
Cinquant’anni esatti dallo scudetto del Cagliari. Un evento storico, irripetibile, nella storia del calcio e dello sport italiano. Gigi Riva, Manlio Scopigno e quella squadra entrata nella leggenda per mai più uscirne. Vi sembrano frasi retoriche? Scontate? E infatti lo sono. E proprio per evitare di dirne altre, nel giorno della celebrazione che tocca il mezzo secolo, abbiamo chiesto a un vero sardo, a un vero cagliaritano, di raccontare che cosa abbia significato quell’evento per chi in quella terra ci è nato e cresciuto. La parola quindi a Luca Pisanu, autore di uno dei libri più apprezzati sul calcio dell’ultimo decennio, La solitudine degli anni dispari (ovvero il resoconto in musica, anzi in blues, della stagione calcistica del Cagliari 2009-10), nonché famigerato bassista nei locali più malfamati della capitale ma ormai anche delle Umbrie. Uno che con quello scudetto ci è nato. Anzi, in quello scudetto ci è nato. E non è un modo di dire.
Ci chiamavano pastori, adesso ci chiamano smartworkers
di Luca Pisanu
Alghero, la chiesa di San Francesco è gremita ai limiti della capienza e il prete ha appena dato il triplice fischio che mette fine alla cerimonia con un perentorio “l’uomo non osi dividere ciò che Dio ha unito”.
Antonio “Tottoi” e Gavina sono marito e moglie ed io sono da qualche parte che gironzolo dentro la pancia di mamma, testimone ancora su di girino per il gol di Gigirriva alla Germania Ovest di qualche giorno prima in quella che all’Atzeca di Città del Messico è ancora celebrata come la Partita del Secolo. E’ il giugno del 1970 e i tempi supplementari dove hanno segnato 5 gol in trenta minuti hanno appena segnato la Storia del Calcio Mondiale. La squadra più rappresentata sul manto erboso in quell’appendice da ulcera è la Juv… scusate, è il Cagliari! Hey Juve, don’t take it bad, visto che siamo nel 1970.
Questo perché solo qualche mese prima, per l’accuratezza il 12 aprile, il Cagliari (non mi avrete, non scriverò mai “la compagine isolana” solo per non ripetermi! Al limite scriverò “i rossoblù”) batte il Bari per 2-0 con il più classico dei risultati all’inglese in uno stadio Amsicora con gli spalti, qui si, realmente, gremiti al limite della capienza aggiudicandosi il titolo e laureandosi Campione d’Italia. È la prima volta che una squadra non italiana vince lo scudetto.
Quella che può sembrare una battuta non lo è affatto a pensarci bene e Tottoi e Gavina se ne accorgono in viaggio di nozze scorrazzando “in continente” con la loro FIAT128 targata CA con qualche numero a seguire. Raccontavano i miei genitori di un continuo suonare di clacson ai semafori di Milano, un “TA-TA/TA-TA-TA” fatto di due ottavi e tre sedicesimi inequivocabile a ritmare un “FOR-ZA/CA-GLIA-RI” accompagnato da saluti e sorrisi dei lumbard. La Sardegna faceva dunque parte dell’Italia e non era più terra di confino ed esilio anche se a me piace pensare che sia stato poi il mondo a venire a curiosare e non solo a Casa Nostra e che ce l’avremmo fatta benissimo anche senza.
Lo scudetto del Cagliari del 1970 è qualcosa che va oltre il calcio, una cosa che Andrea Agnelli, l’eviro (EVIRO, da non correggere) del Manchester City o chi per loro non potranno mai comprare. E non credo che gli interessi…
Lo scudetto del Cagliari del 1970 siamo io, Giovanni e Cristiano che snoccioliamo la formazione a memoria anche se non eravamo ancora nati (bugia, Giovanni è del ’69 ma ha i capelli di M. J. Fox quindi torna comunque dal futuro), ci siamo dimenticati i nomi delle fidanzate dei primi anni ’90 e palpitiamo per il 2-2 di Torino figlio di un universo parallelo nel quale danno un rigore inesistente contro la Juve che gioca in casa. Se potessimo tornare a quel pomeriggio con un Grande Almanacco Sportivo non scommetteremmo comunque neanche una lira (sì, c’era la lira…) sul pari finale ma staremmo piuttosto attenti a dire a Riva di non andare a giocare in Austria nell’ottobre dello stesso anno… senza Hof, il boia del Prater, probabilmente non avreste sentito parlare di Cruijff e del suo Ajax.
Lo scudetto del Cagliari del 1970 è zio Angelo che sta per compiere 18 anni e trepida per vedere la partita dopo Novantesimo Minuto. Non c’erano le tette di gomma di Diletta all’epoca, solo Valenti mezzobusti. No anticipi, no posticipi, soltanto “il secondo tempo della partita più importante” che quel giorno non andò in onda per sciopero… credo che zio abbia capito quel giorno di essere di sinistra e lo dimostrò proprio il giorno di Cagliari-Bari. Infatti avrebbe potuto vendere a peso d’oro il biglietto della partita, che ancora conserva, e campare di rendita. A fatica è riuscito a raccontarmelo 5 minuti fa, ha ancora 18 anni e festeggia in piazza Yenne con nonno Giommaria e nonna Caterina.
