E-Sports, prospettive e limiti del gaming

Con la pandemia in corso, lo sport è quasi esclusivamente virtuale. Prospettive e limiti degli E-Sports nel mondo che verrà

E-Sports è un termine ben conosciuto da anni e a ben guardare è almeno dagli inizi degli anni novanta, cioè quando le simulazioni sportive hanno fisiologicamente preso il posto dei primi videogiochi arcade, che videogiocatori di tutto il mondo si cimentano virtualmente con le loro discipline preferite. Da prima della pandemia tornei virtuali di alto livello e altissimo montepremi hanno affiancato il mondo degli sport reali come fenomeno di intrattenimento passivo e non solo attivo, trasformandosi cioè in eventi che il pubblico si diverte a guardare quando non è impegnato a giocarli in prima persona. E questo li accomuna agli sport veri. Anche in Italia diversi eventi, come tornei internazionali di Fifa, sono stati trasmessi da Sky Sport. E quando il mondo reale si è fermato e gli sport di conseguenza, le uniche piattaforme sulle quali è stato possibile continuare a vedere le gesta dei nostri eroi sportivi sono state quelle virtuali, le uniche che possono permettersi di non fermarsi mai.

Le prospettive

Il mercato va dove il pubblico si ferma e c’era tanto pubblico e mercato negli E-Sports, soprattutto calcio e simulazioni motoristiche, anche prima della pandemia. Non è difficile immaginare che ce ne sarà sempre di più, perché lo sport potrebbe non tornare per molto tempo, potrebbe tornare per poi fermarsi di nuovo e se tornerà, almeno inizialmente, non sarà quello che conoscevamo. Niente pubblico, contatti ridotti al minimo. Per questo un antipasto di quello che potremmo ritrovarci a vivere nei prossimi mesi si è visto ad aprile, con una quantità enorme di discipline che hanno organizzato tornei nei quali sono stati impegnati gli atleti degli sport veri alle prese con gli sport virtuali. La Premier League ha fatto disputare un torneo ai propri giocatori, ognuno dei quali guidava la squadra a cui appartiene in partite a eliminazione diretta. La Nba ha fatto qualcosa di simile con Nba2K. Sky sta trasmettendo le gare virtuali di F1 nelle quali corrono piloti come Leclerc, Albon e Russell, e quelle della MotoGp nelle quali in griglia ci sono quasi tutti i piloti reali, da Marc Marquez a Valentino Rossi. Giro d’Italia virtuale corso in casa sui rulli e Zwift, Masters 1000 virtuale di tennis con Tennis World Tour che manderà in campo i veri tennisti nello scenario di Madrid, ma anche discipline meno conosciute nel mondo dei simulatori come le regate o il canottaggio. Le potenzialità non vanno sottolineate ed è probabile che il peso delle sponsorizzazioni lieviterà nel prossimo futuro perché il pubblico aumenta e le difficoltà organizzative non esistono. Se fino a febbraio i tornei si disputavano dal vivo in grandi arene con i gamers professionisti, l’online risolve anche il problema logistico. In un mondo nel quale per i prossimi mesi si potrebbe essere costretti all’altalena tra riaperture e lockdown, lo sport virtuale non si fermerà mai.

I limiti

Può esistere uno sport virtuale senza quello reale? Naturalmente no dal punto di vista della consequenzialità, perché con il joypad in mano cerchiamo di replicare e di simulare ciò che fanno gli sportivi veri sul campo. Un discorso di intrattenimento si potrebbe iniziare, ma non è pertinente e non ci porta lontano. Come possa essere considerato più, meno, o altrettanto divertente vedere gamers professionisti che si sfidano in un torneo a Fifa rispetto a giocatori professionisti che si sfidano in uno stadio, è materia prettamente soggettiva. Il discorso cambia quando vediamo quegli sportivi professionisti impegnati a fare con un joypad le stesse cose che fanno sul campo o in pista. Gli E-Sports non sono tutti uguali. Per quanto l’intelligenza artificiale possa crescere e migliorare, gli sport di squadra simulati rimangono un surrogato ancora molto distante da quelli reali per il semplice motivo che si controlla un giocatore per volta e gli altri dieci sono manovrati dal computer. Il multiplayer si è spinto molto in avanti negli ultimi anni ma per sua stessa natura funziona meglio in altri contesti come i giochi di guerra che in quelli sportivi. E’ possibile giocare partite in cui i 22 giocatori sono ognuno controllati da un videogiocatore reali, ma chiunque abbia provato l’esperienza di giocare in multiplayer con più di quattro persone sa di cosa stiamo parlando. Nessun difensore centrale si mette a fare veramente il difensore centrale sullo schermo, cioè a rimanere fermo nel proprio ruolo magari per minuti interi senza partecipare all’azione offensiva. Ed è un concetto che vale ancora di più per i simulatori di guida. Per quanto possano avvicinarsi alle sensazioni di essere al volante di una vera monoposto, l’assenza del rischio fisico collegato all’alta velocità non li renderà mai vicini alla F1 o alla MotoGp vera. Un paio di settimane fa si è vista una gara di MotoGp virtuale sul circuito di Spilberg in Austria nella quale tutti i veri piloti della MotoGp sono andati lunghi alla prima curva, speronandosi, tagliando nell’erba e altri comportamenti che in una gara vera non si vedrebbero mai perché li esporrebbero a un pericolo estremo. Per questo gli E-Sports, più che simulatori di sport, andrebbero considerati come una forma di intrattenimento simile agli sport reali per concetto, ma diversi nella sostanza e nel modo di generare intrattenimento. Non possono sostituire lo sport anche quando lo sport è fermo. Possono ricordarlo, ma non prenderne il posto. E nel mondo dei prossimi mesi, probabilmente, più mancherà il primo e più si capirà quanto ne sono distanti i secondi.