Doping, Schwazer non ci sta: “Non rinuncio a Rio”

Il marciatore azzurro ha chiesto un verdetto immediato in modo da potersi iscrivere ai Giochi Olimpici del prossimo mese.

Doping, Schwazer non ci sta. Dopo la sospensione della IAAF Alex Schwazer è tornato a parlare chiedendo nel più breve tempo possibile un verdetto che gli permetta di andare alle Olimpiadi di Rio: “Continuo ad allenarmi in questi giorni perché per vincere le Olimpiadi non ho bisogno di doping né di una giornata di grazia, ma di una semplice giornata di allenamento. Io non mi sono dopato, quindi questa sostanza o qualcuno me l’ha somministrata nei giorni prima oppure la provetta è stata manipolata. Sono 4 anni che mi preparo per Rio. Se tra un anno mi danno ragione non mi frega niente, voglio giustizia subito perché merito di andare alle Olimpiadi”.

Il marciatore azzurro, accompagnato dall’allenatore Sandro Donati e dall’avvocato Brandstaetter, non accetta che qualcuno gli impedisca di prendere parte ai Giochi. “Siamo ancora qui a qualche giorno dalla scadenza del termine per iscriversi ai Giochi. Siamo come una pallina passata da una mano all’altra senza poter dire la nostre ragioni. I colleghi? Non mi ha chiamato nessuno. Più controlli di quanti ho fatto negli ultimi mesi non posso farne”.

Pesanti anche le parole di Sandro Donati, l’allenatore di Schwazer, che accusa la IAAF e il responsabile internazionale della marcia Maurizio Damilano: “So che si è opposto dall’inizio all’organizzazione del campionato del mondo a Roma perché lo riteneva non opportuno. Sono in grado di indicare molti atti di ostilità che sono venuti anche dal fratello dicendo che un atleta squalificato per doping sì aveva il diritto di rientrare ma non di essere portato in nazionale o partecipare alle Olimpiadi. Tra fine aprile e inizio maggio ho ricevuto una serie di mail da una certa Maria Zamora. Le ho fatte leggere ai carabinieri e al responsabile dell’aera Europa della Wada e mi hanno detto: sembra un ricatto. Veniva detto che ero in contatto che un russo noto, di cui non ripeto il nome, era in contatto con me, ma io non ho mai avuto a che fare con i russi. Venivano richiesti 3mila euro, che è una cifra ridicola. Non era chiaramente quello il punto, allora ho capito che dietro c’era altro. Dai primi allenamenti con Schwazer ho detto: questo è un asso, sarà facile farlo emergere, non gli serve il doping. A La Coruna abbiamo scelto che arrivasse secondo per le pressioni ricevute. Sennò si vinceva pure lì. Nel finale l’ho frenato, avevo una paura fottuta che gli alzassero i cartellini rossi. Ieri mattina abbiamo fatto un allenamento di 3 ore. E la velocità che lui teneva con facilità assoluta la tengono in gara 2-3 atleti. Lui la teneva in allenamento. Così forse capite quali business stronca la sua eventuale presenza a Rio”.

Doping, Schwazer non ci sta.