialogo con i dem è servito da strumento di pressione sulla Lega Nord nelle scorse ore. E la compattezza dimostrata in queste fasi sarà una delle carte usate davanti al presidente della Repubblica
La metafora nuova è quella del tango e addirittura Beppe Grillo è stato il primo a usarla per spiegare al mondo fuori dai palazzi del potere cosa succede ora. I suoi gli vanno dietro: “Siamo l’ago della bilancia che si muove su due fronti”, commentano a ilfattoquotidiano.it. Che vuol dire oggi accordarsi con la Lega sulle Camere, facendo pressione con il piano b già sul tavolo con il Pd, e domani tenersi aperta la strada a sinistra. Il garante M5s, mentre i giornali rincorrevano i retroscena, l’ha definito come un ballo, dove conta chi tiene il comando fino alla fine. “E’ pericoloso”, ha sentenziato. Ma “si balla in due” e conta solo non far cadere lo sguardo. Il venerdì notte delle trattative ha regalato all’Italia due nuovi presidenti delle Camere e ora, nel weekend più corto dell’anno, il pensiero è già a cosa avverrà domani. Se fosse ad esempio per la faccia di Luigi Di Maio che applaude il grillino Roberto Fico proclamato terza carica dello Stato, ci sarebbero pochi dubbi: ride come un ragazzo, lui che lo sembra così poco, e dispensa abbracci ai suoi vicini che, guarda caso, sono anche i fedelissimi che lo hanno accompagnato in queste ore. I sorrisi sono per la prima vittoria, ma anche, raccontano, per una nuova consapevolezza che si cullano dentro. “La partita è aperta e noi, come abbiamo dimostrato, siamo pienamente in partita”, commenta a ilfattoquotidiano.it una fonte del Movimento. “La nostra forza è quella di poter essere l’ago della bilancia: possiamo andare da una parte o dall’altra a seconda di come preferiamo e dettare le nostre condizioni. Ci muoviamo su due fronti”. L’espressione, neanche a farlo apposta, ricorda quella che Giulio Andreotti usò per parlare degli anni Sessanta dicendo che “usavano la politica dei due forni”, e a seconda dei bisogni usavano quello “di sinistra” e quello di destra. Ora che però dovremmo essere nella Terza Repubblica, il ragionamento è semplicemente che, mentre tutti sono impegnati a dare il Movimento come alleato di governo della Lega Nord, loro hanno in mente uno schema un po’ diverso: “Lo schema è non avere uno schema per potersi muovere liberamente”, continua. Una mossa confermata anche da un’altra fonte dentro il Movimento, che aggiunge: “Noi a differenza del centrodestra ci siamo dimostrati compatti e questo Sergio Mattarella non potrà ignorarlo”.
I sorrisi del dopo elezione di Fico vogliono dire tante cose. Intanto che hanno rotto il ghiaccio e portato a casa un primo risultato, evitando figuracce. E’ vero che Di Maio ne ha fatta di strada e gli scivoloni del Movimento degli inizi sembrano lontani, ma niente era scontato. Il capo politico M5s, quello dato da tutti come impreparato, ha saputo tenere unita la squadra, circondarsi degli alleati giusti. Almeno in questi momenti. Intorno aveva: i due deputati al secondo mandato Alfonso Bonafede e Riccardo Fraccaro, il suo bracciodestra Vincenzo Spadafora, ma anche il neo-eletto Stefano Buffagni che nella scorsa legislatura era consigliere regionale in Lombardia e con i leghisti al governo ha imparato da anni a lavorare. Il tango, di cui parla Grillo, è andato avanti per giorni: i 5 stelle hanno fatto decine di mosse e il più possibile lontano dai riflettori per arrivare a ottenere la guida di Montecitorio. Il primo obiettivo era non bruciarsi, restare prudenti ed evitare di perdere la faccia alla prima difficoltà. Quindi ci sono stati due momenti fondamentali: il no all’incontro con Silvio Berlusconi, quando tutto sembrava sull’orlo di saltare, e poi la mossa di Matteo Salvini di sparigliare scaricando il nome voluto dall’ex Cavaliere (il condannato Paolo Romani) e buttandone nella mischia uno nuovo. Voci tra i 5 stelle assicurano che lo strappo del leader del Carroccio fosse stato preannunciato a Di Maio, e comunque i due si sono sentiti