Boicottaggio playoff Nba, i giocatori continueranno a giocare e la stagione si concluderà

La scelta dei Bucks di non giocare e il boicottaggio delle gare playoff aprono scenari inediti nella Nba, ma la stagione verrà completata

I Milwaukee Bucks che a pochi minuti dall’inizio di gara 5 del primo turno playoff contro gli Orlando Magic decidono di non giocare in segno di protesta per la sparatoria che ha visto coinvolto Jacob Blake a Kenosha nel Milwaukee generano un precedente storico non solo nella Nba, ma nello sport americano e mondiale, le cui conseguenze in questo momento sono impossibili da decifrare. L’effetto domino della decisione, con altre due gare boicottate nel calendario playoff del 26 agosto, getta nell’incertezza il proseguimento della stagione che faticosamente era ripresa nella bolla di Orlando dopo l’interruzione di marzo.

Le motivazioni

Che la scintilla, o meglio il punto di rottura, sia scattata con la franchigia di Milwaukee che ha sede nel Wisconsin non è casuale. La Nba, ripartita con lo slogan di uno sport completamente nuovo, si è apertamente schierata contro la violenza e le discriminazioni razziali, un concetto più ampio di ‘Black Lives Matter’ come si sta vedendo in queste ore, generando inizialmente anche polemiche con il presidente Trump e le altre leghe sportive americane. Dal caso Floyd in avanti, la lega ha smesso di essere un concentrato di intrattenimento sportivo e ha iniziato a essere una sorta di avanguardia nella quale i giocatori non recitano più solo il loro ruolo sul parquet ma assumono anche attivamente il ruolo di ambasciatori di un messaggio sociale e inevitabilmente politico. Che però potessero realmente boicottare, verbo non usato a caso perché diversi atleti a cominciare da LeBron James hanno sottolineato che le gare non sono state rinviate ma effettivamente boicottate, era difficile da immaginare. La dirigenza dei Bucks, ma anche quella dei Lakers, si è schierata dalla parte dei propri giocatori, così come Barack Obama e la Wnba che ha sospeso le gare in programma, altre partite sono state rinviate nella Mlb e nella Mls. La frustrazione dei giocatori all’interno della bolla è cresciuta negli ultimi giorni fino a trasformarsi in un atto concreto. Ed è per questo che improvvisamente la Nba, non solo con i suoi giocatori ma di conseguenza con il commissioner, la propria struttura e i proprietari delle franchigie, è entrata in un territorio che non è mai stato esplorato in precedenza.

Le conseguenze

Se salta per aria un singolo elemento in un sistema di estrema complessità come la Nba, per effetto domino rischiano di esplodere anche tutti gli altri. La conseguenza più immediata è che probabilmente altre partite non verranno giocate a cominciare da quelle in calendario oggi, stravolgendo il calendario dei playoff. Ma esiste anche la possibilità, al momento ancora remota ma non da escludere, che la stagione possa essere sospesa definitivamente. Nelle ore successive alla presa di posizione dei Bucks c’è stato un animato confronto tra i giocatori e le squadre presenti a Orlando e Lakers e Clippers, le due franchigie di Los Angeles, hanno espresso la volontà di interrompere immediatamente i playoff. La scelta non avrebbe trovato il consenso delle altre squadre, compresa Milwaukee che è stata anche criticata per non avere avvertito in anticipo i Magic delle proprie intenzioni. In ballo non c’è soltanto la consistenza di una protesta che a tre mesi dalle elezioni presidenziali negli Stati Uniti ha anche conseguenze politiche. Sul piatto c’è anche il miliardo di dollari di diritti televisivi che è alla base della titanica impresa messa in piedi dalla Nba per organizzare la bolla e completare la stagione sospesa a marzo. E a cascata probabilmente andrà rivisto il rapporto tra il commissioner Adam Silver, da sempre particolarmente sensibile alle esigenze degli atleti Nba e alle loro richieste, e il sindacato giocatori che dati alla mano ha di fatto esautorato il commissioner stesso generando un cortocircuito mai visto nei rapporti di forza di una Lega che da sempre ha successo perché viene gestita con ordine piramidale dall’alto al basso. E naturalmente in mezzo ci sono anche i proprietari delle franchigie che devono fare i conti con le perdite derivate dalla pandemia, dall’impossibilità di sfruttare le arene e con l’incertezza relativa al prossimo salary cap che inevitabilmente risentirà di tutti i problemi generati dal 2020. In giornata saranno le varie parti a riunirsi per capire come gestire la situazione ed è scontato che si tenterà una mediazione per riportare in campo i giocatori e completare i playoff. La prosecuzione della stagione sembra al momento lo scenario più probabile anche se non è possibile indicare in quanto tempo possa avvenire, perché anche tra i giocatori, pur condividendo il significato e le motivazioni sulla protesta, non c’è unità di intenti sulla strada da seguire e non tutti sono d’accordo sull’ipotesi di smettere di giocare. Ma il futuro a medio termine della Nba da questo momento in avanti è un gigantesco punto interrogativo al quale guarda l’intero mondo dello sport mondiale.

Aggiornamento 20:00 – I playoff riprenderanno, probabilmente domani o sabato, i giocatori hanno deciso di continuare a giocare pure continuando nella protesta per le discriminazioni sociali e razziali, a proposito della quale chiederanno successivamente ai proprietari di prendere una posizione più netta. Scongiurata l’ipotesi di interruzione della stagione, anche se le conseguenze del boicottaggio si estenderanno nei prossimi mesi.