Nba, date e incognite della stagione 2020-21

Nba 2020-21, le ipotesi per la partenza della prossima stagione e le incognite legate alla presenza di pubblico nelle arene

La Nba, come il calcio europeo, è riuscita a ripartire nella bolla di Orlando e mentre addetti ai lavori e appassionati si interrogano sull’appetibilità di un format non facile a prima vista da digerire, con campi tutti uguali e fattore campo azzerato, la Lega è proiettata verso la prossima stagione. Di base i proprietari delle franchigie, tra mille incertezze, concordano che la presenza del pubblico nelle arene è di fondamentale importanza per la sopravvivenza del sistema. Per questo sono stati evidenziati due punti nevralgici per cercare di definire il 2020-21: garantire 82 partite di regular season e giocare il prima possibile davanti ai tifosi. Naturalmente sono dati di partenza che si scontrano con l’emergenza sanitaria di un paese che ha dimostrato di non avere un piano nazionale per contrastare il Coronavirus e che quindi non può garantire certezze nemmeno allo sport professionistico.

Data di inizio della stagione 2020-21

Con i playoff che potrebbero protrarsi fino a ottobre, la Nba ha fatto sapere alle squadre che il piano iniziale rimane quello di iniziare la nuova stagione il primo dicembre. Questo non significa che l’opening night non possa essere spostata in avanti, per esempio se in autunno diventasse evidente che in presenza di cure efficaci o di un vaccino le arene potrebbero essere riaperte al pubblico. In quel caso la Nba sarebbe disposta a ritardare la partenza in avanti, forse al 18 gennaio in concomitanza con il Martin Luther King Day, oppure ancora a febbraio e marzo. La lega ha comunque preparato le organizzazioni a uno scenario nel quale l’intera stagione 2020-21 possa essere giocata senza pubblico o con un’affluenza estremamente limitata. Le franchigie si stanno organizzando su modelli di business che prevedono la presenza di poche centinaia o, nella migliore delle ipotesi, qualche migliaia di tifosi nelle arene. Di sicuro le gare natalizie sono nevralgiche per i ricavi che generano dai diritti televisivi, ma è altrettanto importante che si possano disputare 82 partite e ipoteticamente garantire la fine della stagione in modo che la squadra statunitense composta da giocatori Nba possa partecipare alle Olimpiadi di Tokyo. Per questo la flessibilità è massima. Se riaprire le arene al pubblico diventasse possibile prima della prossima primavera, la lega potrebbe studiare una partenza ritardata, una pausa per le Olimpiadi esattamente come fa la Nhl negli anni in cui si disputano le Olimpiadi invernali, oppure nella peggiore delle ipotesi non ci saranno giocatori Nba alle Olimpiadi.

Location

Di sicuro nessuno si aspetta presenze di massa entro l’inizio dell’inverno ed esiste anche il problema potenzialmente discriminante che in un paese così grande, alcune città possano essere pronte a ospitare il pubblico e altre no a seconda dell’evoluzione della pandemia. Città come New York e Los Angeles potrebbero essere penalizzate, Toronto potrebbe vedere chiusi i confini tra Canada e Stati Uniti per molti mesi e avrebbe bisogno di trovare una casa in territorio a stelle e strisce. Per questo la Nba potrebbe valutare di giocare le partite della regular season nelle strutture di allenamento delle franchigie, oppure valutare campi neutri esattamente come la bolla di Orlando, in zone strategiche che al momento sono al di fuori del mercato e che potrebbero essere interessate a ospitare le gare soprattutto se si potesse renderle accessibili al pubblico. Per la regular season le bolle potrebbero essere più di una, suddivise in vari territori, confermando il format che al momento sta permettendo alla Nba di andare avanti nonostante l’emergenza sanitaria.