per tutta la giornata. “E’ stata lì la nostra forza“, spiega la fonte a ilfatto.it, “far capire a Salvini che se Berlusconi non mollava Romani e loro non trovavano un’alternativa, noi avremmo potuto mettere in piedi un piano b e andare ad accordarci con il Partito democratico“. Lì il tango è andato avanti velocissimo: Berlusconi che si arrabbia, Di Maio che appoggia Salvini e Salvini che dà il via libera al nome M5s per la Camera. Quindi le mediazioni dentro il centrodestra per ricucire lo strappo che sembrava ormai insormontabile, infine la scelta di buttare in pasto alle agenzie il nome di Fraccaro per dare un segno che anche loro i grillini erano pronti a mediare. Il leader M5s ha detto che per lui uno pesava quanto l’altro, ma era una mezza verità: Fico, la voce critica e più dialogante verso la sinistra, era la soluzione da sempre considerata come migliore per guidare Montecitorio. Che sia fortuna o abilità, sta di fatto che le cose sono andate come voleva Di Maio. E non è poco. “Mentre tutti ci dicono che siamo già a patti con il Carroccio, noi intanto eleggiamo un nome alla Camera che è molto vicino alla sinistra. E ci teniamo aperto anche quel fronte”, è il ragionamento.
L’altro elemento da non sottovalutare è la compattezza che, in un momento come questo, aumenta la credibilità. “La rottura avvenuta dentro il centrodestra”, spiega un’altra fonte M5s al fatto.it, “è molto importante per noi in vista dei prossimi movimenti. Sergio Mattarella non potrà non tenerne conto. Dopo che Matteo Salvini aveva incontrato le forze politiche, Silvio Berlusconi è intervenuto dal nulla a mettere veti. Come potranno affidare l’incarico a una coalizione così inaffidabile?”. In casa del centrodestra hanno dimostrato che anche la più violenta delle rotture può rientrare dopo semplici trattative e mediazioni a porte chiuse, ma sicuramente il Colle terrà conto anche di questa dinamica. E sicuramente i 5 stelle, anche un po’ a sorpresa, hanno dato prova di grande compattezza. Nessuna voce dissidente all’interno del gruppo (ancora nessuno ha avuto il coraggio), ogni scelta accolta da applausi degni di un plebiscito e i padri nobili (vedi Alessandro Di Battista) pronti a intervenire nel momento del bisogno per appoggiare le scelte più difficili. Ad esempio la scelta di digerire Elisabetta Alberta Casellati, la marescialla di Berlusconi, a Palazzo Madama è stata annunciata e spiegata dallo stesso Di Battista, intervenuto appositamente per calmare i più movimentisti. “E’ giusto che il centrodestra esprima una presidenza”, il diktat incontestabile. Ci ha provato uno della vecchia guardia a dire qualcosa fuori dal coro, il senatore Matteo Mantero (“E’ stata dura per me votarla”), ma non ha avuto nessun seguito. “Noi siamo pronti e andiamo avanti così”, concludono dal Movimento. “La partita è aperta e noi non faremo gli errori degli altri. Ora le energie sono dalla nostra parte”. Il tango è appena iniziato e vincerà chi quelle energie riuscirà a tenerle fino in fondo.
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Questa, però, è la strategia del M5S, ormai trapelata; ma se fossi in loro non sarei tanto sicuro
Intanto Mattarella non si farà convincere dalla loro compatezza. A lui interessa un governo stabile che duri almeno fino a Gennaio o Maggio 2019, e poi Salvini, Berlusconi e il PD (che alla luce dei fatti, ha fatto bene a mantenersi a distanza, perché veniva strumentalizzato per far pressioni su Salvini, che così ha deciso di rompere gli indugi) non sono degli imbecilli, e sapranno mettere delle trappole e organizzare delle contromosse.
"Il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi"
In ogni caso, sembra, come vado ripetendo da sempre, che nè Di Maio e nè Salvini siano i candidati più probabili per fare il Presidente del Consiglio; ma lo possa essere una figura terza, ancora da stabilire. Parliamo, ovviamente, di probabilità, e non di certezze, visto che siamo sempre nel campo delle scommesse e delle relative quotazioni.
