
La Roma non c’è più, ora è ufficiale. Quattro sconfitte e tre pareggi nelle ultime dieci tra campionato, Champions e Coppa Italia: scudetto compromesso, si resta in corsa per un solo obiettivo, quello europeo per definizione irraggiungibile.
L’appannamento in pochi giorni è diventato cedimento e come spesso accade in casa giallorossa, il crollo è stato strutturale e ha coinvolto tutte le componenti, rendendo la matassa inestricabile. Il suicidio perfetto si è rivelato in appena 40 giorni: il 26 novembre la Roma era sull’1-0 a Genoa al minuto 75, prima in Champions e a un passo dalla capolista in campionato.
Lo schiaffo evidentemente quel giorno Daniele De Rossi non l’ha dato a Lapadula, l’ha dato alla Roma. Che incredibilmente, reduce da 12 successi di fila in trasferta, da quel giorno fuori casa perde o pareggia. Che ha barcollato per settimane salvata da episodi come l’incornata di Fazio e ora è crollata clamorosamente al tappeto. Fuori da tutto, con cinque mesi di stagione davanti: è la peggiore condanna possibile e immaginabile, la conosciamo bene.
Con l’Atalanta si è toccato il fondo ma non è detto che tra 15 giorni a San Siro contro l’Inter non si cominci a scavare. Un primo tempo da Ufficio Inchieste, chiuso miracolosamente sullo 0-2, e poi una ripresa 11 contro 10 nella quale mai si è tirato in porta. Mai una trama di gioco efficace. Mai un sussulto di orgoglio. Di tigna. Di rabbia. Di dignità, verrebbe da dire. Risultato giusto, sacrosanto e ora mille interrogativi in testa.
Squadra assortita malissimo, anche se ricca di opzioni nell’organico. Perché dopo sei mesi di stagione, al netto della sfortuna capitata a Karsdorp, si può dire che il primo mercato di Monchi sta presentando diversi lati oscuri. Azzeccati solo Pellegrini e Kolarov, persi Rudiger e Salah. Il resto? Gonalons impresentabile, Under acerbo, Defrel arruffone, Schick in ritardo e al momento incompatibile col sistema di gioco, Moreno inutilizzato e quindi inutile.
All’appello mancano centrocampisti capaci di cambiare passo e inserirsi, oltre a un esterno capace di raccogliere la pesante eredità lasciata da Salah. Non una seconda punta che in fascia fatica a esprimersi e finisce per incartarsi.
Così la Roma non c’è più e lo stesso Di Francesco, inappuntabile e giustamente elogiato per settimane, ha perso smalto. Ieri, ad esempio, togliendo dal campo uno dei pochi decorosi (Pellegrini) e chiudendo con cinque punte e Perotti a centrocampo. Una brutta immagine, sinceramente, quella di una squadra senza idee, che si affida al fato e non mostra un briciolo di lucidità per ricompattarsi anche in mezzo al campo.
La sosta non è detto che aiuti un ambiente già scosso dal caso Nainggolan. L’attenzione si sposta ora dal campo sui profili Instagram dei giocatori giallorossi, che nei prossimi giorni riempiranno le bacheche di spiagge caraibiche. Tutto legittimo, per carità, ma se a Higuain i tifosi bianconeri hanno augurato di trascorrere serene vacanze, a Roma la situazione sarà un filo diversa. Ha ragione Strootman, come sempre il più lucido nell’autocritica. Così non si può andare avanti.
Società, allenatore, giocatori. Tutti colpevoli, alle percentuali pensateci voi.
La Roma, et-voila, anche quest’anno non c’è più.