Lo scudetto del Cagliari del 1970 è il Sig. Vincenzo di Gonnostramatza, provincia di Oristano, che apre una pizzeria a Sauze d’Oulx al confine con la Francia e sulla parete vicino al forno a legna ha appesa la foto della Squadra che qualche mese dopo scherzò con l’Inter futura campione a San Siro. Ti fa lo sconto se riconosci i giocatori accosciati da destra a sinistra. Diciamo che nell’estate del 2014 ho mangiato gratis.
Lo scudetto del Cagliari del 1970 è Riccardo che vede il signor Luigi Riva in un ristorante e gli chiede se può fare una foto perché suo padre Stefano è troppo emozionato per farlo. Riccardo è nato nel 2010 ma sa che il signor Luigi Riva avrà sempre 26 anni da compiere.
Lo scudetto del Cagliari del 1970 è Guido di Senorbì che vive in Germania a due passi dallo stadio dove Kaiser Franz Beckenbauer sollevò la coppa del mondo nel ’74 e quando dice “Riva” i tedeschi ancor s’incazzano che le palle ancor gli girano come ai francesi con Bartali.
Lo scudetto del Cagliari del 1970 è lo zio di Cristiano che fa invasione di campo e mangia l’erba dell’Amsicora perché siamo pecorai ma diamo il buon esempio anche alle nostre pecore. Io vorrei che anche il sig. Gesuino, papà di Cristiano, avesse mangiato l’erba dell’Amsicora ma ad oggi non abbiamo conferme. Avrei abbracciato un po’ di quello scudetto pure io.
Lo scudetto del Cagliari del 1970 sono i giocatori di quella Squadra che rimangono a vivere in Sardegna perché si accorgono di avere “la predisposizione a diventare Sardi” e… ma che devo aggiungere?
Lo scudetto del Cagliari del 1970 è programmare le vacanze estive del 2020 non a Dubai o alle Maldive ma a Leggiuno, provincia di Varese, per andare a ringraziare la signora Fausta Riva di aver incoraggiato nel 1964 il fratello Luigi a rimanere a Cagliari nonostante a quel tempo per un lombardo Cagliari fosse l’Africa. La signora Fausta se ne è andata da pochissimo e mi sono ritrovato a piangere come poche altre volte per una persona cara.
Lo scudetto del Cagliari del 1970 è uno dei miei più cari amici che si chiama Alessandro ma per sua sfortuna fece un autogol in giardino nel maggio 1981 subito dopo l’attentato al Papa e si beccò a vita il nomignolo di Comunardo, come Niccolai che nessuno di noi pedatori di strada aveva peraltro mai visto giocare, e da allora nessuno lo conosce con il suo vero nome. Stanco di citofonare a casa e non essere riconosciuto da mia madre come “Alessandro” cominciò rassegnato a dire “Sono Comu”.
Lo scudetto del Cagliari del 1970 è il Sindaco, il mio batterista preferito, che quando suonavamo insieme, tra un Baz, un Dave, un Bob, sul palco mi presentava come “Greatti”, il numero 10 degli 11 Apostoli.
Lo scudetto del Cagliari del 1970 è mandare affanculo chi dice Gigirriva raddoppiando a cazzo la “g” e la “v”. (censurabile)
Lo scudetto del Cagliari del 1970 è Manlio Scopigno che per motivare i suoi calciatori ci gioca a carte insieme. I mental coach, quelli che si fanno pagare per dirti “dai, sei forte, ce la puoi fare!” lasciateli a Bonucci.
Lo scudetto del Cagliari del 1970 è un qualcosa che va oltre il calcio, sarà per sempre e per sempre ci terrà insieme e “l’uomo non osi dividere ciò che Gigirriva ha unito”.
Tutti noi cuori rossoblù il 12 aprile avremo l’età che avevamo quel giorno… io probabilmente devo ancora nascere, mio padre è vivo ed è nonno di un bambino che da grande, nel 2070, spero più che celebri il centenario che segua quello che è diventato oggi il calcio. Il calcio di oggi, quello che cambia i nomi alle squadre. Quello di Tottenham, Manchester City e Liverpool che diventano Mou, Pep e Klopp. Quello di Juve-Inter che diventa Sarri-Conte. Quello che per vincere la Champions compri chi ti elimina l’anno prima: CR7, De Ligt e a ‘sto giro, disperato, te la tenti con il Coronavirus.
Lo scudetto del Cagliari del 1970 è Osso de Testaccio, romanista fracico che, nato in piena epoca Falcao e cresciuto cor Pupone Totti, va a Cagliari per conoscere Nenè e cenare al ristorante Stella Marina.
Lo scudetto del Cagliari del 1970 è Teo che mi scrive “mi sono comprato la Maglia dell’Avellino campione d’Italia 2019 nei dilettanti”. Perché a quelli come noi un sorriso rubato ad una donna sposata appaga più di un Harem di Cristiane Ronalde che ti giurano amore per 30 milioni di euro all’anno. Anzi, un Neymharem.