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Re: Il piano del Colle in tre mosse: Di Maio non sarà il premier
Messaggioda scommettitore siracusano » 25/03/2018 - 10:54
Primo round a Di Maio e Salvini. Rebus premiership, già si guarda a Mattarella
http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/ ... d=AEYq0FNE
C'è un’immagine che fotografa meglio di ogni altra il senso degli eventi: i due “giovani leoni” Luigi Di Maio e Matteo Salvini che danno le carte nella partita delle presidenze delle Camere e i due vecchi Silvio Berlusconi e Umberto Bossi che a Palazzo Grazioli cercano invano di resistere. Hanno vinto i primi due, giocando di sponda e di squadra con mosse da strateghi abilissimi. Ottenendo il risultato di piazzare l’azzurra Elisabetta Alberti Casellati al Senato e il pentastellato Roberto Fico alla Camera. E riuscendo nell’impresa nient’affatto scontata di tenere sufficientemente compatti i gruppi in Parlamento.
Mosse studiate, che non preludono a duelli serrati per la premiership, inevitabili se ciascuno dei due leader si impuntasse. Con un’ipotesi sullo sfondo, che già oggi serpeggiava nei corridoi del Parlamento tra leghisti e pentastellati: un giro di incarichi probabilmente a vuoto per i vincitori Salvini e per Di Maio e poi l’attesa del capo dello Stato, Sergio Mattarella. Perché a quel punto sarebbe difficile per centrodestra e Cinque Stelle sottrarsi a un appello alla responsabilità che avesse come approdo finale un appoggio esterno a un premier scelto dal capo dello Stato e una squadra non organica ai partiti.
Il tentativo di tenere separata la questione delle guide di Palazzo Madama e di Montecitorio da quella del governo è comunque ormai più di facciata che di sostanza. Una convergenza c’è stata, i segnali di sintonia sono andati oltre quanto si era intuito in queste tre settimane dopo il voto. Lorenzo Guerini insieme a molti esponenti del Pd, partito che ha scelto di restare ai margini, rileva: «È nata la nuova maggioranza Salvini-Di Maio e Berlusconi è la ruota di scorta». In realtà l’ex Cavaliere, nonostante i toni durissimi di ieri sera, non mostra di voler restare a guardare. Il compromesso è stato non cedere al nome di Anna Maria Bernini, che sarebbe suonato come un’imposizione della Lega, e controproporre Casellati. La mediazione va in porto. Nel primo pomeriggio Berlusconi vede Salvini e commenta: «Abbiamo trovato una soluzione molto positiva per il mantenimento dell’alleanza con un accordo importante per tutta l’Italia. Credo di poter guardare avanti con serenità e fiducia».
Adesso ognuno reciterà la sua parte e svelerà le sue carte. Il segretario del Carroccio twitta: «Veloci, concreti e coerenti. Prossimo obiettivo, far nascere un governo che abbia un programma chiaro e rispettoso del voto: prima gli italiani! #rivoluzionedelbuonsenso». Rivendica per sé il primo incarico: «Ne riparleremo più avanti ma si può ripartire dalla prima coalizione, che è quella del centrodestra». Giorgia Meloni di Fdi auspica «un governo di centrodestra con un programma di centrodestra». Per il M5S è il neopresidente della Camera Roberto Fico a “lanciare” il suo capo politico: «Adesso ci manca il tassello del governo con Luigi Di Maio che dovrà essere il nostro premier e dovrà applicare il programma del M5S». Il capogruppo a Palazzo Madama Danilo Toninelli aggiunge: «Sono convinto che possa andare bene pure questa partita. I cittadini possono però stare tranquilli: è finito il tempo dei caminetti». Il problema sono come al solito i numeri.
Costruire un governo politico insieme appare impresa ardua per centrodestra e Cinque Stelle. «Non potremmo accettare Salvini premier, quando abbiamo preso il doppio dei suoi voti», ragiona un deputato del Movimento. Ma il numero uno della Lega ha gioco facile nel rammentare a sua volta il risultato della coalizione: 37% contro il 32% del M5S. Da qui la suggestione di non scalpitare e non andare allo scontro (il filo diretto e costante tra Salvini e Di Maio lo conferma) in caso di mancato accordo, ma di non mostrarsi in futuro indisponibili a un eventuale governo del presidente. Che eviterebbe all’ala ortodossa del M5S, che ha in Fico il suo punto di riferimento, un’alleanza diretta con la Lega e con Forza Italia, indigesta per molti (anche per gli stessi azzurri). Il deputato Carlo Sibilia, guardando alle prospettive per l’esecutivo, afferma: «Per noi Fico alla guida di Montecitorio è un presidio, una garanzia». Chiunque salga a Palazzo Chigi.
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Re: Il piano del Colle in tre mosse: Di Maio non sarà il premier
Messaggioda scommettitore siracusano » 25/03/2018 - 17:17
Governo, il dilemma Pd per non diventare “minoritario”. Martina: “Opposizione, ma ascolteremo le indicazioni del Colle”
di F. Q. | 25 marzo 2018
Restano fermi sulla linea dell’opposizione, almeno ufficialmente, ma la vera preoccupazione interna ora è quella di non finire “minoritari”. Il Partito democratico è la forza politica non pervenuta durante le elezioni dei presidenti delle Camere e ora, di fronte alle nuove trattative che si aprono per la formazione del governo, si pone l’interrogativo di come muoversi. “Noi”, ha dichiarato il segretario reggente Maurizio Martina intervistato a “In mezz’ora in più” da Lucia Annunziata su Rai3, “ascolteremo le indicazioni del presidente Mattarella, ma non voglio anticipare scenari che non mi competono. Non voglio neanche lontanamente strattonare il Capo dello Stato; e saremo con lui nella valutazione dello scenario. Calma”. Proprio Martina, come raccontato oggi da Wanda Marra sul Fatto Quotidiano, nella notte tra venerdì e sabato si è offerto a Luigi Di Maio dicendo che i suoi erano pronti a votare nomi scelti in comune: era già tardi per intervenire, ma si è quantomeno testato un dialogo interno che potrebbe essere significativo molto presto. Del resto, lo stesso Beppe Grillo, raccontano fonti vicine al comico, non ha nascosto la sua amarezza di fronte all’atteggiamento di Aventino del Partito democratico. Insomma il clima è molto più disteso di quello che si pensa.
I renziani soprattutto, anche se è difficile dire chi lo sia ancora veramente, vogliono restare all’opposizione, ma i movimenti interni sono sempre più rilevanti. Da segnalare ci sono ad esempio le parole del deputato dem Walter Verini, politico molto vicino a Walter Veltroni, che ha deciso proprio oggi di scrivere un editoriale sul’Huffington post in cui evoca la necessità di “un po’ di visione e un po’ di coraggio”: “Senza essere subalterni a nessuno dei ‘vincitori‘, ma senza nemmeno essere, pur in una condizione di minoranza, minoritari. Fino all’irrilevanza”. Un avvertimento che condivide con una parte sempre più consistente del gruppo. A osservarli da non troppo lontano sono gli stessi 5 stelle che, chiusa la partita per i presidenti delle Camere, non hanno mai interrotto il dialogo con i democratici e non escludono di poter attingere da quel fronte per la formazione di un esecutivo a guida Di Maio.
Quello che si limita a chiedere per ora Martina, è che 5 stelle e Lega Nord indichino quali sono le loro intenzioni. Segno che, Aventino o meno, restano in disparte a cercare di capire le mosse degli altri. “Da ieri”, ha detto a Lucia Annunziata, “c’è un fatto politico nuovo e chiedo chiarezza alle forze che ieri hanno deciso di fare quell’operazione e non mi si dica che la partita delle scelte presidenti di Camera e Senato è distinta dal governo. Adesso la prova della responsabilità spetta a chi ha vinto il 4 marzo, dicano senza ambiguità dove vogliono parare”. E ancora: “Il linguaggio della Lega e dei Cinquestelle di queste ore è ancora fintamente differente anche dal punto di vista delle prospettive di governo, ma in realtà stanno ragionando di questo. Lo dicano chiaramente, lo spieghino, dopo aver raccontato che non avrebbero mai fatto alleanze. Ci dicano precisamente dove vogliono andare”.
Il percorso per il Pd è tutto fuorché semplice. Intanto il primo scoglio sarà quello dell’elezione dei nuovi capigruppo, scelta su cui ancora una volta rischiano di spaccarsi. “Mi sento responsabile di una scelta unitaria sui capigruppo”, ha detto Martina sempre su Rai3. “Bisogna scegliere le persone giuste in un momento come questo e fare tutti uno sforzo unitario. A un certo punto andrà fatta una proposta, nelle prossime ore. E andrà chiesto ai gruppi (parlamentare, ndr) di capire l’importanza di un progetto unitario in questo momento”. Nei giorni scorsi era intervenuto Luigi Zanda, dichiarando che non dovranno essere due “renziani” per segnare una discontinuità. Proprio Zanda era uno dei nomi dato come possibile candidato di convergenza tra 5 stelle e Pd nelle ore di trattative per il Senato e, sempre lui, secondo quanto riportato da Repubblica oggi, avrebbe detto che il rischio del Pd è quello di “essere liquidato” come Forza Italia.
_______________
Ok, ma per far nascere un governo M5S con l'appoggio del PD, visti i numeri, ci vogliono anche quasi tutti i renziani, che chiederanno molto di più di un governo a guida Di Maio, e a guida di una personalità terza. Questo, ovviamente, è il mio pensiero
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Re: Il piano del Colle in tre mosse: Di Maio non sarà il premier
Messaggioda scommettitore siracusano » 26/03/2018 - 13:09
https://www.nextquotidiano.it/patto-sal ... -lega-m5s/
Cosa che difficilmente il M5S accetterà, almeno
Intanto le quote di oggi sono:
Matched:………………..Back/Lay
Matteo Salvini…....…2,5/2,9
Luigi Di Maio…......….2/2.78
Giancarlo Giorgetti. 8,4/65
Paolo Gentiloni….....15/25
Carlo Cottarelli......... 30/65
Antonio Tajani....……46/1000
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Re: Il piano del Colle in tre mosse: Di Maio non sarà il premier
Messaggioda scommettitore siracusano » 27/03/2018 - 11:04
Governo, Di Maio tra tattica e rottura: "Non rinuncio a fare il premier"
Salvini fa un passo indietro su Palazzo Chigi. E apre al reddito di cittadinanza. Di Maio più duro: "Siamo pronti a offrirgli i ministeri più importanti, ma faccio io il premier". L'ipotesi di Mister X
Solo tattica o prima spaccatura tra Movimento 5 Stelle e Lega? Difficile a dirsi. Ma pare che Luigi Di Maio non sia affatto propenso a rinunciare alla premiership.
"Io non posso e non intendo rinunciare a guidare il governo", avrebbe detto nelle ultime ore il grillino. Un messaggio che è pronto a dire in faccia anche a Matteo Salvini. Già ieri, d'altra parte, il segretario del Carroccio aveva ribadito di essere "prontissimo" a fare il presidente del Consiglio, ma non a tutti i costi ("Non è o me o la morte"). Parole che potrebbero aprire spiragli su un passo di lato del leghista a favore di Di Maio pur di far partire il governo. Anche se resta in campo l'ipotesi di affidare Palazzo Chigi a una figura terza, un Mister X capace di fare la sintesi tra i due.
Secondo i ben informati, Salvini e Di Maio torneranno a sentirsi a breve, probabilmente anche a vedersi. Se così fosse sarebbe il loro primo faccia a faccia. Lelezione dei presidenti delle Camere ha segnato di sicuro un primo punto di contatto. Il fatto che tra i punti del programma Salvini abbia inserito anche uno dei cavalli di battaglia dei pentastellati, il reddito di cittadinanza, avrebbe contribuito ad avvicinare i due partiti. Le acque, però, non sono così tranquille. Tanto che, in una nota congiunta, i due presidenti in pectore dei deputati e dei senatori, Giulia Grillo e Danilo Toninelli, sono andati a "stuzzicare" Forza Italia accusandola di non avere ben saldo nelle mani il timone dei gruppi."Roberto Fico ha ottenuto 422 voti, pari a oltre i due terzi dei componenti dell'Aula. Sono mancati tuttavia circa una sessantina di voti rispetto ai numeri che ci sarebbero stati se tutte le forze del centrodestra avessero rispettato i patti come hanno fatto la Lega e Fratelli d'Italia".
La partita è tutta aperta. E prima di dare alla luce il nuovo governo ne vedremmo di ogni. Ieri Salvini ha messo in chiaro che "si parte prima dal centrodestra" e che, in ogni caso, "nessuno si muove da solo""se c'è convergenza sul programma". E tra i temi indica anche il reddito di cittadinanza. Ma la poltrona di Palazzo Chigi rischia di dividerli. Su un eventuale incarico a Di Maio Silvio Berlusconi è stato irremovibile ("Non può essere lui il premier"). Dal quartier generale pentastellato non esce nulla in chiaro, ma vengono lanciati i primi "pizzini". "Siamo pronti a offrire (a Salvini, ndr) i ministeri più importanti", spiegano i grillini alla Stampa. In cambio, Di Maio vorrebbe Palazzo Chigi: "O faccio io il premier o non se ne fa nulla". In questo intricatissimo scenario non tramonta, tuttavia, l'ipotesi di affidare la presidenza del Consiglio a un "esterno" capace di coniugare i due partiti. Tra i nomi più gettonati c'è quello di Carlo Cottarelli. Ma anche questo è in forse. La strada da fare, insomma, è ancora molto lunga.
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Re: Il piano del Colle in tre mosse: Di Maio non sarà il premier
Messaggioda scommettitore siracusano » 27/03/2018 - 18:34
Strappo di Salvini: “Se Di Maio dice io o nessuno allora non se ne fa niente”
Il leader leghista stoppa il capo del M5S: “Sbagliato porre veti su ministri di Fi”. Scelti i capigruppo, Gelmini-Bernini per Fi.
http://www.lastampa.it/2018/03/27/itali ... agina.html
Matteo Salvini non è intenzionato ad accettare l’ipotedi di Di Maio premier a tutti i costi, come vorrebbero i grillini. Lo chiarisce durante la registrazione di Porta a Porta. «Se Di Maio dice “o io premier o niente” non è il modo giusto per partire. Se Di Maio dice o io o nessuno sbaglia, perché a oggi è nessuno. Non puoi andare al governo dicendo o io o niente, altrimenti che discussione è?» La Lega, aggiunge, «ha già fatto passi indietro» per far partire il lavoro della Camere «ma non è che possiamo fare passi indietro su passi indietro». E respinge anche l’ipotesi di escludere ministri di Forza Italia dal governo. «Se Di Maio dice fuori Forza Italia è arrivederci?», chiede Vespa. «È chiaro, assolutamente sì».
Di tutt’altro avviso, naturalmente, i grillini, che fanno muro sul premier. «Se noi ai cittadini presentiamo un altro candidato premier, non eletto dai cittadini, determiniamo il definitivo allontanamento dalla politica», dice a Radio 24 Alfonso Bonafede, esponente M5S. «A queste elezioni i cittadini hanno partecipato con entusiasmo e, quindi, va data una risposta e questa risposta secondo noi non può prescindere dalla presenza di Luigi Di Maio come candidato premier», aggiunto Bonafede. «O lui o non si fa il governo?» chiede il conduttore. E la riposta è secca: «Noi riteniamo che debba essere lui il candidato premier, sì. Il premier del governo».
Mentre sale la tensione tra i due leader vincitori delle elezioni si scioglie intanto il nodo dei capigruppo. Dopo la delusione elettorale, Forza Italia scommette sulle sue dirigenti per una nuova fase di rilancio. Maria Stella Gelmini è stata eletta all’unanimità capogruppo alla Camera, mentre Anna Maria Bernini al Senato. Tutto liscio in casa Cinque Stelle, i grillini come annunciato nominano per acclamazione Giulia Grillo alla Camera e Danilo Toninelli al Senato. All’assemblea lampo è presente anche Luigi Di Maio che si è complimentato con i presidenti dei gruppi di Camera e Senato, da lui designati, per il lavoro svolto che ha portato all’elezione di Roberto Fico alla presidenza di Montecitorio.
Le quote, invece, sono sempre sulla vecchia linea, privilegiando Salvini e Di Maio; ma ora Cottarelli è sceso a 11 e Giorgetti a 3,05:
Matched:………………..Back/Lay
Matteo Salvini…....…2,62/3,5
Luigi Di Maio…......….1,91/2.78
Giancarlo Giorgetti. 3,05/5,8
Paolo Gentiloni….....15/55
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